Gli statuti di Potere al Popolo: gli organi nazionali

Comparazione del funzionamento degli organi nazionali di Potere al Popolo secondo i due statuti redatti dal Coordinamento nazionale provvisorio.


Gli statuti di Potere al Popolo: gli organi nazionali Credits: farodiroma.it

Segue da Gli statuti di Potere al popolo: le assemblee territoriali

In questo terzo articolo proverò a descrivere le regole di funzionamento degli organi nazionali di Pap. Quelli previsti in entrambi i documenti sono ben sei: (i) l’Assemblea Nazionale, (ii) Il Coordinamento Nazionale, (iii) i Portavoce, (iv) i Tesorieri, (v) la Commissione di Garanzia (vi) il Comitato scientifico. La composizione, i compiti, il funzionamento e le relazioni reciproche di questi organi palesano forti criticità e grandi differenze tali da giustificare emendamenti ad un unico documento ma non la presentazione di due documenti contrapposti.

In generale, per rendere chiari i compiti dei diversi organi anche ai quattordicenni, conviene preliminarmente richiamarsi ai corrispettivi sul piano statuale. l’Assemblea Nazionale è l’organo legislativo, il parlamento di Pap; il Coordinamento Nazionale rappresenta il potere esecutivo, il governo; i Portavoce rappresentano i presidenti; i tesorieri rappresentano i cassieri, coloro che governano la ‘banca’ di Pap; la Commissione di Garanzia rappresenta il potere giudiziario, la magistratura; mentre il Comitato Scientifico è composto dagli ‘advisor’, i consulenti esterni. L’analogia, ovviamente, andrebbe letta al contrario in quanto è l’organizzazione degli Stati che si uniforma a quella delle società private, non viceversa.

Per quanto riguarda l’assemblea nazionale, in entrambi i documenti viene convocata dal Coordinamento Nazionale “almeno una volta l’anno” in città diverse. Per gli estensori del primo documento, però, essa è costituita da tutti gli iscritti a Pap e non vi è numero legale per renderne valide le deliberazioni (che si prendono a maggioranza semplice). Per il secondo, invece, è composta dai delegati delle assemblee territoriali (in proporzione di 1 per ogni 50 iscritti) e dai componenti del Coordinamento Nazionale, ed è regolarmente costituita alla presenza della metà più uno dei suoi componenti (mentre le decisioni vengono prese a maggioranza qualificata, in difetto della quale subentra il referendum tra gli iscritti dove però per prevalere c’è comunque la soglia dei ⅔!). Per essere convocata in via straordinaria, infine, nel primo caso serve raccogliere il consenso di almeno il 30% degli iscritti a Pap, nel secondo del 25% “degli aderenti” (una formulaziona ambigua dal momento che si aderisce all’associazione e non all’assemblea, i cui componenti dovrebbero aver facoltà di autoconvocarsi).

Per quanto riguarda le competenze, oltre alla “promozione del conflitto”, l’unica comune ai due documenti è quella di determinare la linea politica della “associazione”. Poi, per gli estensori del primo documento, essa si deve occupare di “elaborare ed approvare il programma politico; elaborare ed approvare le liste elettorali…; eleggere e revocare i Portavoce nazionali; eleggere e revocare il Coordinamento Nazionale o suoi singoli membri. Per il secondo, invece, deve “avanzare proposte per liste elettorali a carattere nazionale ed europeo da votare poi sulla piattaforma; eleggere e revocare la Commissione di Garanzia o suoi singoli componenti; eleggere e revocare il Comitato scientifico o suoi singoli componenti; convocare ogni due anni una conferenza programmatica nazionale di Pap”.

Il primo documento, dunque, delega all’Assemblea Nazionale, cui si partecipa “in forma plenaria degli aderenti” non solo l’approvazione del programma ma anche la sua elaborazione. Come ci insegna il ‘68, però, non c’è alchimia organizzativa in grado di cancellare il fatto che assemblee grandi e partecipate e composte di cittadini variamente collocati in termini di appartenenza (e coscienza) di classe - e che si ritrovano a far politicasoltanto nel loro tempo libero o che fanno della politica il loro mestiere - permettono di decidere unicamente attraverso la ratifica (e la bocciatura) oppure attraverso scelta tra ipotesi contrapposte preconfezionate. E la cosa non cambia se si utilizza un programma informatico in grado di farci ordinare le ipotesi preconfezionate ed i relativi emendamenti dalla più alla meno gradita.

Un limite che cade non appena si procede alla democratizzazione del processo di formazione delle ipotesi di soluzione che vengono messe a votazione che non nascono nelle assemblee deliberative ma sono il frutto di un confronto ed uno studio collettivo - anche di tipo assembleare ma non solo - che sovente si protrae a lungo e che, per rispondere agli interessi del proletariato, non può prescindere dal contatto diretto con i lavoratori. Con il quale torniamo al problema rilevato nell’articolo sui principî relativo all’assenza di una qualunque articolazione sui luoghi di lavoro.

