Nel momento di massima crisi del modo di produzione capitalistico nel nostro paese e a livello internazionale, le forze che mirano a superarlo in senso progressista, socialista, sono ridotte ai minimi storici, mentre tornano a essere primo partito coloro che intendono superarlo in senso reazionario, postfascista. Ciò dimostra, nel modo più lampante, come l’epoca di restaurazione a livello nazionale e internazionale iniziata negli anni Ottanta abbia raggiunto nel nostro paese un nuovo apice.
Certo tutto ciò che è reale – come la crisi della sinistra e il successo della destra radicale – è anche razionale, cioè non è il prodotto di un destino cinico e baro, né di una catastrofe naturale. In qualche modo i terrificanti esiti delle ultime elezioni politiche nel nostro paese non sono altro che il necessario prodotto di una serie di scellerate scelte ed eventi che non potevano che portare a questo spaventoso risultato. Le elezioni non fanno altro che fotografare gli attuali rapporti di forza fra le classi sociali attraverso le forze politiche che le rappresentano o dovrebbero rappresentarle. Tale risultato è il prodotto di un processo storico ben preciso che non poteva che produrre queste catastrofiche conseguenze per chi si batte per l’emancipazione del genere umano. D’altra parte le scelte e le azioni scellerate che hanno prodotto queste rovinose conseguenze non sono state affatto necessarie. Si è trattato di una serie quasi ininterrotta di rovinosi errori che non poteva che produrre questo terrificante risultato. Perciò è di estrema importanza ripercorrere quella serie di eventi che ha prodotto questo esito così infausto per, quanto meno, apprendere dai gravissimi errori del passato e non continuare e ripeterli in modo davvero diabolico.
Non potendo risalire all’infinito la catena delle cause e degli effetti, partiamo da un evento storico non troppo distante ed emblematico in quanto conteneva in nuce, come abbiamo al tempo più volte denunciato, tutte le successive disgrazie. Ci riferiamo, naturalmente, al governo Draghi che, sebbene difendesse nel modo più smaccato gli interessi del grande capitale transnazionale, ha avuto il pieno e convinto sostegno di tutte le forze dell’arco parlamentare con la sola significativa eccezione degli eredi di Mussolini. In tal modo, era evidente, che le politiche apertamente antipopolari del governo Draghi non potessero che provocare la necessaria crisi delle forze populiste che lo hanno sconsideratamente sostenuto e il successo dell’unica forza consistente che vi si è, almeno apparentemente, contrapposta, sebbene quasi mai in senso progressista. Così le due forze demagogiche che avevano vinto le precedenti elezioni, la Lega e il Movimento 5 S, hanno subito una più che meritata significativa perdita di consensi, che sono andati tutti, tolti quelli finiti nell’astensionismo, a fare la fortuna dei nipotini di Almirante.
Questi ultimi hanno stravinto la competizione elettorale senza sostanzialmente fare campagna elettorale e, soprattutto, senza fare promesse populiste e demagogiche significative ai propri elettori, che li hanno essenzialmente votati, al di là del tradizionale zoccolo duro, in quanto sono apparsi la più significativa forza anti sistema. Mentre le forze pseudo di sinistra, che rappresentano però le uniche significative forze di sinistra agli occhi delle masse di subalterni sempre più deprivati di coscienza di classe e sempre più facili prede dell’ideologia dominante, hanno ulteriormente perduto la loro residua credibilità dimostrandosi ancora una volta i più solerti sostenitori dell’ennesimo governo apertamente antipopolare e ordoliberista.
Certo, si dirà che la reale sinistra rappresentata dagli sparuti e isolati parlamentari che si sono opposti a Draghi e, soprattutto, le forze extraparlamentari che vi si sono opposte da tutti i punti di vista sono state le uniche reali alternative al governo del grande capitale transnazionale. Peccato però che, a causa del loro settarismo, delle surreali divisioni che le rendono di fatto impotenti sul piano politico, tali forze abbiano portato avanti una sacrosanta opposizione sul piano morale, ma non sono state quasi per niente incisive nel modificare a favore dei subalterni i rapporti di forza sfavorevolissimi fra le classi sociali.
