II 12 novembre riapre il Parlamento, chiuso da cinque mesi. Luigi Repossi ebbe l’incarico di entrare nell'aula di Montecitorio, dove si commemorava Matteotti da parte di un'assemblea di fascisti e filofascisti, per leggere una dichiarazione il cui cuore era nella seguente affermazione: "Da che mondo è mondo, non è permesso ai responsabili di assassinio commemorare le vittime"…
di Lelio La Porta
Il 21 gennaio ricorre il 94° anniversario della fondazione del Partito Comunista (allora d’Italia, poi Italiano) e il giorno successivo, il 22 gennaio, il 124° anniversario della nascita di Antonio Gramsci, che di quel Partito fu il rifondatore nel corso del III Congresso tenutosi a Lione nel gennaio del 1926. Vogliamo ripercorrere insieme, a beneficio soprattutto delle compagne e dei compagni più giovani, alcune vicende della vita di Antonio Gramsci Segretario del Partito, ed eletto deputato nelle elezioni del 6 aprile del 1924, nel pieno della crisi determinata dall’omicidio di Giacomo Matteotti e in una fase di ripensamento della politica del Partito proprio in conseguenza della novità introdotta nella vita politica italiana, soprattutto nei rapporti fra i Partiti di opposizione, dalla vicenda tragica del deputato socialista.
Nel corso del Cc che si tiene il 13 e 14 agosto del 1924 Gramsci viene eletto Segretario generale del Pcd’I. A settembre, scrivendo a Vincenzo Bianco, ricorda i compiti del partito in quella fase politica italiana segnata dal delitto Matteotti: "Non bisogna però farsi molte illusioni: 1- perché il partito nel suo complesso lavora ancora male e si muove molto pigramente; 2- perché la situazione è ancora nettamente dominata dai fascisti, dall'esercito e dai carabinieri, cioè dal complesso delle forze armate borghesi, alla cui base non si è verificata nessuna disorganizzazione notevole (i fascisti si sono rafforzati relativamente come armamento in questi mesi, appena passata la prima crisi); 3- perché le masse sono terribilmente disgregate e credono che le opposizioni potranno eliminare il fascismo senza una lotta sanguinosa"[1].
Come dirigente presiede diversi Congressi provinciali ("In questi giorni si tengono numerosi congressi provinciali che ci daranno un quadro delle nostre forze e delle nostre capacità di lotta: potremo cosi fissare un programma concreto di lavoro più preciso e sistematico di quanto si sia fatto finora"[2]), tutti svoltisi per lo più illegalmente, fra cui, nell'ultima settimana di Settembre, quello di Napoli ("...la settimana scorsa sono stato a Napoli per il congresso della federazione provinciale..."[3]) dove ricorda a Bordiga, richiamandolo all'unità: "Bisogna ricostituire il centro dirigente sulle basi sulle quali esso fu costituito a Livorno, per lavorare secondo le direttive del Comintern"[4]. Bordiga vince il Congresso e viene eletto segretario della Federazione.
Il 15 ottobre, nel corso della riunione del Cc, Gramsci illustra la proposta dell'Antiparlamento e, nella stessa riunione, si concorda all'unanimità che se ci fosse stato un rifiuto da parte delle opposizioni i comunisti sarebbero rientrati alla Camera[5]. Assente Gramsci, impegnato in Sardegna, è Togliatti a seguire la vicenda soprattutto in relazione alla posizione assunta dal Comintern che non vorrebbe il rientro in Parlamento. II 28 ottobre, sviluppando il suo discorso intorno ad un'analisi puntuale della forza del fascismo e alla sfiducia popolare verso l’Aventino, Togliatti risponde al Comintern: "Siamo pronti a seguire le vostre indicazioni e le vostre disposizioni con disciplina totale, ma... non vediamo come potrebbe essere adottata e applicata una diversa decisione senza con questa modificare tutta la linea che il partito ha tracciato e segue da mesi"[6].
