Considerazioni Inattuali n.89. Il breve saggio che segue nella traduzione italiana sul fascismo americano di Donald Trump e le sue analogie con i fascismi europei dello scorso secolo, a firma di Chris Hedges è apparso il 1° marzo sul sito web “truthdig!” e “Counterpunch”, prima delle primarie in Florida e nello Ohio. Chris Hedges, corrispondente dall’estero per il New York Times dal 1990 al 2005, premio Pulitzer per il giornalismo, è autore di numerosi bestsellers, ultimo in ordine di tempo “Salari di ribellione: l’imperativo morale della rivolta”. Si definisce socialista e viene considerato uno dei più acuti, aspri e documentati critici del grande Impero d’Occidente. Lucio Manisco
di Chris Hedges
Le elites educate nelle università hanno scatenato per conto delle corporazioni una brutale offensiva neoliberale contro i poveri del mondo del lavoro. Ora è stato presentato loro il conto. La loro duplicità – impersonate da politici come Bill e Hillary Clinton e Barack Obama – per decenni ha avuto gran successo. Queste elites, molte formate negli istituti “Ivy League” della costa atlantica, hanno sempre parlato di valori – civiltà, inclusione, condanna del razzismo esplicito, fanatismo bigotto, tutela dei ceti medi – pugnalando poi alle spalle le classi inferiori, nell’interesse dei loro padroni corporativi. Il gioco è ora finito.
Ci sono decine di milioni di americani, specialmente bianchi delle classi meno abbienti, giustamente sdegnati per quanto fatto loro, alle loro famiglie, alle loro comunità. Sono insorti contro le politiche neoliberiste e il politicamente corretto imposti dalle elites universitarie di ambedue i partiti politici. I bianchi delle classi inferiori stanno abbracciando temi e convinzioni di un fascismo americano.
Questi americani vogliono una libertà particolare – la libertà di odiare. Vogliono avere la libertà di usare parole come “nigger”, “giudii”, “ispanico di m…”, “cinese di m…”, “teste di stracci”, e “froci”. Vogliono la libertà di idealizzare la violenza e la cultura delle armi da fuoco. Vogliono avere la libertà di avere dei nemici, di aggredire fisicamente i musulmani, i lavoratori senza carte di identità, gli afroamericani, gli omosessuali e chiunque osi criticare il loro cripto-fascismo. Vogliono la libertà di celebrare movimenti e personaggi storici condannati dalle elites universitarie compresi il Ku Klux Klan e la Confederazione Sudista. Vogliono avere la libertà di ridicolizzare e gettare alle ortiche intellettuali, idee, scienza e cultura. Vogliono la libertà di zittire coloro che dicono loro come comportarsi. E vogliono avere la libertà di sguazzare nell’ipermaschilismo, nel razzismo, nel sessismo e nel patriarcato bianco. Questi sono i sentimenti ingenerati dal collasso dello stato liberale.
I democratici stanno giocando un gioco molto pericoloso nominando Hillary Clinton a loro candidata ufficiale. Essa simboleggia il doppio gioco delle elites educate nelle università, di coloro che usano la frase “io sento la sofferenza di uomini e donne ordinarie”, che brandiscono la bibbia del “political correct” mentre svendono agli interessi delle corporazioni i poveri e le classi lavoratrici.
I repubblicani, rinvigoriti dalla stella del reality show americano Il Duce, Donald Trump, stanno facendo il pieno di votanti, specialmente nuovi votanti, mentre i democratici sono molto al di sotto dell’affluenza del 2008.
I voti raccolti dai democratici nel super-martedì del 1° marzo sono stati cinque milioni e seicentomila, quelli dei repubblicani otto milioni e trecentomila (nel 2008 otto milioni e duecentomila democratici e cinque milioni repubblicani).
Richard Rorty nel suo ultimo saggio del 1998 “Realizzare il nostro paese” presagì l’indirizzo preso dalla nostra nazione postindustriale: “Molti studiosi di politica socioeconomica hanno ammonito che le vecchie democrazie industrializzate sono entrate in una fase del tutto simile a quella della repubblica di Weimar, una fase in cui i movimenti populisti molto probabilmente rovesceranno i governi costituzionali.