Il problema è, dunque, come non si stancava di sottolineare Gramsci, che a fare attivamente politica è necessariamente sempre una ristretta minoranza, mentre la stragrande maggioranza della popolazione non si interessa e non è, quindi, realmente consapevole di ciò che avviene nell’agone del conflitto politico quotidiano. Perciò quando ogni tot anni sono chiamati a esprimere il proprio voto le masse dei subalterni non sono in grado di individuare e di sostenere le sparute minoranze di militanti che realmente si sono battute per i loro interessi, se queste ultime non sono state in grado di presentarsi, negli anni immediatamente precedenti, come delle credibili, almeno relativamente stabili e rodate forze in grado di rappresentare una reale alternativa al sistema di potere costituito sempre meno capace di egemonia.
Così quasi nessun subalterno che non si occupa realmente di politica è minimamente in grado di distinguere fra le numerosissime forze della sinistra radicale extraparlamentare. Peraltro la loro continua proliferazione e le pessime figure che hanno fatto generalmente nelle rare occasioni in cui hanno svolto ruoli dirigenziali nell’apparato dello Stato imperialista le fanno apparire del tutto inaffidabili. Senza contare che i pochi subalterni che sono stati convinti negli ultimi anni ad affidargli con il proprio voto le proprie residue speranze di un effettivo cambiamento sul piano politico hanno di fatto vista costantemente e ripetutamente tradita la propria fiducia. Perciò è evidente che quando gli si presenta sotto elezioni l’ennesimo carrozzone elettorale della sinistra radicale e minoritaria, o anche vecchi gloriosi simboli da troppi anni almeno apparentemente incapaci di incidere, diventa sempre più complicato riottenere la loro fiducia. Ecco così che sempre più subalterni demoralizzati si abbandonano a un nichilistico astensionismo anarcoide o cedono alle false lusinghe del voto utile a favore di quelle forze che dovrebbero quanto meno impedire ai degni eredi del fascismo di portare a termine le loro devastanti proposte politiche.
Su quest’ultimo punto è non solo del tutto inefficace minimizzare, ma è completamente controproducente. In altri termini dare a intendere che la destra radicale non è poi realmente differente dalla destra moderata e liberale non solo ci fa perdere ulteriormente di credibilità agli occhi delle nostre classi di riferimento, ma ci fa facilmente precipitare nel pernicioso opportunismo di sinistra, che cerca invano di fare di tutt’erba un fascio.
Non è possibile non denunciare il dato di fatto che il principale obiettivo politico dei nipotini di Mussolini è quello di portare a compimento il piano eversivo della Loggia massonica P2, elaborato dalla stessa Trilateral, che mira a ultimare la trasformazione della repubblica parlamentare democratica nata dalla resistenza, in un regime presidenzialista ordoliberista, sempre più bonapartista e autoritario. Non si può non denunciare il piano eversivo che vuole portare a compimento anche in Italia quella secessione delle regioni ricche dalle povere che tanti disastri ha già prodotto a livello internazionale dopo la tragica conclusione della Guerra fredda. Né si può evitare di denunciare come la flat tax non potrà che sferrare un colpo mortale al sedicente Stato sociale o welfare, portando innanzitutto al collasso il sistema sanitario nazionale. Né, infine, si può nascondere come il governo egemonizzato dagli eredi del fascismo, porterà a inserire a tutti i livelli della repubblica loro clientes, che non potranno che favorire un’ulteriore sconquasso del settore pubblico. Senza dimenticare che i nipotini di Almirante sono da sempre i più fedeli sostenitori dell’anticomunismo e delle politiche guerrafondaie della Nato che rischiano sempre di più di far precipitare il mondo intero nell’incubo di un sempre meno improbabile conflitto nucleare. Per non parlare del fatto che al governo andranno le forze più apertamente negazioniste della devastazione dell’habitat naturale in cui vive la specie umana.