I movimenti di Gramsci, come fa presente nella lettera alla moglie Giulia (18 settembre 1924), sono sempre più sottoposti al controllo della polizia soprattutto dal 12 settembre, ossia dall'assassinio del deputato fascista Casalini: "Occorre essere molto prudenti nei rapporti coi compagni che lavorano negli uffici del partito per evitare la scoperta, il sequestro, e la dispersione degli archivi e delle carte. Dopo la uccisione del deputato fascista Casalini io, che prima ero stato lasciato tranquillo, ho cominciato a essere sorvegliato: in questi giorni fui riconosciuto da un fascista torinese che mi indicò a una compagnia di suoi amici: la polizia, -«per difendermi»-, cominciò a seguirmi, cioè a rendermi difficile ogni movimento e a costringermi a spendere in automobili invece che in tranvai per circolare quando devo recarmi a qualche riunione"[7].
Scrivendo alla moglie il 20 ottobre annuncia l'imminente viaggio in Sardegna ("Tra giorni partirò ancora per la Sardegna ... tutti i miei pensieri e i miei sentimenti sono legati a te, cara, e qui passo in mezzo alla gente accorgendomi solo di ciò che mi interessa, dell'aspetto politico del panorama"[8]) per presiedere il Congresso provinciale del Partito che si terrà, clandestinamente, il 26 in località Is Arenas a Cagliari, fra le saline e Quartu. Ci sono due testimonianze dell'evento: Nino Bruno, il giovane metallurgico delle Costruzioni meccaniche che lo accompagnò ("Gramsci, seduto sotto un albero, fa la relazione. Diceva di Bordiga e poi della necessità di riorganizzare il partito e della propaganda che si doveva fare in Sardegna per convincere i pastori, i contadini e i pescatori a mettersi a fianco degli operai di tutta l'Italia. Segue la discussione, l'unico favorevole a Bordiga era il delegato di Sassari ... Abbiamo finito il congresso alle sei di sera"[9]); Giovanni Lai, uno dei dirigenti più giovani della sezione di Cagliari, che sarà suo compagno di prigionia a Turi di Bari ("Al convegno tenne lui la relazione e la sezione di Cagliari seppe trarre profitto dalle sue indicazioni politiche e di lavoro per far uscire il partito dalla condizione di isolamento in cui si trovava in Sardegna. Il parere unanime dei compagni fu che con un dirigente come lui alla testa del partito le cose sarebbero cambiate profondamente e si sarebbe finalmente imboccata la strada per la costruzione di un partito nuovo, capace di fare politica"[10]). Alle sei di sera terminò il Congresso. Il giorno dopo Gramsci partì per Ghilarza dove si trattenne fino al 6 novembre, giorno della partenza per Roma.
Racconta il soggiorno nella lettera alla moglie del 10 novembre: "... sono rientrato dalla Sardegna da tre giorni ...al mio paese ho giocato a lungo con una mia nipotina di quattro anni [Edmea, figlia del fratello Gennaro] ...mi sono divertito per tre giorni più così che ricevendo le visite delle notabilità del paese, anche fasciste, che venivano a visitarmi con grande sussiego e solennità, congratulandosi dell'essere io... un deputato sia pure comunista. …Ma vennero anche i soci della locale società di mutuo soccorso tra artigiani, operai o contadini, spingendo avanti il loro presidente che non avrebbe voluto compromettere l'apoliticità del sodalizio, e mi posero molte quistioni: sulla Russia, sul come funzionano i soviet, sul comunismo, su ciò che significhi capitale e capitalisti, sulla nostra tattica verso il fascismo ecc. Questa riunione fu molto interessante perché se mi diede la misura dei pregiudizi diffusi, dell'arretratezza del villaggio italiano mi diede anche la prova dell'insofferenza che esiste e dell'immensa forza che esercita la Russia..." [11].
