Da più di dieci anni il giornalista australiano Julian Assange, fondatore di Wikileaks, è incarcerato, negli ultimi quattro anni in condizioni disumane nel carcere di Belmarsh, definito “la Guantanamo britannica”.
Si tratta del risultato di una persecuzione politica iniziata dopo la rivelazione dei crimini di guerra che gli Stati Uniti hanno perpetrato durante le guerre in Medio Oriente, e attuata con accuse rivelatesi false, prima di stupro e poi di spionaggio. Gli USA chiedono, in seguito a questa seconda accusa, la sua estradizione, che significherebbe una probabile condanna a 175 anni di reclusione.
Una campagna internazionale sta sollecitando le autorità australiane a far sentire la propria voce contro questa detenzione contraria a ogni principio di giustizia e umanità.
Il presidio che si è svolto a Milano davanti al Consolato australiano rientra in questa campagna, e ha visto la partecipazione di organizzazioni e singoli cittadini che pensano che la libertà di Assange sia la libertà di tutti.
Nel corso dell'iniziativa è stata letta una lettera indirizzata al primo ministro australiano, che verrà consegnata alla console generale d’Australia a Milano.