Subito dopo il bivio per raggiungere il minuscolo paesino di Saint-Brès, abitato da poco più di cinquecento anime, si imbocca una stradina diretta alla località Les Escoubioux che, nel giro di poche curve, si trasforma in una mulattiera sterrata intenzionata a fiondarsi dritta nella rigogliosa vegetazione ai piedi delle Cevennes.
I boschi si arrampicano sui fianchi delle colline e ci troviamo proprio nello spartiacque alberato fra il dipartimento del Gard e quello dell’Ardeche, quello in cui nacque quel pastore che la leggenda vuole essere stato il fondatore di Avignone.
fig.1 - Vista delle Cevennes
Il cielo plumbeo ci accompagna al nostro paesaggio, un acquazzone si è appena abbattuto su questa terra disabituata all’acqua: Alessandro e Alexandra, che ci accolgono calorosamente assieme alla loro piccola Bianca e presso i quali saremo ospiti per qualche giorno, ci ringraziano di avere portato la pioggia col nostro arrivo e, divertiti ma anche piuttosto seri, ci spiegano come in realtà la zona del Massiccio Centrale sia abbastanza arida e che i momenti di pioggia si trasformano facilmente in violenti nubifragi e poi più nulla per diverso tempo. Questo è il motivo per cui da queste parti i contadini come loro sono letteralmente obbligati ad escogitare efficaci sistemi per raccogliere e conservare l’acqua piovana, altrimenti durante la stagione calda, quando tutto attorno i colori assumono una tonalità grigio-verdastra, qualsiasi coltivazione orto-frutticola rischia di divenire impossibile.
fig.2 - Stagno artificiale per la raccolta di acqua piovana
Questa bella casa di pietra sorge in una radura ricchissima di profumi e di piante di più vario genere, acidofile e carsiche, domate dalle sapienti mani di Alessandro che ha plasmato la natura rigogliosa tutta intorno creando terrazzamenti, orti, un pollaio, un pozzo e uno stagno per raccogliere l’acqua piovana ai fini agricoli, il tutto cercando tuttavia di assecondare la naturale biodiversità e inclinazione del territorio.
fig.3.1 Casa in pietra
fig 3.2 Lavorazioni
Grazie al pozzo, invece, è per loro possibile approvvigionarsi di acqua per tutti gli altri usi domestici, filtrandola con appositi sistemi del tutto naturali a base di carboni e ceramica. L’acqua utilizzata viene poi reimmessa nel ciclo naturale e ciò è possibile grazie al fatto che non vi è l’uso di prodotti chimici che andrebbero a distruggere la flora batterica.
Capiamo immediatamente che quindi questo ammirevole regime di riutilizzo della risorsa più importante che esista, implica anche un approccio improntato alla preservazione e minimamente al consumo, alla salvaguardia, evitando qualsiasi genere di spreco: i detergenti che usano, quando necessario per sgrassare, ad esempio, o lavarsi, sono rigorosamente a base naturale e privi di cloro – che, distruggendo la flora batterica, non consentirebbe una re-immissione in natura grazie all’azione di “pulizia” fatta dai batteri stessi.
fig.4 Api che bevono dallo stagno
fig.5 Sistema di accumulo di acqua piovana
Raccogliere, preservare, non inquinare, armonizzarsi con la natura, questo è il concetto fondamentale del ciclo dell’acqua. C’è un’altra parola, però, altrettanto importante nell’ottica di un nuovo rapporto uomo-ambiente maggiormente sostenibile: riutilizzo. Questa è una parola, o meglio un approccio, applicabile a trecentosessanta gradi nella vita quotidiana: dai prodotti alimentari alle merci di consumo.
Quando la piccola Bianca ci ha accompagnato nell’orto e nel pollaio - mostrando tra l’altro a sua insaputa quanto fosse vera la lezione di Makarenko e di tutta la pedagogia marxista secondo cui la prassi rivoluzionaria dei genitori non può che influire positivamente sull’educazione dei bambini - Alessandro ci ha raccontato come buona parte della realizzazione di queste strutture è avvenuta riutilizzando materiali “buttati”, ma non certamente a fine ciclo, come assi di legno e reti metalliche. Il riutilizzo è una parolaccia per i fautori del consumismo, del ricambio continuo e senza fine di merce dal basso contenuto di lavoro umano e dunque a basso costo – utile per tenere bassi i salari - che presto finiscono nelle discariche o negli inceneritori impattando sull’ecosistema e contribuendo notevolmente al declino del pianeta.
