La vita dell’artista siciliana dai riflettori alle cause per i diritti degli oppressi. In Messico nel 2003 presso comunità indigena,come osservatrice internazionale dei diritti umani. Gli Zapatisti, i primi ribelli alle politiche neoliberiste. Presidente dell’associazione “Sesto sole” a sostegno delle popolazioni del Chiapas. I suoi idoli: Marilyn Monroe e Che Guevara. Animalista e volontaria presso il canile municipale “La Muratella”. La lotta per difendere le strutture pubbliche da interessi privati.
di Alba Vastano
L’avevo già vista con il suo zainetto e i capelli legati nei cortei a difesa dei diritti dei cittadini e conoscevo il suo impegno per contrastare la chiusura dei canili municipali. Casualmente un compagno mi invita a teatro a vederla nei panni di Marilyn Monroe. Non riuscivo ad immaginarmela nei panni della diva “più mito” di tutte. Curiosa vado a vedere “Marilyn, her words” al teatro “Cometa Off”. L’unica interprete, che è anche l’autrice del monologo, è lei, Loredana Cannata, una delle attrici più espressive del teatro pirandelliano, poliedrica nelle serie Tv, recentemente approdata alle alte sfere del cinema con “Youth” di Sorrentino. La osservo per circa due ore nei panni della donna che dal cinema holliwoodiano è passata al mito per la sua fine misteriosa, che i media, da sempre, hanno attribuito al suicidio.
Loredana la incarna perfettamente e per le fattezze fisiche e per la fragilità, la disperazione e la solitudine che hanno segnato gli ultimi momenti drammatici della sua vita. Resto così affascinata da questa reincarnazione, che al termine della sua performance le offro una rosa gialla e lei mi sorride con gli occhi, luminosissima nella sua parrucca giallo Marilyn, giallo come la rosa che ha fra le mani. Smesso l’accappatoio bianco e la mise intimo di Marilyn è tornata la Lori dei cortei e delle lotte a difesa del ben comune, degli animali abbandonati, della battaglia a difesa del Chiapas. È una compagna e non posso lasciarmi sfuggire un’intervista ad una persona che sento bella “dentro”, come poche.”Sono una giornalista e vorrei intervistarti per il giornale La città futura”. “ Certo, grazie..quando vuoi”. Mi ha ricordato Ascanio Celestini. Non a caso li legano gli stessi obiettivi, non a caso fanno spettacolo entrambi per dar voce a chi voce non ne ha. Perché nessuno si accorge di chi vive ai margini di una società in cui non c’è posto per tutti. E il sole lo vede solo chi ha il potere.
Loredana, raccontami di te, delle tue origini e delle tue lotte per il sociale, contro le politiche neoliberiste che stanno distruggendo la nostra Costituzione
Sono nata a Ragusa il 14 Luglio 1975. La mia data di nascita ha fatto sì che io, fin da bambina, sentissi e pronunciassi la parola rivoluzione! Ma non credo al caso, credo che sia stato un modo attraverso cui la vita ha cominciato ad indicarmi la via. Infatti anche un’altra data, quella del mio onomastico, è significativa: il 10 Dicembre, la giornata mondiale dei diritti umani e, successivamente, anche giornata mondiale dei diritti animali.
Mi piacerebbe diventasse anche la giornata mondiale dei diritti della Natura, cosa che cercherò di proporre quest’anno a Parigi durante le giornate del summit mondiale sul Clima, COP21.
Feci notare queste date e coincidenze a mia madre prima di partire per una manifestazione europea a Bruxelles, nel 2013. Spesso lei è molto preoccupata per la mia incolumità quando partecipo ad alcune mobilitazioni, ma questa riflessione la convinse del fatto che sono nata per fare quel che faccio, e che non posso fare altro, comunque vada a finire.
Come si coniuga la professione di artista, che dai più è considerata simbolo vacuità o di arrivismo all’escalation del successo personale, con le lotte sociali per l’ambiente e a difesa dei canili pubblici. Iniziative che ti vedono in pole position quale fiera sostenitrice di ambientalisti e animalisti
La mia vita continua su questo doppio binario solo apparentemente inconciliabile. In realtà, il mio lavoro di attrice mi permette di parlare ad un pubblico più ampio di cose per me molto importanti ed è quindi un mezzo, un megafono, un riflettore per dare visibilità e forza alle mie battaglie.
