Segue da: Nietzsche II parte (videolezione) uscito sullo scorso numero de “La città futura”.
Mentre nell’epoca precedente era la borghesia, dal momento che il suo modello di società era più universale e progressivo di quello sempre più in crisi e decadente dell’ancien régime, a sviluppare una visione del mondo razionale o quantomeno razionalistica, nella fase attuale anche questa bandiera, abbandonata dalla precedente classe universale, viene raccolta e fatta propria dal proletariato per l’elaborazione della propria visione del mondo.
La crisi, restringendo i margini politici, costringe inoltre la classe dominante a un governo sempre più apertamente dittatoriale e totalitario sul modello del cesarismo, poi bonapartismo regressivo. In tale fase, anche l’ideologia e di conseguenza la visione politica e filosofica borghese dominante tende a divenire totalitaria.
Tale tendenza, che subisce una decisa battuta d’arresto dopo la sconfitta a opera in primo luogo dei comunisti, della reazione nazifascista, intenzionata a rilanciare su scala internazionale un regime sostanzialmente schiavistico, fa sì che la reazione borghese si riorganizzi ben presto in funzione della guerra fredda contro la diffusione a livello internazionale dell’ideologia proletaria. I principali intellettuali borghesi al servizio della classe dominante, di cui si sentono o aspirano a fare parte, come Popper, Von Hayek e H. Arendt, partono al contrattacco tendendo a identificare nella pseudocategoria di totalitarismo tanto il nazismo quanto il comunismo, aprendo così la strada al revisionismo storico che tende a giustificare il primo come reazione necessaria all’aggressività del secondo. In tal modo, queste tendenze anti-emancipatorie mirano a far sì che la democrazia – quale visione del mondo della piccola-borghesia che aveva accettato di fare fronte comune con il proletariato dinanzi all’aperta reazione nazi-fascista – divenga una componente subordinata del blocco sociale dominante egemonizzato dal liberalismo. Così, se per un certo tempo la forza e l’avanzamento delle forze progressiste e rivoluzionarie – anche per il grande movimento antimperialista guidato dai paesi socialisti e da quelli ex coloniali – aveva fatto sì che il socialismo riuscisse a egemonizzare la democrazia e, quest’ultima, in quanto socialdemocrazia a influenzare il liberalismo fino a mutarlo nella liberal-democrazia, con la sostanziale conclusione di questo grande movimento di emancipazione nel corso degli anni Settanta, sono le forze che si battono per la dis-emancipazione del genere umano a riprendere progressivamente l’egemonia sulla società civile.
In tal modo, le forze democratiche riprendono l’egemonia sulle forze socialiste e la maggioranza dei partiti comunisti tendono a divenire socialdemocrazie. Queste ultime, a loro volta, sono sempre più egemonizzate dal pensiero liberale, tanto che finiscono spesso per fare il lavoro sporco per quest’ultimo, garantendogli, con politiche neo-corporative, la pace sociale. Infine, lo stesso liberalismo tende sempre di più a tornare, con il neoliberismo, alle proprie origini, rompendo ogni precedente compromesso prima con la socialdemocrazia e poi con la stessa democrazia. Infine, negli anni più recenti, le forze liberali subiscono sempre più spesso l’egemonia delle forze reazionarie che si sono nel frattempo riorganizzate anche dal punto di vista ideologico.
Per continuare a leggere la presentazione del corso: vai al link: La distruzione della ragione.
1. Giovanni Gentile
Gentile è stato con Croce il filosofo più influente del primo cinquantennio del Novecento in Italia. Nato in Sicilia nel 1875, Gentile insegna, dopo la laurea, filosofia nei licei. Dal 1903 conosce Croce con cui collaborerà alla redazione di “La Critica” nel segno della rinascita dell’idealismo come reazione allo scientismo positivista allora dominante. Dal 1906 è professore universitario. Le sue opere filosofiche più importanti sono composte negli anni giovanili dal 1911 al 1922 fino all’avvento al potere del fascismo, quando il suo impegno si volgerà principalmente alla politica.
Dall’interventismo al fascismo
A differenza di Croce, Gentile è interventista convinto e aderisce da subito in quanto liberale al fascismo di cui diviene l’intellettuale di spicco. Così si allontanerà dal liberale Croce che invece intendeva utilizzare il fascismo contro le sinistre per poi metterlo da parte. Gentile fonda allora una sua rivista: il “Giornale critico della filosofia italiana” nel 1920.
