Dinanzi all’aggressione, senza alcuna dichiarazione di guerra, a un paese da anni impegnato in una lotta per la vita e per la morte contro le forze transnazionali del fanatismo religioso, con il supporto diretto o indiretto di diverse potenze straniere, il capo del governo italiano se ne dichiara subito complice, sostenendola “come una risposta motivata da un crimine di guerra, il cui responsabile è il regime di Bashar al-Assad”. Dunque l’auto chiamata a correo nel crimine di guerra perpetuato dal regime di Donald Trump sarebbe giustificata da un precedente crimine di guerra del presidente siriano. A questo punto però si interrompe arbitrariamente la catena di cause ed effetti e il governo non si interroga sui crimini di guerra ai quali a sua volta rispondesse il bombardamento ordinato da Assad. Dunque, il governo italiano, senza distinguo di sorta, accetta in pieno la copertura ideologica adottata dal governo statunitense per giustificare il suo ennesimo crimine di guerra.
Dunque, un crimine di guerra palese e rivendicato, che si somma a una serie ormai difficilmente enumerabile di crimini dello stesso tipo, ovvero operazioni militari condotte in dispregio di qualsiasi norma del diritto internazionale in territorio straniero, senza nemmeno una dichiarazione di guerra, appaiono al presidente del consiglio come la naturale e necessaria conseguenza di un crimine di guerra tutto ancora da dimostrare. Come è noto, infatti, il presidente siriano e i suoi alleati, negano con forza qualsiasi responsabilità nell’esplosione di armi chimiche, che sarebbero state a loro modo di vedere nelle mani dei “terroristi” che hanno colpito. È evidente che l’immediatezza dell’azione di Trump e del conseguente pieno appoggio a essa del governo italiano sono giunte in un momento in cui era praticamente impossibile discernere, con un qualche margine di certezza, chi fosse in possesso delle armi chimiche.
Evidentemente, solo una commissione di inchiesta internazionale e super partes potrebbe, a seguito di un’accurata indagine, appurare cosa sia realmente avvenuto e chi dei due nemici, che si rimpallano l’accusa, abbia ragione. Ora, però, tale proposta fondata sul sano buon senso umano – tanto che è stata immediatamente sostenuta dallo stesso premier conservatore britannico, strettissimo alleato degli Usa, poco prima che partisse l’attacco – è al momento appoggiata dal solo governo siriano e dai suoi alleati, a partire dalla Russia. Mentre i ribelli o terroristi, a seconda dei punti di vista, le potenze dispotiche arabe che li armano, le potenze imperialiste che li sostengono in modo diretto o indiretto, sembrano giudicare tale inchiesta internazionale del tutto inutile e superflua, partendo dal pregiudizio assolutamente infondato che il colpevole non può che essere stato il regime di Assad, come sei i suoi nemici non mirassero a istituire regimi ancora meno democratici, con il sostegno aperto di regimi apertamente dispotici.
In assenza di tale inchiesta, in grado di portare prove più o meno certe, non possiamo che basarci sulla logica del cui prodest, ossia di chi ha tratto o quantomeno sperava di trarre vantaggio da quanto è successo. Ora i risultati sul campo davano in netto vantaggio l’esercito siriano, grazie all’appoggio dei suoi potenti alleati e per l’incapacità delle opposizioni, sempre più controllate dai fondamentalisti, di conquistarsi l’egemonia a livello interno ed estero. Per altro il governo siriano, che qualche hanno fa sembrava spacciato, visto che si preparava contro di esso un’aggressione imperialista transnazionale – sul modello di quella che aveva travolto la Libia e ancora prima Iraq, Afghanistan e Jugoslavia – è riuscito dapprima a salvarsi e poi a riconquistare il terreno perduto dopo aver, sotto la supervisione dell’Onu, rinunciato al proprio arsenale di armi chimiche. Un arsenale, per altro, giustificato con il conflitto in corso con potenze, a partire da Israele – che continua a occupare una parte decisiva del territorio siriano – dotate di un arsenale di armi atomiche.