Una delle mie prime mobilitazioni fu a 16 anni, quando ancora vivevo a Giarratana, in provincia di Ragusa. Si era deciso che alcuni boss mafiosi dovessero essere trasferiti nei comuni della mia provincia per vivere in regime di semi libertà.Ragusa era una zona con poche attività mafiose e l’intera comunità si ribellò a questo progetto che avrebbe difatti portato la mafia nel territorio.
Io partecipai attivamente alle mobilitazioni, occupando il comune, costruendo cartelli nella falegnameria di mio padre, pagando con pessimi voti in condotta per le mie assenze da scuola per andare alle manifestazioni. Negli anni successivi mi dedicai a realizzare il mio sogno di diventare attrice, e non era poca cosa da fare, e il mio impegno civico, pur continuando, non era assiduo.
Fu il 20 Luglio del 2001 a svegliarmi. Sarei voluta andare a Genova per il G8, ma per una serie di cose ero rimasta a casa e seguivo tutto da lì. Ora dopo ora, vedendo quello che stava succedendo, montava in me una enorme rabbia, e poi dolore e lacrime, e singhiozzi davanti a Carlo morto sull’asfalto. Ebbi un’improvvisa e dolorosa presa di coscienza: quel ragazzo, e tutti gli altri, erano per strada a combattere, a rischiare, a morire, e io ero a casa davanti alla televisione… Fu uno shock che mi svegliò. Da lì a poco entrai a far parte attivamente del Movimento alter-mondialista accanto ai Disobbedienti, partecipando ad azioni e mobilitazioni sia Italia che all’estero e, con tutti i dovuti cambiamenti, è ancora l’area a cui oggi sono collegata
Per quali lotte e finalità si connota l’associazione “Sesto sole” di cui sei presidentessa. E come e da dove nasce il tuo interesse per le comunità indigene nel Chiapas
Volevo individuare una “causa” da seguire in modo più stretto e scelsi gli Zapatisti perché la loro lotta aveva ispirato il mondo intero, erano stati loro, sollevandosi nel ’94, a cominciare a ribellarsi al neo liberismo. Sostenere la loro idea e il loro modo di fare politica e di costruire, effettivamente, un pezzetto di mondo diverso significava, per me, sostenere il cambiamento globale. Sono andata in Chiapas la prima volta nel 2003 e ho vissuto in una piccola e giovane comunità indigena come osservatrice internazionale dei diritti umani. La comunità riceveva quotidianamente la visita del governo e dell’esercito per convincerla a spostarsi da un’altra parte. Tornata in Italia promossi e ottenni, dopo più di un anno e decine di consigli comunali, un gemellaggio, un Patto di Fratellanza tra i 12 comuni della provincia di Ragusa e 72 comunità indigene ribelli zapatiste della zona di Palenque. Per loro era molto importante avere un riconoscimento politico da parte di un’istituzione straniera, per ribadire al governo messicano la loro esistenza e dignità.
In seguito, ho creato l’associazione, “Sesto Sole”, insieme al fotografo e antropologo Massimo Tennenini, per portare avanti un progetto di sostegno alle suddette comunità.
La regione Lazio, nel suo assessorato per la cooperazione tra i popoli, ci diede un piccolo finanziamento con cui abbiamo costruito otto Case di Salute (una sorta di ambulatorio con annessa una piccola farmacia), riattrezzato una piccola clinica, sostenuto il progetto di sanità dell’associazione di medici Sadec e finanziato corsi per promotori di salute (infermieri in grado di fornire un primo soccorso e gestire le Case di Salute).Abbiamo anche realizzato un documentario “L’alba del Sesto Sole”, che racconta come le comunità zapatiste stiano a tutti gli effetti costruendo la loro autonomia, senza più aspettare che il governo onori impegni e patti stipulati, e come la nostra associazione collabori con la loro lotta in un rapporto orizzontale di basso per il basso.
Abbiamo concluso il progetto nel 2010, la crisi economica mondiale non ha reso possibile reperire altri fondi, ma stiamo valutando una nuova collaborazione in tempi e modi da definire, in seguito al duro attacco del 2014 in cui perse la vita il compagno Galeano e in seguito al quale Marcos ha cambiato il suo nome in Subcomandante Galeano, facendo anche un passo indietro come portavoce della lotta zapatista.