Lo stesso 10 novembre i deputati comunisti presentarono la richiesta dell'Antiparlamento alle opposizioni integrata dal programma comunista: disarmo delle camicie nere, abbattimento del governo, armamento del proletariato, governo operaio e contadino con l'aggiunta dell'idea di uno sciopero antifiscale a cui invitare i contribuenti. La proposta fu respinta.
II 12 novembre riapre il Parlamento, chiuso da cinque mesi. Luigi Repossi ebbe l'incarico di entrare nell'aula di Montecitorio, dove si commemorava Matteotti da parte di un'assemblea di fascisti e filofascisti, per leggere una dichiarazione il cui cuore era nella seguente affermazione: "Da che mondo è mondo, non è permesso ai responsabili di assassinio commemorare le vittime"[12]. La scena sarà descritta in modo egregio da Togliatti in una lettera del 18 novembre al segretariato del Comintern: "Le dichiarazioni del compagno Repossi ... contenevano inoltre la indicazione esplicita della parola d'ordine del partito comunista. Il modo come la Camera fascista le accolse è stato singolare. La parola d'ordine dei fascisti era senza dubbio quella di rispettare il deputato comunista. Sarebbe stato uno scandalo troppo grande se trecento deputati fascisti si fossero scagliati con violenza contro un solo comunista. Il contegno dei fascisti fu però tale da far scorgere quanta era la loro rabbia. Dei deputati si recarono coi pugni tesi presso il nostro compagno Repossi, trattenendosi a stento dallo scagliarsi contro di lui ..."[13]. E che la scure repressiva si sarebbe abbattuta sui comunisti fu dimostrato dagli eventi dei giorni successivi: il 24 a Napoli il compagno Raffaele Perna fu ucciso da un caposquadra della milizia; l'Unità fu sequestrata quattro volte in una settimana; intanto il Consiglio dei Ministri lavorava ad un nuovo e più restrittivo progetto contro la libertà di stampa.
Due settimane dopo il ritorno di Repossi in Parlamento, tutto il gruppo comunista, staccandosi dall’Aventino, tornava in aula.
[1] A. Gramsci, Lettere 1908-1926, a cura di Antonio A. Santucci, Einaudi, Torino, 1992, p. 388. Vincenzo Bianco era un operaio socialista che si era avvicinato giovanissimo al gruppo dell’Ordine Nuovo, partecipando nel 1919-20 al movimento dei consigli di fabbrica e legandosi personalmente a Gramsci. Comunista dalla fondazione del Partito, era arrivato a Mosca nel 1923 e vi aveva ritrovato Gramsci. Diventò intimo della famiglia Schucht (la moglie di Gramsci si chiamava Giulia Schucht) e a lui Gramsci indirizzò molte lettere.
[2] Ivi, p. 385
[3] Ivi, p. 389
[4] Resocontode l'Unità, 9 ottobre 1924 in A. Gramsci, La costruzione del Partito comunista 1923-1926, Einaudi, Torino, 1978, p. 464
[5] In mancanza del testo della relazione al Cc valgano tutte le informazioni ricavabili dalle lettere spedite a firma Gennari, Gramsci e Maffi al Comitato delle opposizioni in Ivi, pp.464-6
[6] Rinascita, 22 settembre 1962
[7] A. Gramsci, Lettere 1908-1926, cit., p. 385
[8] Ivi, p. 392
[9] La testimonianza è in G. Fiori, Vita di Antonio Gramsci, Laterza, Bari, 1966, pp. 213-4
[10] La testimonianza è in Gramsci vivo nelle testimonianze dei suoi contemporanei, Feltrinelli, Milano, 1977, pp. 267-8; ora anche ISKRA edizioni, Ghilarza, 2010, p. 224
[11] A. Gramsci, Lettere 1908-1926, cit., pp. 393-5
[12] G. Fiori, Vita di Antonio Gramsci, cit., p. 218
[13]Rinascita, 29 settembe 1962