In tal modo il governo siriano stava riprendendo il controllo della situazione con il diretto supporto russo, reso possibile dal sempre più evidente sopravvento nell’opposizione armata delle forze del terrorismo transnazionale, al punto che gli stessi Usa – non potendo più sostenere l’opposizione islamica – hanno dovuto ripiegare sul sostegno alle forze progressiste kurde, per poter intervenire militarmente in Siria e portare avanti il proprio obiettivo di smembramento dello Stato siriano, fomentando conflitti etnici e religiosi.
Infine, inaspettatamente, il nuovo governo statunitense, abbandonando la politica di guerra del governo Obama contro il governo russo – colpevole di essere il principale ostacolo all’incondizionato dominio politico-militare degli Stati Uniti sul piano internazionale – era orientato a ristabilire buoni rapporti con l’ex nemico, pur di isolare a livello internazionale il nuovo nemico, il principale concorrente dal punto di vista economico, ossia la Repubblica popolare cinese. Certo tale nuova linea trovava forti contrasti sul piano internazionale e nazionale, e spesso paradossalmente, come già ai tempi di Berlusconi, il governo Trump era criticato dalle stesse forze “progressiste”, anche italiane, proprio per la sua politica volta a superare la guerra fredda permanente contro la Russia. Nonostante queste resistenze bipartisan, l’amministrazione Trump era arrivata, pochi giorni prima dell’attacco – rovesciando la posizione guerrafondaia del premio nobel per la pace Obama – a sostenere che non fosse necessaria la caduta di Assad per risolvere la crisi siriana. Posizione, per altro, indispensabile per portare avanti reali colloqui di pace, non a caso mai accettati dai ribelli-terroristi, che puntano tutto su una soluzione militare, grazie a un intervento diretto dell’imperialismo sul modello libico. Proprio per questo il ritorno sulla scena delle armi chimiche, fissate come limite dagli Stati Uniti ai tempi di Obama per iniziare l’aggressione alla Siria, non poteva che fare comodo alle opposizioni, più che al governo di Assad, dal momento che ha consentito un rovesciamento dei rapporti di forza all’interno dell’amministrazione americana, costringendo Trump a un brusco cambio di posizione.
Con questo non si intende affatto sostenere che le posizioni di Trump siano in generale migliori di quelle dei suoi oppositori democratici, e certamente la componente sconfitta al momento nella sua amministrazione è proprio quella di estrema destra, ciò non toglie che, su questo punto specifico, la posizione del governo Trump appariva tatticamente meno peggiore di quella che gli volevano imporre i suoi avversari “democratici”. Un po’ come quando le opposizioni di “sinistra” in Italia criticavano Berlusconi per il suo opportunismo, che lo portava a cercare di stabilire buoni rapporti economici con Russia e Libia, tradendo l’unità del fronte delle potenze imperialiste, volte a perpetuare la logica della guerra fredda.
Ecco perché non solo il governo, ma parte significativa della stampa di regime, i democratici moderati clintoniani e i leader dell’Unione europea – a prescindere dalla loro collocazione politica – hanno dato pieno appoggio alla politica di nuovo apertamente aggressiva e imperialista degli Stati Uniti, senza timore di sostenere posizioni analoghe a quelle sostenute dai ribelli-terroristi transnazionali in Siria, dai governi dispotici del Golfo persico, massimi sostenitori del terrorismo internazionale, dal governo sempre più autoritario di Erdogan.
Anzi il governo italiano, su impulso dell’alleato americano, ha ben pensato di invitare per consultazioni proprio i rappresentanti di quei paesi arabi da sempre in prima linea per la guerra in Siria e che hanno sempre armato e apertamente sostenuto i ribelli-terroristi transnazionali, che combattono per la dissoluzione della Siria laica e per la formazione di un regime islamista.