Torniamo alla tua professione. Come nasce l’amore per il teatro e per la recitazione in genere. Attrice si nasce o si diventa anche a seguito di storie e occasioni personali fortuite
Fin da piccola sapevo cosa volevo fare. A 7 anni trovai una piccola foto di Marilyn Monroe e me ne innamorai, non sapevo neanche bene cosa fossero i film, il cinema, ma da quel momento comincia a sognare di diventare un’attrice.Lo dicevo a tutti e tutti mi dicevano che era impossibile, così smisi di dirlo, ma non smisi di sognare. Ero una bambina solitaria e infelice, la mia è stata un’infanzia difficile, ma questo mi ha permesso di capire ed empatizzare col dolore altrui.
Già da piccola, guardando un cartone animato ambientato durante la rivoluzione francese, la Stella della Senna, sognavo di combattere le ingiustizie e difendere i più deboli. Molti anni dopo ricollegai la stella bianca sul basco blu della Stella della Senna alla stella sul basco di Che Guevara.
Fin da bambina, quindi, ho avuto due stelle che mi hanno dato ispirazione e forza, e continuano a farlo: Marilyn e Che Guevara.
Ed oggi al teatro Cometa con Marilyn. Intendevi rispolverare un mito della bellezza dello star system? O hai scelto d’interpretare la Marilyn angosciata e disperata negli ultimi momenti della sua vita per colpire i poteri forti del sistema politico americano di allora, che sono rimasti impuniti?
Ho deciso di scrivere ed interpretare un monologo su Marilyn usando solo ciò che lei disse e scrisse di se stessa perché volevo ringraziarla, darle voce e verità. Dopo la sua morte tanto, troppo è stato detto, ma pochi ancora riescono ad andare oltre le apparenze e capire che creatura intelligente, sensibile e tormentata fosse.Io volevo mostrare il suo lato più intimo e profondo, la sua poetica e struggente fragilità, che doveva affrontare un mondo tanto maschilista quanto miope e spietato.
Volevo raccontare la sua estrema lotta per sopravvivere ad un passato terribile, che le aveva lasciato insicurezze insormontabili, e volevo raccontare la sua fatica, che un po’ è anche la mia, nel vivere in un mondo troppo spesso frivolo e superficiale.Volevo raccontare come un bambino che non è stato amato porti dentro di sé, e per sempre, una voragine incolmabile.
Sono certa che Marilyn non si sia uccisa, come lo sono quelli che hanno indagato a fondo su questo caso, e basterebbe anche un solo dato per provarlo: come ci dice il referto ufficiale dell’autopsia, la quantità di veleno trovata nel suo sangue avrebbe ucciso decine di uomini, se l’avesse ingerita sarebbe morta prima di assorbire tale quantità, è quindi evidente che le fu iniettata, probabilmente per iniezione sotto l’ascella. Da subito apparirono evidenti tentativi, riusciti, di manomettere e insabbiare prove e colpe, ad opera di poteri molto forti che riportavano ai Kennedy. Indagini recenti hanno rafforzato e comprovato questa tesi: Marilyn è un’altra vittima del Potere, ma anche vittima di una vita tragica fin dai suoi inizi.
Infine, da militante, cosa pensi della sinistra radicale europea oggi? Quali i movimenti, ad oggi più propedeutici alla nascita di una rinnovata sinistra e in quali paesi europei. Grecia, Spagna e Italia, dopo delusioni e fallimenti della Siryza di Tsipras, saranno ancora in grado faranno sentire ancora la loro voce per tentare di debellare le politiche neoliberiste e antidemocratiche che stanno avanzando e radicandosi a ruota libera in tutti i paesi europei?
Divento triste quando penso a come sia sparita la sinistra nel nostro Paese, e ancora fatica a tornare con forza e seguito! Guardo con curiosità e speranza a Podemos, consapevole comunque che le altre esperienze possono fare da ispirazione, ma è poi sul territorio e tra la gente che deve rinascere una vera sinistra. Certo, stiamo vivendo un attacco globale particolarmente feroce che ha come scopo quello di cancellare diritti, privatizzare tutto, togliere forza e speranza, metterci gli uni contro gli altri, ma ho sempre pensato che ogni male porti con sé anche grandi possibilità.