Proprio su questo punto si apre una contraddizione enorme che il capitalismo non può risolvere positivamente: se da una parte sarebbe ragionevole che le merci fossero prodotte in modo ecosostenibile e cioè usando materiali riutilizzabili e duraturi, dall’altra, nell’attuale sistema capitalistico, ciò che conta è tenere alto il rapporto di sfruttamento e le differenze di classe, donde la necessità di tenere bassi i salari e ciò porta alla produzione di merce di consumo qualitativamente sempre più scadente: varrebbe la pena a tal proposito riflettere sul fatto che il capitalismo non sviluppa più le forze produttive sul piano qualitativo-razionale.
fig.6 Serra biodinamica
fig.7 Pollaio itinerante
Razionalizzare l’utilizzo delle risorse naturali per un mondo ecosostenibile non significa ritornare al medioevo ma piuttosto proiettarsi verso il futuro: produrre oggetti e mezzi di lavoro che durano di più affinché non sia necessario produrne a tonnellate, socializzare l’utilizzo dei mezzi di lavoro per ridurre la quantità di mezzi prodotti (e quindi l’energia necessaria alla produzione e l’occupazione di suolo), e aumentarne l’efficienza nell’utilizzo, rinnovare le merci a fino ciclo per re-immetterle in altri cicli di lavoro o poterle smaltire in modo ecosostenibile.
Ovviamente questo ragionamento, del tutto razionale, conduce al concetto della pianificazione sociale ed eco-sostenibile dell’economia che in quanto tale è in opposizione con l’essenza stessa dell’economia borghese che è anarchica ed eco-insostenibile. In una società fondata sulla sostenibilità ambientale anche le più importanti innovazioni tecnologiche sarebbero improntate all’interesse collettivo, prendiamo ad esempio gli algoritmi di statistica avanzata come l’intelligenza artificiale che invece di essere usata per aumentare i consumi personali potrebbe essere utilizzata, con enormi risultati, per pianificare la produzione.
fig.8 pannelli solari per la produzione di acqua calda
Abbiamo preso delle parole come raccogliere, preservare, riutilizzare, pianificare, socializzare e ce ne siamo serviti per raccontare la nostra breve esperienza di vita proiettata in un modello innovativo del rapporto con la natura, concetti magari noti a chi è del mestiere, ma purtroppo ignoti ai molti. Dietro a queste parole ci sono comportamenti e atteggiamenti applicabili già qui ed ora in modo semplice, è possibile entrare in rete con altre persone per socializzare il lavoro e lo scambio di merci, aiutandosi l’un l’altra anche ragionando insieme sul sistema di produzione. Certo, finché si permane nel capitalismo tutto quello che si fa contiene in sé qualche forma di contraddizione. Ma ciò è, con ogni evidenza, del tutto normale.
Purtroppo quando si parla di questi temi anche nel mondo della sinistra radicale si cade nella trappola dell’eccessivo realismo finendo per rimandare tutto ad un futuro non meglio definito e solo “dopo la rivoluzione”. Esercizio teorico assai facile e finanche necessario ma piuttosto infruttuoso sul piano dell’egemonia dove infatti conta maggiormente la praxis. Ovviamente non si nascondono le difficoltà a proiettare in una metropoli comportamenti e modalità che nascono in ambienti rurali ma è altrettanto vero che è solo provando a costruire un mondo nuovo che si comprendono le arretratezze del mondo vecchio. Ancora è da specificare che non vi è dubbio che questi approcci, questi tentativi, questa praxis deve assumere una forma rivoluzionaria e non anarco-individualista, cioè deve trattasi di una prassi collettiva dove la necessità di cambiare il mondo sul piano economico deve poter divenire una necessità politica, cioè uno sforzo collettivo dove lo spirito dell’utopia nel divenire prassi acquista forma reale e forza sul piano pedagogico-egemonico. Esistono delle esperienze di rete in questo campo ma tanti problemi sono ancora da risolvere ed il più importante di tutti è la nuova alleanza tra contadini e operai nell’epoca contemporanea.
Con Alessandro e Alexandra abbiamo discusso di questi temi, del conflitto centro-periferia, dell’attualità della rivoluzione, degli aspetti pedagogici della prassi rivoluzionaria, ma il tempo è stato tiranno e così le ore sono volate lasciando molti temi in sospeso. Il loro progetto è importante proprio perché costruito scientificamente dunque sorge anche per loro un impegno e una contraddizione notevole: espanderla e allargarla per far si che divenga un mattoncino per il mondo che verrà.