Ora è evidente che l’obiettivo della sinistra per tornare a essere credibile dinanzi ai subalterni è operare in senso opposto all’ideologia dominante che farà di tutto per normalizzare e naturalizzare il governo della destra radicale, portando avanti la stessa operazione fatta con il governo Trump. Anche perché le forze della destra moderata e liberale da Renzi a Calenda a Bonacini, possibile nuovo dirigente del Pd, già puntano e, comunque, in assenza di una grande opposizione di masse punteranno a trovare un accordo per modificare insieme in senso presidenzialista e federalista la Repubblica democratica nata dalla Resistenza. Naturalmente questa è l’opzione che fa più comodo alla classe dominante e che, perciò, ha già il pieno sostegno dell’ideologia dominante.
Peraltro per costruire una reale opposizione in grado di far fallire i devastanti progetti del governo capeggiato dalla destra radicale diverrà decisivo il ruolo che svolgeranno innanzitutto i lavoratori sindacalizzati. Da questo punto di vista lo scenario è, al contrario, promettente e potenzialmente favorevole alla ripresa di un incisivo conflitto di classe dal basso. In effetti, se prima tutti i sindacati maggiormente rappresentativi erano di fatto sostenitori del governo Draghi, ora sono praticamente tutti all’opposizione. Ci sarebbe, dunque, la possibilità reale di una ripresa su larga scala del conflitto sociale dal basso. Proprio per questo la classe e l’ideologia dominante faranno di tutto per realizzare di nuovo uno scenario di larghe intese, in grado di includere nel proprio perimetro pezzi significativi dei sindacati maggiormente rappresentativi. Anche in questo caso, come nel caso degli accordi del Pd e dei suoi alleati con il governo guidato dalla destra radicale, sarà decisiva la capacità delle forze realmente di sinistra e, quindi, in primo luogo dei comunisti, di fomentare una tale opposizione popolare al nuovo inciucio, che renda di fatto impossibile alle burocrazie sindacali e ai liberali di centrosinistra di scendere a patti con le prospettive eversive della Repubblica democratica nata dalla Resistenza portate avanti dal governo egemonizzato dalla destra radicale, nemica giurata dello spirito originario della Costituzione.
Da questo punto di vista andranno necessariamente contrastate quelle forze a vocazione minoritaria e settaria che, portando avanti il loro consueto opportunismo di sinistra, faranno oggettivamente di tutto per impedire la ricostruzione di una alternativa di sinistra credibile e in grado anche di vincere nel conflitto sociale nel nostro paese. È, in effetti, evidente, che si avrà bisogno per sconfiggere il più forte governo di destra, da parte della più debole forza di sinistra della nostra storia, riuscire e a portare dalla nostra parte, attraverso la lotta per l’egemonia, non solo gli iscritti ai sindacati maggiormente rappresentativi, ma anche gli elettori e persino gli iscritti del Movimento 5 S e di sinistra italiana realmente intenzionati a portare avanti una reale opposizione ai piani reazionari del governo prossimo venturo. Anzi, da questo punto di vista, potrebbero essere determinanti anche gli elettori e persino alcuni iscritti della base del Pd che comprenderanno la necessità storica di difendere e contrattaccare le forze eversive della Democrazia repubblicana sorta dalla resistenza che a breve occuperanno posti centrali nel governo e avranno modo di controllare settori significativi degli apparati repressivi dello Stato. Anche in questo caso è essenziale procedere nel senso di quel realismo politico che portava Gramsci ad ammirare Machiavelli e Lenin a sostenere di essere pronto ad allearsi anche con il diavolo se, in tal modo, sarà possibile fare dei passi nella direzione del nostro obiettivo finale, cioè una transizione al socialismo come primo passo nella direzione dell’affermazione del comunismo.