Penso che le nuove sfide economiche e climatiche (che, come dice Naomi Klein nel suo ultimo libro “Una rivoluzione ci salverà”, non sono affatto disgiunte, ma aspetti dello stesso problema, il sistema e la mentalità capitalistica) siano una grande opportunità per fare l’unico cambiamento che può portarci alla salvezza, cioè fare un cambio radicale del nostro modo di vivere sulla Terra. Questo significa inventare nuovi modi di partecipazione, smettere di delegare, cambiare le nostre abitudini alimentari ed energetiche, difendere e riprendere il concetto di pubblico, lottare per impedire la privatizzazione di ambiti vitali che mai e poi mai dovranno diventare profitti (servizi, acqua, diritti).
Sei un un’animalista doc. Come ti stai muovendo a difesa e sostegno dei canili pubblici, come quello della Muratella a Roma?
La difesa dei canili pubblici da interessi privati che stiamo portando avanti in questi giorni a Roma, ad esempio, significa prima di tutto tutelare il benessere degli animali in essi custoditi, ma significa anche difendere l’importante concetto di pubblico: ad un privato interessa fare profitti e, per farlo, riduce al minimo le spese per “gestire” gli animali, incurante dei loro bisogni di sgambare, passeggiare, di essere curati ed alimentati nel migliore dei modi, il bisogno di essere adottati ed uscire da quelle gabbie, che dovrebbero essere solo un momento di passaggio. Ci stiamo abituando e rassegnando alle privatizzazioni, è una strada pericolosissima, ma per impedirla ci vuole un impegno in prima persona, ci vuole partecipazione. Io sono volontaria al canile comunale della Muratella, ovviamente il mio intento è aiutare i cani, ma in questo modo aiuto anche il comune a garantire questo servizio pubblico, così sono, a tutti gli effetti, una volontaria del Comune.
Credo che ognuno dovrebbe scegliere un ambito e fare la propria parte, su uno o più fronti: un mondo diverso lo si fa rimboccandosi le maniche in prima persona!
Negli ultimi anni ho deciso di dedicare le mie forze soprattutto ai diritti animali, perché queste creature, sensibilissime e martoriate, sono quelle che più hanno bisogno di essere difese e che più lo meritano. Sono davvero gli ultimi tra gli ultimi, i senza voce, che, quotidianamente, subiscono violenze, prigioni, torture e uccisioni. Ci sentiamo sempre vittime del Sistema e dei poteri forti, ma non ci accorgiamo che noi stessi siamo carnefici e spietati mandanti nei confronti di esseri senzienti che subiscono atrocità solo in base ad un concetto di diversità ed inferiorità che nei secoli scorsi ha giustificato schiavismo e sessismo. Chiediamo ai potenti di cambiare e poi siamo i primi a non saperlo e non volerlo fare.
Sono diventata vegana da più di 3 anni e ho scoperto come questa scelta sia un atto di amore rivoluzionario concreto, che cambia davvero il mondo.Vivere Vegan significa prima di tutto fermare questo olocausto animale che soffoca il mondo con la loro paura, sofferenza e morte, ma significa anche tutelare il Pianeta e il clima, visto che gli allevamenti e il consumo di carne sono tra i maggiori fattori di inquinamento ed impoverimento del Mondo. Inoltre, finalmente lo ammettono sempre più esperti, non mangiare nulla che derivi dagli animali è un atto di amore verso noi stessi e la nostra salute.Diventare vegani significa davvero cambiare il mondo e mi fa un po’ rabbia e tristezza il fatto che tanti attivisti impegnati su diversi fronti non riescano a fare questo passo, mentre appunto continuano a chiedere ad altri di cambiare rotta.
Progetti artistici per il futuro?
“I prossimi impegni lavorativi riguardano la regia di un cortometraggio di cui sarò anche interprete.
Intanto, su Rai 1, è in onda una serie tv “Questo è il mio paese” in cui interpreto un capitano dei Ros, quindi dell’antimafia. È un personaggio che amo e che mi somiglia, perché mosso da ideali di giustizia e dal coraggio di realizzarli”.
Lori, la ragazza con lo zainetto nei cortei, militante in Chiapas, sul set con Sorrentino, in Tv capitano dei Ros, in teatro con Pirandello e Marilyn. Un animo fiero e libero che non si piega a compromessi e che non ha paura di dire la verità. Che lotta per la giustizia e per difendere i diritti degli oppressi, di chi non ha voce, degli ultimi fra gli ultimi. Una vera compagna. Per questo oggi è qui, fra le “pagine” di questa testata. Non poteva che essere così.