Ancora una volta i sostenitori nella a-sinistra italiana delle magnifiche sorti e progressive dell’Unione europea, quale contrappeso alla politica di potenza degli Stati Uniti, sono rimasti delusi. Anche in questo caso, come ai tempi del presidente Obama – inizialmente diffidente a una aperta aggressione imperialista alla Libia – hanno sostanzialmente spinto l’alleato statunitense a mantenere il suo ruolo di “poliziotto cattivo” dell’imperialismo transnazionale. Così, in un primo momento, dinanzi alle politiche isolazioniste sventolate in campagna elettorale da Trump, che avevano portato a far credere persino a un suo progressivo disimpegno dalla Nato, le grandi potenze europee avevano prontamente minacciato di rilanciare un autonomo esercito europeo. Poi, non appena Trump è tornato a più miti consigli, ossia a sostenere il rilancio della Nato mediante un netto aumento dei finanziamenti dei paesi alleati, ha trovato immediatamente il pieno consenso dei governi più servili, come quello italiano.
Tanto più che i paesi dell’Unione europea aderenti alla Nato, la quasi totalità, non si sono limitati a riabbracciare l’amico americano finalmente ritornato al proprio ruolo di “poliziotto cattivo” dell’imperialismo transnazionale, che lascia agli europei il più comodo ruolo di “poliziotto buono”, ma hanno collaborato fattivamente all’aggressione alla Siria, mediante le strutture dell’alleanza atlantica.
Anche in questo caso l’imperialismo del governo italiano ha voluto essere in prima fila, tanto che l’attacco alla Siria è stato portato proprio dal territorio del nostro paese. Come ha puntualmente ricordato, il sempre documentatissimo in materia Manlio Dinucci, “Il Comando, che ha diretto da Napoli l’attacco deciso dal presidente Trump, è agli ordini dell’ammiraglia Michelle Howard, la quale comanda allo stesso tempo la Forza congiunta della Nato con quartier generale a Lago Patria (Napoli). L’operazione bellica è stata appoggiata dalle basi Usa in Sicilia: quella aeronavale di Sigonella e la stazione di Niscemi del sistema Muos di trasmissioni navali” (cfr. Dall'Italia l'attacco Usa alla Siria, di Manlio Dinucci, in “Il Manifesto” del 12/4/2017).
A ulteriore dimostrazione della complicità dell’attuale governo italiano con la strategia apertamente imperialista e guerrafondaia dell’amministrazione Trump – piena zeppa di personaggi della destra radicale o di falchi dell’establishment industriale-militare, veri e propri novelli Stranamore – tra i tanti esempi possiamo citare la recentissima visita del segretario di Stato Tillerson, con il ministro degli esteri italiano, al Sacrario di Sant’Anna di Stazzema. In tale teatro di una delle innumerevoli stragi nazi-fasciste, ai danni della indifesa popolazione civile, Tillerson ha ribadito le ragioni dell’aggressione alla Siria, che dovrebbe divenire la linea guida della nuova amministrazione americana, in primo luogo in Corea e poi, presumibilmente, in Venezuela. Così riprendendo la stessa copertura ideologica utilizzata per l’attacco in Siria – come abbiamo visto prontamente fatta propria dai leader dei principali paesi dell’Ue a cominciare da Gentiloni – Tillerson ha sostenuto: “Questo sarà luogo d’ispirazione per la nostra azione. Chi commette crimini contro le persone innocenti ovunque nel mondo deve risponderne. Sempre”. Parole davvero sconcertanti, pronunciate in presenza del ministro degli esteri italiano, che ovviamente non ha avuto nulla da eccepire.
Come è noto – e come ha opportunatamente ricordato il massimo esperto in materia, lo storico Davide Conti – non solo i mandanti, ma persino gli autori materiali di questa, come di praticamente tutte le stragi di civili ordinate dai nazi-fascisti sono rimasti completamente impuniti. Ciò è avvenuto proprio a causa dello schierarsi dei governi italiani – che allora come oggi si richiamano, ipocritamente, ai valori del liberalismo, della democrazia e del cristianesimo – a fianco degli Stati Uniti nella crociata antisocialista e anticomunista nota come guerra fredda. Così come allora non ci si è fatti scrupolo di proteggere e utilizzare esponenti dei regimi nazisti e fascisti nella guerra al fantasma del comunismo [1], ancora oggi ci si ostina a proteggere e utilizzare in modo altrettanto spregiudicato forze ultra oscurantiste pur di abbattere un altro stato arabo laico.
Note
[1] Mi limito a citare l’ultima importante documentazione storica pubblicata da Davide Conti: Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana, Einaudi, Torino 2017.