Il discorso pubblico in Italia sembra essersi riappropriato recentemente del termine Femminismo, dopo decenni in cui la resistenza femminista si era fatta sempre meno percepibile nel nostro Paese, residuale e piuttosto frammentaria, portata avanti ancora da donne della generazione novecentesca nel chiuso delle associazioni di donne, collettivi femministi, Case delle Donne e Centri antiviolenza: negli ultimi anni le parole e le riflessioni del Femminismo sono tornati alla ribalta nei blog e sui Social delle filosofe, sociologhe, letterate e giornaliste italiane, coinvolgendo nel discorso però numeri limitati e cluster di donne delle generazioni più giovani già motivate all’argomento.
Il corteo promosso dal neonato movimento femminista italiano Non Una di Meno a Roma in occasione del 25 Novembre 2017 Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne e le molte manifestazioni concomitanti in varie città sempre all’insegna degli slogan lanciati da NUDM è riuscito invece a riportare tante donne nelle piazze a rivendicare le parole del Femminismo: diritti, uguaglianza, rispetto e autonomia decisionale per le donne, insieme alla denuncia della violenza maschile.
Oltre ad avere promosso in Italia lo Sciopero mondiale delle donne dal lavoro produttivo e riproduttivo lanciato dal movimento femminista transnazionale Ni una menos/Non una di meno/NUDM nella data dell’ 8 Marzo 2017, le giovani femministe italiane del movimento sono riuscite a coinvolgere tante donne sia giovani sia più anziane inizialmente nelle assemblee “Non Una Di Meno” autocostituitesi in circa 70 città, e poi durante 5 incontri nazionali svolti a Roma, Bologna e Pisa, a cui molte hanno scelto di partecipare portando il proprio contributo ai tavoli tematici pensati per affrontare i nodi cruciali delle questioni di genere, della violenza sulle donne insieme agli aspetti più attuali di natura socio-politica a trecentosessanta gradi che sollecitano la sensibilità delle donne.
Ora, all’indomani delle mobilitazioni, una parziale restituzione di questo cospicuo percorso di confronto durato oltre un anno avviene con la pubblicazione del Piano Femminista contro la violenza maschile e contro la violenza di Genere che Non Una Di Meno ha presentato la scorsa settimana sia alla Casa Internazionale delle donne di Roma sia alla Casa delle donne di Milano. Negli stessi giorni veniva presentato anche il nuovo Piano Governativo contro la Violenza del Governo Gentiloni.
Il Piano Femminista di NUDM, raccogliendo l’esperienza l’eredità e le consapevolezze maturate nella storia dei Movimenti Femministi e partendo dai saperi e dalla pratica delle donne all’interno dei Centri Antiviolenza e nei Consultori Pubblici ribadisce che la violenza maschile contro le donne non è un fenomeno sporadico o emergenziale – come fino a oggi insistono a considerarlo i governi o l’opinione pubblica e la stampa mainstream con le sue narrazioni sensazionalistiche, sentimentali e morbose – ma è una costante strutturale e fondativa della pratica sociale fondata sul maschile.
Come ben ci insegnano le statistiche e la casistica sui giornali degli ultimi anni, la violenza contro la donna – di ogni età, condizione economica, sociale e familiare, livello culturale e provenienza etnica – si rivela con sempre maggiore evidenza come una condizione strutturale e sistemica che attraversa – con pochissime eccezioni – tutte le società in ogni epoca e ogni ambito della vita privata e pubblica della donna, riverberandosi nella sfera familiare e delle relazioni, in quella economica e socio-culturale, fino al livello politico e istituzionale.
Se il femminicidio, lo sfregio con l’acido, lo stupro, la tratta e la coercizione alla prostituzione, il ricatto sessuale lavorativo, lo stalking e le molestie – reati nella maggioranza dei casi imputabili agli uomini che rientrano nella sfera affettiva della donna e cioè mariti e partner, ex e fidanzati, padri, fratelli e figli – sembrano episodici e appaiono come fatti isolati e perfino eccezionali nelle società occidentalizzate cosiddette “avanzate”, essi sono in realtà la punta d’iceberg e l’epifenomeno di una realtà che resta sommersa e sotto traccia: la violenza maschile tout court, l’oppressione della donna e l’ineguaglianza di genere.