La fascistizzazione della riforma dell’insegnamento superiore di Croce
Succede a Croce quale ministro dell’istruzione dopo la conquista del potere da parte del fascismo e porta a compimento, fascistizzandola, l’importante riforma dell’istruzione messa a punto da Croce, che dà una forma ai licei italiani che arriva quasi ai giorni nostri.
Il Gentile storico della filosofia
Gentile giustifica filosoficamente la sua adesione al fascismo quale ripresa della posizione della destra hegeliana. Nel 1925 scrive il Manifesto degli intellettuali fascisti, divenendo il più autorevole teorico del fascismo. Dirige e promuove l’Enciclopedia italiana. Poi riprende i suoi studi sulla storia della filosofia italiana con cui aveva fatto dell’idealismo l’esito naturale della tradizione filosofica italiana più autentica: lo spiritualismo che pervade i pensatori di maggior rilievo del Risorgimento come Gioberti, Rosmini e Mazzini e in seguito lo hegelismo napoletano. Tale tradizione è ora utilizzata da Gentile quale fondamento di un presunto primato spiritualista italiano che si sarebbe compiuto nel fascismo.
Gentile teorico della Repubblica di Salò
Gerarca fascista, Gentile è stato il primo firmatario nel 1938 del Manifesto della Razza e autore del discorso agli italiani del 24 giugno 1943 che porta alla fondazione della Repubblica di Salò di cui Gentile è convinto sostenitore sino alla sua fucilazione da parte dei partigiani.
2. Fra riforma e controriforma della dialettica hegeliana
Come per Croce, anche per Gentile decisivo è l’incontro con la filosofia di Hegel. Non a caso proprio nel suo scritto la Riforma della dialettica hegeliana (1913), Gentile inserisce il saggio sull’Atto del pensare come atto puro poi ripreso nella Teoria generale dello spirito come atto puro (1916), su cui fonda tutta la sua filosofia, facendo di tale atto l’unica categoria logica e metafisica.
La controriforma della dialettica
La premessa generale del ragionamento di Gentile è che la verità riguarda sempre e soltanto il pensiero (accentua di Hegel ciò che Marx rifiutava), noi possiamo essere certi solo di ciò che pensiamo; il pensiero concreto è il pensiero attuale (non il pensato, che è astratto), pensiero pensante. Il soggetto del pensiero è l’io stesso che, inteso come soggetto universale cui si riducono tutti i soggetti determinati (come l’io puro fichtiano) è questo atto puro del pensiero che non ha nulla fuori di sé, in quanto è il principio stesso del mondo. L’io che pensa diviene il tutto che nella sua sintesi annulla il reale, con una posizione di formalismo assoluto (il non-io è sintetizzato nell’io, senza neanche quella drammaticità presente in Fichte dove il non-io si ripropone continuamente); ciò ha fatto parlare di controriforma della dialettica hegeliana. In Gentile, solo il reale è razionale (perché sintetizzato dall’Io, ma il razionale non è reale). Ciò porta alla santificazione dell’esistente (giustificazione del fascismo) secondo la tradizione della destra hegeliana. Si tratta di uno sviluppo opposto dello hegelismo rispetto al materialismo dialettico di Marx che, al contrario di Gentile, porta alle estreme conseguenze la sinistra hegeliana. Lo stesso Croce definirà mistica la concezione dello spirito di Gentile, in cui ogni distinzione viene meno, “filosofia ottima per sentirsi in unità con Dio, ma inadatta a pensare le cose del mondo”.
Il titanismo dell’autocoscienza
Inoltre, come per Fichte, la prassi diviene per Gentile titanismo dell’autocoscienza (porta allo spontaneismo); non c’è la coscienza della contraddizioni, che si fanno sparire riducendo la dialettica hegeliana a una dialettica solo concettuale. Per Gramsci quella di Gentile, ma anche quella di Croce, è utopia/ideologia, perché pretendono conciliare le contraddizioni reali, mentre solo tenendo conto della contraddizione si può, secondo Gramsci, sviluppare un sapere storico reale.
3. L’attualismo
Dall’idealismo di Gentile giunge all’attualismo, riconducendo tutta la realtà, tutti i momenti dello spirito, dall’arte alla religione, all’atto del pensiero pensante. Per Gentile, non solo ogni oggetto presuppone il soggetto pensante, ma qualsiasi attività del pensiero presuppone l’atto del pensarla, quale fondamento di ogni conoscenza, al di fuori del quale non esiste una realtà autonoma.
L’atto puro si articola in una monotriade
L’atto puro del pensare è per Gentile un processo in divenire che si articola in una monotriade: l’arte quale attività dello spirito come puro soggetto; la religione quale attività dello spirito come oggetto; la filosofia quale immanenza di soggetto e oggetto nello spirito.