L’autonomia differenziata fatta a pezzi dalla Consulta. La Repubblica è una sola

La Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima la legge sull’autonomia differenziata, smontando in buona parte il meccanismo messo su da Governo e Parlamento per soddisfare le richieste di Lega e di alcune regioni del Nord, a scapito dell’unità nazionale e dei cittadini.


L’autonomia differenziata fatta a pezzi dalla Consulta. La Repubblica è una sola Credits: https://pixabay.com/it/photos/giurisdizione-signora-giustizia-677940/

E’ stata una bella giornata quella di giovedì 14 novembre, quando l’ufficio stampa della Corte costituzionale ha fatto sapere che i giudici hanno dichiarato illegittime alcune norme della legge sull’autonomia differenziata delle regioni (26 giugno 2024, n. 86), quella che dà loro la possibilità di chiedere di gestire autonomamente in proprio alcune materie attualmente di competenza dello Stato, salvando sì l’impianto complessivo della legge, ma rendendola nei fatti inutilizzabile senza un intervento correttivo del Parlamento, che dovrà adesso farlo seguendo le indicazioni della Consulta. Una bella mazzata in pratica, che demolisce le sicurezze di Governo e Parlamento a maggioranza di destra, le aspettative di Lega e di alcune regioni del Nord Italia, già pronte a chiedere mano libera su diverse materie che avrebbero voluto devolute ad esse per legge in via esclusiva. 

Secondo il collegio giudicante l’articolo 116 comma 3 della Costituzione, quello che disciplina l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia, deve essere interpretato nell’ambito del contesto generale della forma di Stato italiana, che riconosce i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio. Pertanto, la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo (centrale, regionale, locale) deve avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Carta fondamentale. È in pratica il principio costituzionale di sussidiarietà che deve regolare la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni, hanno tenuto a ricordare a tutti noi e, soprattutto, ai nostri legislatori i giudici costituzionali con la decisione del 14 novembre. In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.

E proprio partendo da questi principi-guida imprescindibili che la Corte, nell’esaminare i ricorsi presentati da alcune regioni (Puglia, Toscana, Sardegna e Campania) contro la legge 86, ne ha ravvisato l’incostituzionalità sotto alcuni profili. Innanzitutto, la possibilità che l’intesa tra Stato e singola regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene invece che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative, con buona pace di chi sperava di ottenere, ad esempio, l’intera gestione dell’istruzione o delle politiche energetiche, dei trasporti o del commercio con l’estero; poi il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei LEP, i Livelli Essenziali delle Prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione viene rimessa al Governo, limitando così il ruolo sovrano del Parlamento; la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei LEP; il ricorso alla procedura prevista dalla legge di bilancio 2023 per la determinazione dei LEP, in attesa dell’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP; la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali prevista per finanziare le funzioni trasferite in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito. In base a tale previsione, potrebbe accadere che verrebbero ad essere premiate proprio le regioni più inefficienti che, dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite, non sono in grado di assicurare con esse l’adempimento di tali funzioni; la facoltatività e non la doverosità per le regioni destinatarie della devoluzione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica previsti nella Costituzione; infine, l’estensione della legge 86 anche alle regioni a statuto speciale, cioè Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, le quali hanno già nei loro statuti altri strumenti per ottenere maggiori forme di autonomia. Insomma, i giudici hanno fatto a pezzi il capolavoro voluto dalla destra di governo e criticato fin dall’inizio anche da molti costituzionalisti, come Gaetano Azzariti [1].

Attendiamo adesso la motivazione della decisione per saperne di più, ma intanto la legge così com’è non può essere applicata ed il Parlamento dovrà intervenire quanto prima per colmare i vuoti aperti dalle norme dichiarate incostituzionali. Soddisfazione arriva ovviamente dall’opposizione parlamentare e dal Vaticano, da subito critici nei confronti della riforma Calderoli, ma anche da coloro che guardano anche qui al bicchiere mezzo pieno (almeno la struttura generale della legge è salva, Luca Zaia docet ), mentre dal Governo ci vanno un po’ più cauti, attendendo prima le motivazioni della decisione che decapita la legge sull’autonomia differenziata per pronunciarsi al riguardi e scegliere il tipo di correttivi da introdurre [2].   

Note: 

[1] “L’autonomia differenziata così come è stata proposta non si può fare. Se può consolare questo governo non è l’unico responsabile: questa sentenza smentisce l’intero percorso iniziato con il governo Gentiloni, quando furono adottate le prime bozze di intesa (…) Bisognerebbe abbandonare l’idea di un regionalismo competitivo e abbracciare l’idea espressa dalla nostra Costituzione di un regionalismo solidale”, in https://www.repubblica.it/politica/2024/11/15/news/lega_legge_autonomia_intervista_azzariti-423628680/?ref=RHLF-BG-P2-S2-T1.

[2] M. Di Vito, Mezza mazzata per il governo, il manifesto, 15 novembre 2024; https://www.repubblica.it/politica/2024/11/15/news/autonomia_differenziata_consulta_decisione-423628727/?ref=RHLF-BG-P2-S1-T1.



15/11/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Ciro Cardinale

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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