Edward N. Luttwak ad esempio ha indicato che il futuro dell’America potrebbe essere il fascismo. La tesi del suo libro “Il pericolo il sogno americano” è che gli iscritti ai sindacati e i lavoratori precari si renderanno conto che il governo non fa nulla per prevenire il crollo dei salati o il trasferimento all’estero di posti di lavoro. E più o meno nello stesso periodo comprenderanno che i colletti bianchi delle periferie urbane – anch’essi disperatamente allarmati dalla riduzione dei loro impieghi – non tollereranno di essere tassati per finanziare i benefici sociali di qualsiasi altra categoria. In quel momento qualcosa andrà in frantumi. L’elettorato urbano raggiungerà la conclusione che il sistema è fallito e si guarderà attorno alla ricerca di un uomo forte per cui votare – qualcuno che si impegni una volta eletto a cacciare dai posti di comando e controllo i compiaciuti burocrati, gli avvocati dei cavilli, i superpagati piazzisti di titoli finanziari e i professori del postmodernismo. Uno scenario simile a quello del romanzo “Non può accadere qui da noi” di Sinclair Lewis potrà tradursi in realtà: perché quando l’uomo forte prenderà il comando nessuno può prevedere cosa accadrà. Nel 1932 gran parte delle previsioni su cosa sarebbe accaduto se Hindemburg avesse affidato ad Hitler il cancellierato risultò poi estremamente ultraottimistica.
Una cosa che quasi certamente potrà accadere è che i vantaggi acquisiti negli ultimi quaranta anni dagli americani neri o dalla pelle scura e dagli omosessuali verranno azzerati. Il giocoso disprezzo per le donne tornerà di moda. I termini nigger e giudìo riecheggeranno nei luoghi di lavoro. Tutto il sadismo che la sinistra accademica aveva provato a rendere inaccettabile per i suoi studenti tornerà a dilagare. Troverà sfogo tutto il risentimento che gli americani di bassa cultura avvertono per le buone maniere imposte loro dai laureati delle università.
I movimenti fascisti erigono le loro basi non tra i politicamente attivi ma tra i politicamente inattivi, tra iperdenti che non hanno voce alcuna e tantomeno un ruolo nello establishment politico.
Il sociologo Emile Durkheim ha avvertito che la perdita di rappresentanza di una classe di persone fuori dalle strutture della società produce uno stato di “anomie” – una “condizione in cui la società estende un’effimera guida morale agli individui”. Coloro che rimangono intrappolati in questa “anomie” – ha scritto – sono facile preda della propaganda e dei movimenti di massa emotivamente motivati. Hannah Arendt, riecheggiando Durkheim, ha notato che la principale caratteristica dell’uomo-massa non è la brutalità o l’arretratezza ma il suo isolamento e la sua mancanza di rapporti sociali. Chi è privato di partecipazione politica e non è impegnato e viene ignorato e avvilito dallo establishment, ritrova una voce ed un senso di accesso al potere nel fascismo.
Come Arendt ha osservato i movimenti fascisti e comunisti nell’Europa degli anni trenta “hanno reclutato i loro membri in questa massa di persone apparentemente indifferenti a cui tutti gli altri partiti avevano rinunciato giudicandole troppo apatiche o stupide per meritare la loro attenzione. Il risultato è stato che la maggioranza dei seguaci fascisti consisteva di gente mai affacciatasi sulla scena politica. Questo la permesso l’introduzione nella propaganda di metodi del tutto nuovi quali una totale indifferenza nei confronti degli argomenti degli oppositori politici.
Questi movimenti non si sono solo collocati al di fuori e contro il sistema politico in quanto tale, ma hanno mobilitato masse di seguaci che non erano state mai toccate, mai contagiate dalla partitocrazia. Ecco perché non avevano bisogno di confutare le tesi degli avversari e preferivano sistematicamente metodi tali da portare alla morte e non alla persuasione, metodi che propagavano terrore e non convinzione.
Essi avanzavano contestazioni invariabilmente originate da istanze profonde, naturali, sociali, psicologiche fuori del controllo individuale e quindi razionale.
Tutto ciò sarebbe stato di breve durata solo se essi avessero voluto franchi scambi competitivi con questo o quel partito; non è stato così perché la loro azione era articolata su gente che aveva motivi per indirizzare la sua ostilità indistintamente contro tutti i partiti.
