Politica vs testimonianza

La politica è l’arte della mediazione, se si rifiuta a priori in nome di una pura immediatezza originaria si finisce per limitarsi a fare testimonianza in una logica minoritaria.


Politica vs testimonianza Credits: https://www.pandorarivista.it/articoli/la-sinistra-radicale-damiani/

Una prestigiosa testata statunitense “Politico” ha indicato Giorgia Meloni come la persona più potente d’Europa. Si tratta di un’esagerazione che occulta che la politica nella società capitalista è subalterna agli interessi economici. Resta però che mentre, come ormai di consueto, tutti gli altri leader dei paesi a capitalismo avanzato pagano a caro prezzo le politiche antipopolari dei loro governi, la presidente del consiglio italiana fa eccezione e il suo governo appare quello decisamente più stabile fra i grandi paesi europei. Ciò naturalmente non dipende dalla sua pretesa che non avrebbe portato avanti politiche antipopolari, ma dalla sostanziale assenza di una opposizione credibile e di massa. L’opposizione moderata, rappresentata in parlamento, dopo aver governato nei precedenti governi e in giunte antipopolari ha perso credibilità come forza di alternativa, anche perché tende a criticare il governo tanto da destra, quanto da sinistra, mentre la sinistra radicale si comporta come la volpe con l’uva del famoso apologo. Non riuscendo a riconquistare credibilità fra la propria base sociale come avanguardia e componente più decisa e radicale dell’opposizione, la sinistra radicale finge di non essere interessata a ciò, tanto più che attaccare un governo di destra radicale gli appare come sparare sulla croce rossa e, così, preferisce concentrare le proprie critiche contro la sinistra moderata. In tal modo, si finisce, involontariamente, per accreditare la sinistra moderata rappresentata in parlamento come unica credibile alternativa di governo alla destra radicale. Così facendo ci si condanna all’infausto destino tragico di Cassandra, che prevede tutte le catastrofi, ma è assolutamente impotente a impedirle.

La destra radicale al governo, senza una forte opposizione di sinistra che la incalza, porta avanti apertamente il suo programma reazionario di passaggio dalla seconda Repubblica liberal-liberista alla terza Repubblica bonapartista regressiva, portando a termine il piano anti democratico e anticostituzionale della Loggia massonica P2. In tal modo, si è venuta creando nel paese una forte opposizione sociale, necessariamente unitaria, di contro ad alcune delle misure più smaccatamente reazionarie del governo, come la secessione dei ricchi e la legge anti Gandhi, che mira a reprimere nel modo più radicale persino la resistenza passiva non violenta. La meritoria opposizione sociale su questi piani ha costretto a ricomporsi, a rimorchio, praticamente tutta l’opposizione politica, tolte le aree più estremiste a vocazione minoritaria. Questa opposizione di massa è l’unica capace di impensierire il governo e di far calare, anche se ancora in modo troppo limitato, gli assurdi consensi di cui gode.

D’altra parte, l’opposizione non appare in grado nemmeno di smentire le più palesi e smaccate bugie create dal governo per auto incensarsi. L’unico dato economico e sociale che la destra radicale di governo è in grado di sbandierare è il presunto calo della disoccupazione, che non sarebbe mai stata così bassa. In questo caso l’opposizione paga la completa incapacità di contrastare efficacemente l’ideologia dominante, funzionale alla classe dominante, che da sempre vuole dare a intendere che il problema principale sarebbe la mancanza di lavoro, quando in realtà la questione è il livello ridotto al minimo del salario (sociale), in quanto di lavoro gratuito o spaventosamente sotto pagato ce ne sarebbe naturalmente a iosa. Senza contare che l’opposizione non appare nemmeno in grado di denunciare con la giusta forza che la disoccupazione cala solo grazie alla controriforma delle pensioni che la destra radicale, dopo aver conquistato una quota assurdamente alta di voto popolare, presentandosi come l’unica forza politica interessata a togliere di mezzo la devastante “legge Fornero”, la ha, in realtà, ulteriormente peggiorata. Per quanto riguarda gli occupati che sarebbero in grande aumento grazie al governo Meloni, trattasi in realtà di quei lavoratori che, sebbene molto in là con gli anni, non riescono ad andare in pensione, per quanto quest’ultima tenda a divenire sempre più da fame. Altro dato eclatante, che la sinistra non appare in grado di denunciare, sono i maquillage ideati dall’ideologia dominante per nascondere che la società capitalista può funzionare soltanto garantendo una cospicua riproduzione di un esercito di riserva sufficientemente ampio di disoccupati e sotto occupati tale da mantenere sempre al prezzo più basso la merce forza-lavoro, che poi non è altro che quel paradossalmente rivendicato salario minimo, l’unica parola d’ordine in grado di unificare tutta l’opposizione da quella più ultraliberista e quella più radicale, che riesce così clamorosamente a farsi, di fatto, egemonizzare dagli ordoliberisti. Per cui dal numero di disoccupati vengono clamorosamente scorporati la massa crescente di persone in età di lavoro che non lo cercano più, in costante crescita. Non si tratta solo di una spaventosa espansione del sottoproletariato, meglio detto proletariato degli straccioni, ma di una costante crescita del lavoro nero, che naturalmente fa il gioco della criminalità organizzata, alla quale lo Stato borghese ha da sempre appaltato la gestione dell’Italia meridionale e che si sta sempre più espandendo non solo a nord, ma persino sul piano internazionale. Così, insieme a fascismo e berlusconismo esportiamo sempre più anche un altro prodotto rigorosamente made in Italy: la mafia.

