A fine Aprile si svolgerà l’assemblea formale degli azionisti della società ACEA, ma sabato 8 Aprile a Roma gli azionisti veri, i cittadini, hanno già dato la loro indicazione: il servizio idrico va ri-pubblicizzato e a tal fine va convocata al più presto una seduta speciale del Consiglio comunale di Roma capitale dedicato ad ACEA. Un Consiglio aperto, a cui possano partecipare: la cittadinanza, i comitati dell’acqua pubblica, i sindaci e gli amministratori locali, i lavoratori di tutte le aree territoriali soggetti ad ACEA. Questo è quanto emerso nel corso del “Consiglio popolare dell’acqua e della democrazia” dove, non solo sono state evidenziate le malefatte di ACEA (mancati investimenti, rete idrica dispersiva, distacchi per pochi euro di morosità), ma dove è stato indicato anche un indirizzo politico in linea con il referendum “tradito” del 2011. Nessun alibi ai neoliberisti più accaniti e pervicaci: la ri-pubblicizzazione non solo è giusta e doverosa perché restituisce il bene comune per eccellenza, l’acqua, alla gestione degli enti locali ma è anche sostenibile dal punto di vista economico-finanziario. Nel corso dell’iniziativa è stato infatti illustrato uno studio che ha evidenziato alcune “singolarità” di ACEA sulla base dell’analisi dei bilanci degli ultimi 5 anni. Si scopre, ad esempio, che ACEA Spa, il principale azionista di ACEA ATO2, la società deputata all’erogazione del servizio idrico integrato, svolge il ruolo di banca e condanna ACEA ATO2 al pagamento di interessi allineati al mercato, pur distribuendo quest’ultima consistenti utili ai suoi azionisti (in primis al Comune di Roma che detiene il 51% dell’azionariato di ACEA Spa). L’indicazione emersa invece sabato 8 Aprile nella sala della Protomoteca del Campidoglio, è di segno opposto: i 74 milioni di euro di utili vanno investiti nelle infrastrutture per ottimizzare il servizio reso ai cittadini. Al contrario ACEA ATO2, a fronte del 9% di aumento delle tariffe, nel triennio 2012-2015 ha investito solo 576 milioni di euro dei 950 dichiarati.
Puntuale è stata anche la denuncia delle condizioni di lavoro caratterizzate da una catena di subappalti a favore di microaziende, in cui i dipendenti sono sottopagati mentre la professionalità dei lavoratori ACEA viene ridimensionata e umiliata anche con la negazione del rinnovo contrattuale a 16 mesi dalla sua naturale scadenza.
Infine, ma non meno importante, la denuncia anche degli accordi su scala internazionale che vedono ACEA alleata dell’azienda israeliana Mekorot, che limita l’accesso all’acqua per le popolazioni palestinesi dei territori occupati.
Per la sindaca Raggi e per il movimento 5S nel suo complesso, non è più tempo di indugiare se vogliono di nuovo far risplendere la stella dell’acqua pubblica.
P.S.: mentre stavo per chiudere questo “pezzo” arrivano voci minacciose nei confronti del Rialto, sede storica del Forum dei movimenti per l’acqua. Pare si voglia procedere ad un secondo sgombero, una pratica vessatoria con cui si sta cercando di disperdere un enorme patrimonio di democrazia, partecipazione dal basso, solidarietà attiva e nuove forme di welfare.
Il Rialto, come tutti gli altri spazi sociali minacciati di sgombero, è una ricchezza di questa città. Un secondo consiglio alla Raggi ed alla sua Giunta: bloccare tutti gli sgomberi, redigere un regolamento sul patrimonio immobiliare condiviso con le associazioni ed i movimenti se si vuole davvero invertire la rotta ed imboccare la strada del cambiamento.