A proposito di egemonia il pensiero unico dominante, dopo lo scioglimento dell’Unione sovietica, ha fatto divenire senso comune la fake news che i più autorevoli paladini della democrazia sarebbero i paesi dell’America del Nord, al punto di arrogarsi il diritto di esportarla con ogni mezzo necessario in tutto il mondo. Allo stesso modo è divenuta senso comune l’autorevolezza in temi etici e morali della chiesa cattolica romana. Infine, dovrebbe anche essere entrata nel senso comune la convinzione che il genocidio è un crimine imprescrittibile contro l’umanità, che non può in nessun modo essere messo indubbio o sottaciuto, se non si vuole essere bollati come negazionisti.
D’altra parte, “qualche giorno fa, in una delle tante fosse comuni sparse per il Canada, presso la scuola di Kamloops, sono stati rinvenuti i resti di 215 bambini nativi e sembra che il vaso di Pandora di un genocidio troppo a lungo taciuto sia stato scoperchiato” [1]. Così veniamo a sapere che proprio il Canada, che gli stessi progressisti statunitensi descrivono come un fulgido esempio di “democrazia reale”, un paese sempre in prima fila nel denunciare le violazioni dei diritti umani nei paesi anti-imperialisti – tanto da condannare come genocidio la persecuzione degli uiguri nella Repubblica popolare cinese – mantiene una posizione sostanzialmente negazionista verso il genocidio che costituisce il fondamento stesso di questo paese ed è proseguito almeno fino al 1998.
Una posizione negazionista ancora più esplicita è tutt’ora mantenuta dal Vaticano, nonostante le sue dirette e gravissime responsabilità in tale genocidio, senza che, in questo caso, queste posizioni siano minimamente stigmatizzate dai mezzi di comunicazione di massa e dal pensiero unico “democratico” dominante. Eppure si tratta di “UNO STERMINIO METODICO, consumatosi tra il 1863 e il 1998 nelle Scuole residenziali cattoliche del Canada, dove vennero internati 150mila bambini nativi, strappati alle loro famiglie per mezzo di una serie di leggi razziali imposte dal governo canadese” [2]. Quindi, quest’ultima fase del genocidio – iniziato con la colonizzazione del paese – è durata 135 anni, senza che nessuno si curasse di porvi fine, né tantomeno di denunciare i negazionisti o di mettere in discussione la presunta esemplarità del Canada come “democrazia reale”. Naturalmente, alla base di tutto ciò, vi è il mancato riconoscimento dei nativi come esseri umani, la stessa identica attitudine che avevano i nazisti nei confronti delle loro vittime. Ma se su questi ultimi il marchio di infamia resta – a ragione – indelebile, la fedina penale della “democrazia canadese”, del Vaticano e dell’ideologia dominante resta immacolata. Evidentemente, oggi non si misconosce più l’umanità delle vittime dei campi di sterminio, mentre lo stesso non si può purtroppo dire degli amerindi, anche perché le ragioni del loro genocidio costituiscono la base materiale delle “democrazie” nord americane, delle vere e proprie Herrenvolk democracy, ossia “democrazie” per il popolo dei signori. Tanto è vero che se solo nel 2008 il primo ministro canadese ha chiesto pubblicamente scusa degli “abusi inflitti alle popolazioni indigene”, la conferenza stampa organizzata dai sopravvissuti, con le testimonianze del genocidio è stata completamente ignorata dai mass media. Anzi da parte dell’ideologia dominante se ne parlò quasi esclusivamente per mettere “in dubbio o persino” ridicolizzare “le denunce, derubricandole a esagerazioni giornalistiche o a invenzioni prive di fondamento” [3]. In tal caso, il negazionismo non è stato solo di piccole frange di nostalgici, ma dell’intera (dis)informazione mainstream e dei principali responsabili del genocidio – lo Stato canadese e il Vaticano – nonostante nei lager siano stati sterminati almeno 50.000 bambini.