Senza contare che la completa resa all’egemonia della classe dominante porta l’opposizione, che dovrebbe essere di sinistra – considerato che non è affatto semplice collocarsi, come fa spesso il Pd, Renzi, Calenda e i radicali su posizioni ancora più filo padronali della destra radicale al governo – a non essere in grado di contrastare adeguatamente l’ideologia razzista, cavallo di battaglia populista di una destra peraltro completamente asservita all’oligarchia dominante. Il punto da denunciare è che la destra non è solo assolutamente complice dell’esigenza del capitalismo di mantenere sempre ben rifornito l’esercito industriale di riserva, ma che i nostrani xenofobi, con le loro politiche ordoliberiste e le ideologie dominanti ultra individualiste che contribuiscono a diffondere, sono quantomeno corresponsabili di una decrescita della popolazione autoctona, per cui diviene indispensabile importare forza lavoro, più o meno, costretta a emigrare. Dunque, quello che si omette di denunciare è che in realtà la destra vuole importare lavoratori immigrati, soltanto in modo ancora più clandestino dell’opposizione presunta di sinistra, per ricattare ancora di più i lavoratori in regola e finanziare egualmente di più la criminalità organizzata e la “cattiveria” dei poveri, fomentando il razzismo. Altro dato di fatto che si omette o non si denuncia con la necessaria forza è che importare mano d’opera legalmente formata altrove è un grande vantaggio per chi la importa e un netto svantaggio per chi la esporta. Questi ultimi, che ne hanno finanziato la formazione, non ne possono sfruttare il lavoro, che va a beneficio di chi li importa, senza essersi addossato l’onere della formazione.

Del resto, a questo proposito, altro dato di fatto eclatante e decisivo, che non si denuncia abbastanza, è che le politiche fallimentari dei governi degli ultimi decenni hanno portato l’Italia a esportare sempre di più forza lavoro altamente formata e specializzata, attirando principalmente forza lavoro poco qualificata. Senza contare che una componente ingentissima della forza lavoro immigrata vorrebbe esclusivamente attraversare il nostro paese per raggiungere le più ambite mete del nord Europa e sono stati i governi, tanto di centrosinistra quanto di centrodestra, ad accettare norme capestro dell’Unione europea per cui i richiedenti asilo sono obbligati a fare domanda nel primo paese in cui arrivano, piuttosto che in quello che intendono raggiungere.

Tornando alla importantissima mobilitazione di massa contro il sedicente decreto “sicurezza”, volto a criminalizzare la protesta e il dissenso in quanto tale, occorre sottolineare che sebbene colpisca in primo luogo, come al solito, le proteste dei più deboli, finisce in realtà per attaccare ogni possibilità di reazione da parte delle classi subalterne. A questo proposito non si possono che ricordare le sacrosante parole di Niemöller, dinanzi alla resistibile ascesa del nazismo, “prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare”. D’altra parte, si gioca sul fatto che mai come oggi sono deboli le proteste di massa delle classi subalterne, per cui i divieti e le criminalizzazioni portate avanti dal governo non sembrano toccare direttamente la grande maggioranza dei lavoratori salariati. In realtà si tratta di misure fortemente preventive, volte a poter reprimere nel modo più duro ogni tentativo che faranno in futuro i subalterni per provare a riconquistare tutto quanto hanno perduto in questi penosi e interminabili anni di riflusso.

D’altra parte, non si può nemmeno tacere del fatto che quando i rapporti di forza sono così svantaggiosi per le classi subalterne ogni forma di avventurismo e di estremismo finisce con l’essere particolarmente deleterio. Prendiamo ad esempio le forme di lotta dei “disobbedienti” contro le crisi climatiche che hanno reagito al calo fisiologico di mobilitazioni di massa contro il capitalocene semplicemente alzando il livello dello scontro, finendo così, per quanto involontariamente, per far divenire sempre più minoritario un movimento che dovrebbe, al contrario, essere di massa.

Senza contare che la pratica ripetuta di blocchi stradali indiscriminati, fatti da un numero sparuto di attivisti, di fatto generali senza esercito, ha finito per favorire l’affermarsi nell’opinione pubblica, in primo luogo piccolo borghese e dei ceti medi, della richiesta di una risposta repressiva. Come al solito il problema è che si dimentica che ha senso passare sul piano della illegalità solo quando si riesce a portarsi dietro le masse popolari, che rendono del tutto controproducente la repressione. Sfidare costantemente la legalità borghese per azioni minoritarie e di mera testimonianza finisce, per quanto del tutto involontariamente, per fare il gioco della destra radicale, che non aspetta altro che un pretesto per calare la propria mannaia “securitaria”.

13/12/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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