Queste realtà anche oggi continuano a essere il portato e l’espressione del Patriarcato, il sistema di potere maschile basato sulla forza – e quindi sulla prevaricazione – che a livello materiale e simbolico per millenni ha permeato e continua a permeare le nostre culture, la storia e la politica e tutti gli ambiti delle relazioni pubbliche e private degli uomini e delle donne nel mondo – oggi con modalità tanto più subdole e inapparenti, ben celate sotto la privacy delle nostre vite individualistiche e sotto quella patina di glamour offerta dallo stile di vita del neo-patriarcato e della Globalizzazione Capitalista.
In quest’ottica la pratica della riflessione femminista e il contrasto alla violenza di genere e dei generi potrebbe diventare il grimaldello per scardinare uno status quo consegnatoci dalla storia del mondo che continua a rivelarsi inefficace a produrre tanto la felicità privata quanto la pubblica virtù e il successo delle società.
Anche nel Preambolo della Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 – firmata a oggi da 32 Stati, ma ratificata solo da Turchia, Albania, Portogallo, Montenegro, Italia, Bosnia-Herzegovina, Austria e Serbia – la violenza sulle donne è definita come “Una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali fra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini” e come “Uno fra i meccanismi sociali cruciali con cui le donne sono relegate in una posizione subordinata”.
#Libere di Educarci #Libere di (Auto)formarci e di Formare
Il primo capitolo del Piano femminista di NUDM è dedicato alla libertà e ai diritti nell’educazione e nella formazione, nella ricerca e nella trasmissione dei saperi e propone di superare le modalità sessiste e discriminatorie su cui si basa la trasmissione del sapere nel nostro sistema di istruzione, educazione e formazione, per ripensare la scuola, la ricerca e l’università come istituzioni primarie di un nuovo sapere e del contrasto culturale alle violenze di genere: nelle istituzioni educative e formative viene elaborata e trasmessa un’interpretazione della realtà che va ripensata in chiave non solo antisessista, ma decisamente più laica – logica – dialettica, tollerante e pluralista, a partire dal superamento del binarismo di genere e della pretesa della complementarietà fra uomo e donna quale canone obbligatorio e “normalizzante” nella interpretazione e organizzazione della realtà, delle relazioni e della società.
Una realtà che continua a essere percepita e insegnata anche oggi secondo canoni binari e secondo la categoria medievale degli “opposti”: alto/basso, piccolo/grande, ricco/povero, maschio/femmina, bianco/nero, greco/barbaro, autoctono/immigrato, padrone/servo e dei loro correlati ed equivalenti morali e sociali di forte/debole, buono/cattivo, meritevole/immeritevole, condannato/salvato etc.
Una categorizzazione dicotomica e manichea millenaria che ha resistito nella cultura occidentale di tradizione giudaico-cristiana e che dagli occidentali è stata diffusa in passato a tutto il mondo attraverso la pratica coloniale e oggi nuovamente attraverso la globalizzazione neocapitalista. Una categorizzazione del mondo che procede per estremi, innaturale e di fatto inesistente nella realtà, che fallisce nel cogliere la complessità fluida e il continuum dell’esistente, ma che resta anche oggi perfettamente funzionale ai desideri e alle aspettative private e sociali dell’unico essere destinato alla felicità sulla terra: il maschio bianco, eterosessuale, possibilmente ricco.
Strumento cruciale del rinnovamento culturale proposto dal Femmnismo è il linguaggio: si deve costruire una lingua non sessista che riconosca le differenze e non le silenzi uniformandole sotto il solo genere maschile delle parole che si pretende invece “neutro universale”. Tra le richieste del piano femminista c’è quella che insegnanti, educatrici ed educatori ricevano l’abilitazione ed esercitino l’insegnamento solo se formati attraverso percorsi organici finanziati, retribuiti e uniformi sul territorio nazionale, a contatto con specialisti e specialiste che insegnino loro a decostruire gli stereotipi nei bambini, adolescenti e giovani. Ciò appare indispensabile per prevenire fenomeni di violenza scolastica, bullismo, razzismo, sessismo e omofobia. La formazione degli studenti/docenti dovrà valorizzare strumenti di autoformazione e modalità socializzate, facendo rete con i servizi presenti sul territorio. La formazione dei docenti dovrà includere come argomenti obbligatori la violenza di genere, la mediazione dei conflitti e l’educazione alle differenze. Fondamentale la revisione di manuali e materiale didattico nelle scuole di ogni ordine e grado, dal nido all’università, per evitare la trasmissione di visioni stereotipate e sessiste dei generi e del rapporto di potere tra di essi.