D’altra parte, “SE I GOVERNANTI CANADESI si sono messi la coscienza in pace con scuse pubbliche e una parvenza di risarcimenti stanziati per le famiglie delle vittime, i vertici Vaticani invece non hanno mai ammesse responsabilità, solo dispiacere per «qualche bimbo indigeno che ha sofferto»” [4]. Naturalmente in questo caso l’opinione pubblica, la società civile, la comunità internazionale non hanno sentito nessun bisogno di condannare tale posizione apertamente negazionista, né di mettere in discussione l’autorevolezza etico-morale del Vaticano. Nonostante “che su 118 residential schools 79 erano cattoliche romane e dipendevano direttamente dalla Santa Sede” e “la tragedia delle violenze, delle sterilizzazioni, degli stupri e degli omicidi di bambini indigeni ha proporzioni terrificanti: persero la vita più del 40% degli internati” [5]. Si noti che anche l’autore di questo, indubbiamente meritorio, articolo di denuncia, finisca con il continuare a definire uno dei principali responsabili del genocidio “Santa sede”, con tanto di lettera maiuscola. Naturalmente nessuno si è stupito del fatto che tale genocidio sia stato portato avanti per oltre un secolo senza che nessuno si sognasse di porvi termine o quantomeno di mettere in discussione i principali responsabili: lo Stato canadese e il Vaticano.
Del resto se il governo canadese sì è quantomeno formalmente scusato, anche se ha derubricato uno “stermino sistematico” e secolare a semplici “abusi”, non ha sentito il bisogno di abrogare le leggi razziali che hanno consentito tale abominio, alla faccia della democrazia reale. “Ad esempio, la Federal Indian Act del 1874, tutt’ora in vigore, ribadisce l’inferiorità legale e morale degli indigeni” [6].
Peraltro, generalmente alla base del sistematico sterminio – sempre alla faccia della democrazia reale e dell’autorevolezza del Vaticano in ambito etico e morale – vi erano motivi biecamente economici. In effetti la Gradual Civilization Act “obbligava le famiglie indigene a firmare un documento che trasferiva alle scuole residenziali i diritti di tutela dei loro figli. Se ci si rifiutava c’era l’arresto immediato oltre a sanzioni economiche. Ma il trasferimento legale dei diritti di tutela dei minori si trasformava anche in trasferimento dei beni dei bambini deceduti, così le scuole residenziali hanno lucrato su quelle morti, appropriandosi di terre che poi rivendevano soprattutto alle multinazionali del legname” [7]. Ciò nonostante si continua a sostenere la particolare attenzione e cura che avrebbe il Vaticano per i bambini e le famiglie.
Si potrebbe illudersi che, per quanto spaventose, tali vicende siano comunque legate a un passato nei riguardi del quale, almeno oggi, si è prodotta una netta censura, tanto da permettersi di denunciare la pagliuzza negli occhi di altri Stati e di non dare peso alla trave nel proprio occhio. Naturalmente, nonostante tale massima abbia una posizione centrale nella Bibbia, “nella British Columbia, la Sterilization Law, approvata nel 1933 e tuttora in vigore, ha consentito sterilizzazioni di massa su interi gruppi di bambini indigeni; ancora oggi, molte donne indigene che si recano in ospedale per partorire restano vittime di strategie subdole e tornano a casa sterilizzate contro la loro volontà, come già denunciato da Amnesty International” [8].