Tornando agli statuti, in nessuno dei due casi il potere esecutivo è formalmente sottoposto a quello legislativo (nel secondo documento i membri del coordinamento addirittura siedono d’ufficio in Assemblea!) e solo nel secondo la magistratura risponde al parlamento (come vedremo, nel primo documento risponde al governo). Il primo documento inoltre è smaccatamente presidenzialista in quanto i portavoce vengono eletti direttamente dalla totalità degli iscritti durante l’Assemblea nazionale. Quando bisognerà fare le battaglie per la centralità del parlamento italiano rispetto all’esecutivo o alle derive presidenzialiste, siamo sicuri che risulteremo credibili con uno di questi statuti?

Il Coordinamento Nazionale, come detto, rappresenta il governo di Pap. In nessuna proposta esso è diretta emanazione dell’Assemblea Nazionale ma della base (anche se nel primo documento coincidono, fatto salvo il ruolo dei coordinatori territoriali tutto da scoprire. Per il primo documento “è composto da 80 membri così determinati: a) 20 eletti direttamente dagli aderenti attraverso la piattaforma informatica sulla base di una lista nazionale; b) 59 membri eletti dalle assemblee regionali, di cui 20 assegnati su base regionale, gli altri 39 distribuiti tra le regioni in proporzione al loro numero degli aderenti; c) 1 membro eletto tra gli associati emigranti”. Per il secondo documento, invece, è composto da minimo 84 membri: (i) “60 eletti direttamente dalle assemblee regionali, di cui 21 assegnati su base regionale (le 20 regioni italiane più una regione “ESTERI”...), gli altri 39 distribuiti tra le regioni in proporzione al numero delle/degli aderenti” e (ii) “24 eletti direttamente dalle/dagli aderenti sulla base di una lista unica nazionale”.

L’esecutivo dunque, è eletto direttamente dal popolo, su base nazionale e regionale. Ora, a prescindere dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma informatica (che non sembra coerente con lo statuto) oltre al diritto di tribuna della rappresentanza estera, in ambo i testi non viene adottata una legge elettorale di tipo proporzionale in quanto abbiamo tre diverse modalità di elezione: quella maggioritaria (i 20 assegnati su base regionale), quella proporzionale con circoscrizione unica nazionale (rispettivamente 20 e 24 delegati) e quella proporzionale con circoscrizioni regionali (39 in entrambi i casi), senza che sia rispettata la proporzionalità tra numero di eletti e grandezza del corpo elettorale presente nelle singole regioni. Si noti che la durata del mandato dei delegati è esplicitata solo nel secondo documento (due anni più due, senza divieto a ripresentarsi dopo un turno di pausa).

A peggiorare ulteriormente la situazione vi è l’introduzione delle quote rosa che alterano ulteriormente proporzionalità e la stessa democraticità. “Nel caso in cui la composizione complessiva del Coordinamento Nazionale risulti sbilanciata a favore di un sesso oltre alla misura di 60-40, si chiederà alle regioni che hanno presentato uno squilibrio di genere, di far subentrare il candidato più votato di sesso opposto al terzo scelto”. Questo recita il primo documento. Nel secondo, invece, si dice che “nel caso in cui la composizione complessiva del Coordinamento nazionale risulti sbilanciata a favore di un genere si aggiungeranno persone non elette, fino a raggiungere l'equilibrio” rendendo dunque il numero dei suoi componenti variabile. L’unica apprezzabile differenza è che nel primo caso si consente alle non elette di scalzare gli eletti, nel secondo si rischia che le non elette possano scalzare dei non eletti che abbiano ricevuto più voti.

Per quanto riguarda i compiti del Coordinamento Nazionale, entrambe le bozze presentano elenchi abbastanza simili. Faccio notare però che solo il secondo documento prevede l’approvazione del bilancio (meglio del niente presente nel primo documento), anche se tale facoltà normalmente anche nei sistemi più presidenzialisti spetta ai rappresentanti del potere legislativo.

I portavoce rappresentano i capi politici di Pap vale a dire i presidenti dell’associazione. In entrambi i documenti sono due (un uomo e una donna) ed esercitano “la rappresentanza politica esterna e istituzionale” di Pap. Per il primo documento essi esercitano anche la rappresentanza legale dell'associazione “con effetti patrimoniali e processuali, in giudizio o al di fuori di esso”, senza specificare se in forma congiunta o disgiunta. Una scelta non molto tranquillizzante per chi andrà a ricoprire il ruolo di portavoce visto che non saranno loro a controllare la cassa. Per il secondo documento, infatti, la rappresentanza legale è in capo ai tesorieri (ed è “esercitata disgiuntamente tra loro per quanto riguarda l’ordinaria amministrazione e congiuntamente tra loro per quanto riguarda la straordinaria amministrazione”).