La recente Riforma del Sistema Nazionale di educazione noto come “Buona Scuola” (legge 107/2015) viene respinto nel documento di NUDM perché “Dietro i concetti chiave di innovazione, autonomia, inclusione e merito si cela in realtà una visione della scuola fortemente antidemocratica che preclude la continuità didattica e rende impraticabile qualsiasi progetto pedagogico”.
NUDM denuncia anche l’esternalizzazione e la privatizzazione dei servizi educativi, l’introduzione di concetti di profitto e merito – chi e come valuterà i professori meritevoli che si guadagneranno il premio economico? – che minano il diritto di tutti e tutte all’istruzione e all’educazione. L’alternanza scuola lavoro introdotta dalla L.107 espone i giovani a forme di sfruttamento e di lavoro minorile gratuito, vicariando la possibilità del lavoro salariato degli adulti.
L’Università pubblica italiana, istituzione che appare sempre più maschilizzata e oramai riorganizzata come entità finanziaria che deve operare con logiche di mercato, rischia di diventare sempre più luogo di estrazione diretta di capitale c.d. “umano”, e frontiera avanzata nella ristrutturazione in senso neoliberale della società. Per questi motivi NUDM, accanto all’aumento dei finanziamenti per i settori dell’educazione, della formazione e della ricerca pubbliche, chiede l’abolizione della legge sulla Buona Scuola e della riforma Gelmini e l’apertura di un processo dal basso di scrittura delle riforme di Scuola e Università che preveda anche la rimodulazione di contenuti e programmi, che dovranno comprendere obbligatoriamente l’educazione a migliori competenze sociali attraverso l’educazione emotiva, la gestione dei conflitti, il contrasto al bullismo e a ogni forma di discriminazione nel contesto scolastico.
Nello specifico della prevenzione della violenza di genere serve una formazione in ogni contesto sociale, permanente e multidisciplinare, e un monitoraggio costante del fenomeno della violenza nei suoi vari aspetti. Particolarmente curata deve essere la formazione delle Operatrici dei CAV, i Centri Antiviolenza, che hanno un ruolo delicato e specifico che deve rispettare il diritto di scelta, il consenso e l’autodeterminazione delle donne e naturalmente devono ricevere formazione specifica le figure professionali coinvolte nel percorso di fuoriuscita dalla violenza delle donne quali insegnanti, il personale sanitario, avvocati e avvocate, magistrati e magistrate, forze di Pubblica Sicurezza, Educatori ed Educatrici. Va fatta formazione agli operatori della Comunicazione, dei Media, della Pubblicità e più in generale dell’industria culturale, per combattere narrazioni tossiche ed educare a linguaggi non sessisti e discriminatori, favorendo la diffusione di una cultura rinnovata basata su rispetto, tolleranza e solidarietà. Anche nel mondo del Lavoro vanno dedicate risorse e tempo alla formazione contro molestie, mobbing, ricatto sessuale lavorativo, la pratica delle dimissioni in bianco, discriminazioni di genere e salariali, con l’obiettivo di fornire alle donne strumenti di difesa e autodifesa adeguati ed efficaci.
Vedremo nelle prossime puntate altri aspetti affrontati nel Piano Antiviolenza Femminista di NUDM relativi alla violenza in ambito sanitario e ai diritti della salute, alla violenza economica, alla violenza istituzionale, all’autodeterminazione nei percorsi di uscita dalla violenza, agli strumenti di mappatura e monitoraggio e alla attività e organizzazione dei Centri Antiviolenza.