Peraltro, nonostante i crimini commessi siano ora finalmente accertati e lo stesso Stato canadese si è sentito in obbligo di scusarsi pubblicamente, nessuno sembra preoccuparsi che i molti autori di questi delitti, tutt’ora vivi e vegeti, siano inquisiti. Anche perché gli atroci esperimenti sui bambini perpetuati dal famigerato dottor Mengele ad Auschwitz – non a caso messo in salvo dal Vaticano e protetto fino alla fine dalle alte sfere della Repubblica federale tedesca, altro fulgido esempio di “democrazia reale” – hanno trovato molteplici continuatori nell’esercito canadese, da sempre fra i protagonisti della Nato. Dalle dichiarazioni di fonti confidenziali veniamo a sapere che “le chiese ci fornivano i bambini dalle scuole residenziali e noi incaricavamo la polizia di consegnarli a chiunque avesse bisogno di un’infornata di soggetti da esperimento: in genere medici, a volte elementi del dipartimento della Difesa. I cattolici lo fecero ad alto livello nel Quebec, quando trasferirono in larga scala ragazzi dagli orfanotrofi ai manicomi. Lo scopo era il medesimo: sperimentazione. A quei tempi i settori militari e dell’Intelligence davano molte sovvenzioni: tutto quello che si doveva fare era fornire i soggetti. I funzionari ecclesiastici erano più che contenti di soddisfare quelle richieste. Non erano solo i presidi delle scuole residenziali a prendere tangenti da questo traffico: tutti ne approfittavano, e questo è il motivo per cui la cosa è andata avanti così a lungo; essa coinvolge proprio un sacco di alti papaveri” [9].
Nel frattempo, nell’altro grande campione della democrazia reale del nord America, gli Stati Uniti, il nuovo presidente – eletto grazie al voto determinante degli afroamericani – si è visto costretto a inaugurare finalmente una giornata della memoria per ricordare un massacro a sfondo razziale. Vi furono centinaia di morti afroamericani, trenta isolati a Tulsa da loro abitati furono rasi al suolo e diecimila sopravvissuti rimasero senzatetto. Nel massacro i razzisti statunitensi utilizzarono persino una decina di aerei da guerra per colpire con bombe incendiarie gli afroamericani colpevoli di aver tentato di opporsi all’ennesimo linciaggio di un giovane accusato, al solito a torto, di aver stuprato una donna “bianca”. Nonostante l’ampiezza del massacro, anche in questo caso nessuno dei razzisti assassini fu condannato. Anzi “il massacro di Tulsa, semplicemente, sparì. Non se ne parlò più, per anni e poi per decenni, gli editori rifiutarono sistematicamente articoli, libri, tesi di laurea” [10].
Questo linciaggio di massa a sfondo razziale è avvenuto appena cento anni fa. Il negazionismo in questo caso è durato circa un secolo. Anche oggi prosegue di fatto il linciaggio, anche se a livello molecolare, degli afroamericani da parte delle forze dell’ordine costituito, che sfruttano il monopolio della violenza legalizzata per mantenere in una posizione subalterna gli ex schiavi. Anche perché ancora oggi “il reddito medio di una famiglia bianca è 189mila dollari, quello di una famiglia nera 24mila” [11].
Occorre, infine, ricordare che il massacro avvenne nello Stato dell’Oklahoma che era appena entrato a far parte degli Stati Uniti a spese della maggiore riserva degli amerindi, sopravvissuti a uno dei più funesti genocidi della storia. Peraltro il suo primo “atto come stato americano fu proclamare la segregazione razziale” [12].
Infine, a proposito di segregazione, in questo caso di genere, da parte della monarchia assoluta più maschilista d’Europa, la (contro)riforma in atto del Codice di diritto canonico della Chiesa cattolica prevede un inasprimento, ossia la scomunica per chi osasse, in nome della parità di genere, – ovvero del pieno riconoscimento della donna come appartenente a pieno titolo al genere umano – ordinare “prete una donna e per la donna stessa” [13]. Mentre “continua a non esserci l’obbligo di denuncia alle autorità civili da parte dei vescovi” [14] dei preti pedofili o che compiono abusi sessuali.
Note:
[1] Marco Cinque, Canada, il genocidio negato dei Nativi riemerge dalle fosse comuni, “Il manifesto” del 02.06.2021.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Roberto Zanini, Tulsa 100 anni dopo: dal massacro dimenticato al Giorno della memoria, in “Il manifesto” del 02.06.2021.
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.
[13] Luca Kocci, Il papa inasprisce le pene, non solo per i pedofili, in “il manifesto” del 02.06.2021.
[14] Ibidem.