Per quanto riguarda l’elezione dei portavoce, Il secondo documento prevede che vengano eletti dal Coordinamento nazionale, il primo, invece, prescrive che sia l’Assemblea Nazionale, dunque la totalità dei militanti. “Le candidature vanno ufficializzate e presentate con la firma di 7 componenti del coordinamento nazionale, o del 10% degli aderenti, o della maggioranza degli aderenti di 10 Assemblee Territoriali. La lista delle candidature viene posta in votazione nell’Assemblea Nazionale e tra tutti gli aderenti che voteranno, rispettando la parità di genere, 2 nomi. Le candidature con più voti risulteranno elette”. In entrambi i casi l’incarico dura due anni ma nel primo documento non c’è limite al numero di rielezioni (nel secondo al massimo due consecutive, anche qui non un vero limite ma una pausa). Per quanto riguarda la loro revoca, nel primo caso è praticamente impossibile in quanto si prevede che ciascuno di essi possa essere “in qualsiasi momento revocato dall’Assemblea Nazionale degli aderenti, attraverso la richiesta di un’Assemblea Nazionale straordinaria” nel secondo forse pure, visto che si dice semplicemente che “possono essere revocati dal coordinamento nazionale” senza specificare come.

Il paragrafo sui tesorieri è molto stringato in entrambi i casi ma non per questo privo di criticità. In entrambi i casi i tesorieri sono due, un uomo e una donna, ma nel primo documento “hanno il compito di custodire il patrimonio economico di Potere al Popolo!, di rendicontarlo una volta al mese, di vigilare sulle spese evitando ogni tipo di spreco. Devono essere scelte fra persone di provata onestà e fedeltà all’Associazione”. Il paragrafo, dunque, non esplicita come, per quanto e da chi sono eletti e questa informazione è possibile dedurla non senza ambiguità dal fatto che il Coordinamento Nazionale ha il compito di “gestire gli aspetti finanziari dell’Associazione e a tale incarico sono delegati in particolare i due Tesorieri”. Dal che sembrerebbe, ma il condizionale è d’obbligo, che essi debbano esser membri del Coordinamento. Al contrario il secondo documento fornisce esplicitamente al Coordinamento Nazionale il compito di eleggere i due tesorieri che, come detto, sono anche i legali rappresentanti di Pap. Vi è poi specificata la durata del mandato (due anni più due) e lo scopo del loro lavoro (predisporre i bilanci). Bilanci che nell’associazione immaginata dal primo documento neanche esistono.

La Commissione di garanzia, come scritto in entrambi i documenti “è l’organo incaricato di vigilare per il rispetto dei diritti delle persone iscritte all’Associazione e per il rispetto dei principi fondamentali e le norme di funzionamento dell’organizzazione”. Come già accennato, nel primo documento i suoi membri (dieci) sono eletti e revocati dal Coordinamento Nazionale (a maggioranza semplice) e rimarranno in carica 2 anni (senza alcuna specifica sui rinnovi di mandato). Se passa questa opzione, che cosa diremo ai prossimi tentativi di subordinare anche formalmente la magistratura al governo?

Nel secondo documento, invece, alla Commissione di garanzia si dedica complessivamente un po’ più spazio. Per quanto riguarda la sua composizione ed elezione si prevedono sette componenti - unico organo in entrambe le proposte di statuto ad esser composto da un numero dispari di persone - “eletti direttamente dall’Assemblea nazionale, mediante voto diretto e con un sistema di liste aperte. I componenti rimangono in carica per 2 anni e possono svolgere un massimo di due mandati consecutivi”. Altro unicum, questa volta previsto anche nel primo documento, la Commissione è l’unico organo per il quale è esplicitamente previsto un regolamento di funzionamento. Nel secondo documento approvato dall’Assemblea Nazionale, nel primo documento non si sa da chi sia scritto e approvato. Evidentemente la tendenza ad ingabbiare la magistratura è veramente molto forte e diffusa…

Il Comitato scientifico, infine, “è un organo consultivo dell’Associazione, senza diritto di voto,

composto da personalità anche non socie” (nel secondo documento si usa il termine “aderenti”). Nel primo documento a nominarli (non si sa quanti sono) è il Coordinamento nazionale, nel secondo l’Assemblea.

Per concludere due figure riassuntive delle relazioni tra i diversi organi che testimoniano la profonda innovazione che questi statuti portano in seno all’organizzazione della classe lavoratrice. Un’organizzazione che però presenta molte criticità che potrebbero richiedere degli aggiustamenti in caso si andasse a votare come previsto.

22/09/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: farodiroma.it

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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