Per la pace no alle torsioni elettoralistiche

L’appello di Michele Santoro per una lista elettorale alle prossime elezioni europee rischia di essere l’ennesimo tentativo di assemblare pezzi di sinistra dispersa sulla base di una piattaforma vaga, quando invece ci sarebbe bisogno di costruire una piattaforma chiaramente antimperialista che si opponga alla strategia della NATO.


Per la pace no alle torsioni elettoralistiche

Sebbene riteniamo l’impegno contro la guerra sicuramente importante e centrale nelle battaglie politiche di questa fase, l’appello di Raniero La Valle e Michele Santoro non ci entusiasma e ne cogliamo aspetti strumentali finalizzati all’ennesimo cartello elettorale ampio destinato a raccogliere consensi irrisori. Il carattere elettoralistico di questo nuovo aggregato è evidente innanzitutto per il fatto che non nasce come progetto politico ma direttamente come lista in vista delle elezioni. Questo approccio, ossia il presentarsi di fronte all’elettorato come aggregato “a caccia di voti”, che non si è precedentemente qualificato per lotte concrete, a meno che non si impegni d’ora in poi nella promozione, insieme ad altri soggetti, di un movimento contro la guerra e antimperialista, non può suscitare credibilità per un popolo da molto tempo disilluso e che non crede più nelle elezioni come strumento per migliorare le proprie condizioni di vita. Senza contare il fatto che l’attuale legge elettorale rende di fatto impossibile una rappresentanza per le forze antagoniste al sistema, e che dunque si può utilizzare quell’istituzione solo come strumento per avere visibilità.

Venendo ai contenuti politici dell’appello, oltre alla condivisibile denuncia del sistema di guerra e la rivendicazione di dignità e terra, si fa riferimento ai beni comuni: una stagione fortunata ma assai infruttuosa perché la vittoria schiacciante del referendum contro la privatizzazione dell’acqua non ha dato vita a un’iniziativa atta a ripubblicizzare le aziende gestrici. Al contrario è andato avanti l’affidamento a grandi imprese monopolistiche transnazionali, che ovviamente inseguono profitti anche ricorrendo ad appalti e subappalti con una gestione delle relazioni sindacali assai simile a quella propria delle classiche associazioni datoriali.

Le stesse parole d’ordine pacifiste sono declamate in maniera poco approfondita e scollegata dal contesto globale dell’imperialismo e della NATO, e proprio per la loro eccessiva genericità si prestano alla strumentalizzazione. Né è chiara la sua collocazione alternativa sia al centrodestra che al centrosinistra e anzi si appella “agli elettori di tutte le liste”. Ne è prova il suo atteggiamento sul conflitto in atto fra Israele e palestinesi. Dopo un silenzio assordante durato tre giorni, Santoro ha rilasciato un’intervista A “L’Unità” (10 ottobre) dove, toccando la questione, pur auspicando una pace giusta e non il macello di Gaza, ha avuto comprensibili toni di compassione per i giovani civili israeliani uccisi (“quei giovani israeliani uccisi o rapiti al rave party hanno le stesse sembianze dei nostri figli. Li sentiamo vicinissimi a noi”) ma non per i tantissimi civili, comprese donne e bambini vittime da settantacinque anni della violenza israeliana.

Ci troviamo dunque di fronte all’ennesimo appello opportunista che riprende concetti comuni alla sinistra diffusa ma senza declinarli e contestualizzarli criticamente. La genericità che riscontriamo nell’appello, peraltro, non è finalizzata allo scopo di raccogliere un fronte ampio attorno a percorsi di lotta e di massa, bensì a definire i contorni di un cartello elettorale sul quale saliranno molti reduci e sconfitti dalla storia.

Pensare che le elezioni siano un appuntamento ricompositivo, fatto peraltro smentito a più riprese dalla realtà, significa non riconoscere il valore di percorsi lunghi e conflittuali che restano indispensabili per ricostruire un reale legame sinergico con la classe di riferimento e con i movimenti di opposizione legati a singoli vertenze che sui territori ancora esistono. Le elezioni sono un momento di frattura con altre forze di sinistra e comuniste che si presentano autonomamente, e a ogni sconfitta si riduce il già esiguo numero dei militanti.

Se l’obiettivo di questo appello fosse stato quello di mettere insieme una massa critica in vista dell’autunno, i promotori avrebbero scelto ben altre strade interloquendo con i lavoratori che scioperano o confliggono e con i movimenti contro la militarizzazione dei territori, senza ergersi a sintesi di quanto non rappresentano.

Troviamo scritto che i palazzi e i parlamenti non affascinano gli estensori e i firmatari dell’appello, tuttavia la storia recente e passata di Michele Santoro e dei girotondi inducono al massimo scetticismo, specie se il mancato fascino per le vie parlamentari si trasforma in iniziativa elettorale bella e buona.

Anche il metodo scelto per lo svolgimento dell’assemblea suscita non poche perplessità. Leggiamo in un comunicato degli organizzatori: “Per sabato 30 non siamo in grado di garantire l’attivazione dell’abbonamento all’App ai donatori di Produzioni dal basso, ma lo faremo nella settimana successiva all’evento. Il che vuol dire che se i donatori attiveranno l’app per votare dovranno versare i 2€ necessari a completare la procedura e avranno diritto a un mese in più di abbonamento”. È forse questa, una “democrazia” virtuale e a pagamento, l’alternativa di sistema alla quale appellarci?

Siamo consapevoli che molti dei firmatari sono in buona fede ed è a loro che ci rivolgiamo essenzialmente.

Ben vengano discussioni franche e confronti diffusi, iniziative comuni contro la guerra, per la pace, per far vivere una solidarietà attiva verso i soggetti colpiti da repressione o dai processi di ristrutturazione capitalistica, ben venga una coscienza diffusa contro la guerra e la militarizzazione, ma non saranno certo appelli generici né le torsioni elettoralistiche a indirizzarci verso questi nobili obiettivi.

13/10/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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