Il fascismo è sostenuto ed alimentato dall’apatia di coloro che si sono stancati di essere oggetto di imbrogli e menzogne da un establishment liberal bancarottaro la cui unica ragione di votare per un politico o di appoggiare il suo partito è quella di eleggere i meno peggio. E questo per molti votanti è quanto meglio può offrire Hillary Clinton. Il fascismo si manifesta attraverso simboli religiosi e nazionali, familiari, di comodo e pertanto assume forme e modalità diverse. Il fascismo italiano ad esempio faceva riferimento alle glorie passate dell’Impero Romano e non condivideva affatto la passione nazista per la mitologia teutonica e nordica. Anche il fascismo americano va a ritroso nel tempo su simboli patriottici, narrative e credenze tradizionali.
Nel saggio “Anatomia del fascismo” Robert Paxton scriveva: “Il linguaggio e i simboli di un autentico fascismo americano avranno poco a che fare con gli originari modelli europei. Dovranno essere familiari e rassicuranti per gli americani leali così come il linguaggio o i simboli del fascismo originario erano stati familiari e rassicuranti per molti italiani e tedeschi (vedi George Orwell). Hitler e Mussolini non avevano certo cercato di apparire esotici ai loro connazionali.
Nessuna svastica in un fascismo americano ma Stelle e Strisce (o Stelle e Sbarre) e croci cristiane. Nessun saluto fascista, ma masse che recitano il Giuramento di Fedeltà. Questi simboli non contengono naturalmente alcun sentore di fascismo ma il fascismo americano li trasformerà in prove obbligatorie per scovare il nemico interno”.
Il fascismo si riassume in una guida ispirata e apparentemente forte che promette rinascita morale, nuova gloria e vendetta. Si ripropone di sostituire il dibattito razionale con esperienze di tipo sensuale. Ecco perché le menzogne, le mezze verità e le affabulazioni di Trump non appaiono tali ai suoi seguaci. Come ha posto in luce il filosofo e critico culturale Walter Benjamin i fascisti pongono in atto una metamorfosi della politica in estetica. E l’estetica ultimativa per i fascisti – rileva Benjamin – è la guerra.
Paxton pone in evidenza l’informe ideologia tipica di tutti i movimenti fascisti: “Il fascismo non si è mai accentrato sulla verità della sua dottrina, ma sull’unione mistica del suo leader con il destino storico del suo popolo, una nozione legata alle idee del romanticismo sul fiorire storico della nazione e sul genio individuale artistico o spirituale, anche se poi il fascismo respingeva l’esaltazione romantica di una creatività personale priva di regole. Il leader fascista ha sempre voluto portare la sua gente ad un livello più alto della politica da sperimentare con i sensi: il calore di appartenere ad una razza pienamente consapevole della sua identità, del suo destino storico, della sua potenza, l’eccitazione di far parte di un’ondata di sentimenti condivisi, di sacrificare i propri meschini interessi per il bene del gruppo ed infine il brivido del dominio”.
C’è una sola maniera per rintuzzare l’anelito di fascismo che permea i seguaci di Trump. E’ quella di mobilitare il più presto possibile movimenti o partiti che dichiarino guerra al potere delle corporazioni, di impegnarsi in sostenibili azioni di disobbedienza civile e di cercare di reintegrare gli emarginati – i “perdenti” – nell’economia e nella vita politica del paese. Questi movimenti non prenderanno mai il via all’interno del partito democratico. Se Hillary Clinton vincerà le elezioni presidenziali Trump potrà anche scomparire, ma i sentimenti fascisti dilagheranno.
Un altro Trump, forse più abietto, verrà vomitato dalle viscere di un sistema politico in piena decadenza.
Stiamo combattendo per una nostra più vitale società politica. Danni spaventosi sono stati apportati dal potere corporativo e dalle elites educate nelle università alla nostra democrazia capitalista. Più a lungo queste elites che hanno supervisionato per conto delle corporazioni l’eviscerazione della nazione – che credono, come il direttore esecutivo della CBS Leslie Moonves che per quanto Trump sia un male per l’America egli sarà pur sempre un bene per le corporazioni, più a lungo queste elites deterranno il potere, più catastrofiche diventeranno le conseguenze e le prospettive.