Pensare alla resistenza da questo cubicolo di stanzetta è ostico. La Resistenza è davvero un'esplosione architettonica di spazi e dolori e lancinanti vittorie. È un estendersi fino ai limiti estremi della propria coscienza, oppure un tuffo nell'angustia del fratricidio. Torniamo a questa stanzetta. Penso ad un resistente di prima categoria come fu Aldo Braibanti. Arrestato due volte, una delle quali a Villa Triste, a Firenze, tra le grinfie di quel criminale di guerra che fu Mario Carità. Torturato e poi rilasciato tornò ad impegnarsi nella resistenza con Giustizia e Libertà, segnato nella mente e nel corpo. Si laureò in filosofia: fu studioso di Spinoza e Giordano Bruno. Passò poi in forze al PCI.
Dopo la guerra fu attivo funzionario comunista, responsabile del settore giovanile, mi pare. Poi lasciò tutto, scrisse una lettera al Comitato Centrale in cui dichiarava la propria inadeguatezza al ruolo di funzionario. Si dedicò alla ceramica e alle formiche. Come Nabokov fece scienza della passione per le farfalle così lui fece per le formiche. Ne divenne studioso accanito. Mirmecologia, si chiama così quella scienza. La ceramica non fu che un aspetto della versatilità del suo ingegno vocato all'arte. Non sto qui a dire della sua produzione artistica, filmica, drammaturgica, letteraria in senso ampio. Fu amico e collaboratore di Carmelo Bene, per dirne solo uno: perché in effetti fu conosciuto e apprezzatissimo da tutta l'intellettualità italiana del dopoguerra.
Nel 1964, nel novembre, Braibanti viene arrestato. Perché, secondo l'accusa, ha plagiato un giovane ventiquattrenne, Giovanni Sanfratello. Chi muove l'accusa è il padre del giovane, che si appella ad una legge fascista, vecchia di più di trent'anni, all'epoca: legge che verrà abrogata nell'ottantuno, con sentenza della Corte Costituzionale. Ma nel sessantaquattro è purtroppo ancora in vigore. Quella costituita da Braibanti e da Sanfratello è una coppia omosessuale come quelle che oggi si incontrano molto frequentemente, e a parte i cromagnon fascisti, nessuno può commentare alcunché. Vivono insieme, come è normale che sia per una coppia. Si tratta di un quarantenne e di un venticinquenne. Non siamo fuori dalla norma, se norma ci può essere. Ma Braibanti sarà condannato a nove anni di galera, poi ridotti a sei in appello, poi ulteriormente ridotti a due per il suo passato da partigiano. Solo gli intellettuali scenderanno in campo per lui: Umberto Eco, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Elsa Morante, Marco Bellocchio - a onor del vero anche il Partito Radicale di Marco Pannella si farà sentire. Marco Pannella ne ricaverà anche un processo per calunnia.
Piace qui ricordare che Sanfratello, nonostante i ripetuti elettroshock a cui sarà sottoposto (più di venti), chiuso in manicomio, non riconoscerà mai di essere stato plagiato; tra le misure assurde che saranno adottate nei suoi confronti c'è il divieto assoluto di leggere libri che abbiano meno di cento anni, per dire. Dopo aver scontato la condanna, Aldo Braibanti si ritirerà sempre più in sé stesso. Non smetterà di produrre capolavori di cui qui non è il caso di parlare. Morirà indigente, protetto dai quindicimila euro di reddito garantiti dalla Legge Bacchelli, a 91 anni, nel 2014.
Ho cercato di raccontare la storia di un partigiano vero, un combattente disposto a morire per la sua gente. Uno che ha avuto meriti infiniti per la cultura del suo Paese e che ha patito la galera fascista non meno della galera democristiana. Il venticinque aprile del quarantacinque non finì niente. Perché i soliti fascisti ricoprirono le stesse cariche di prima. Giudici, Prefetti, Militari, Giornalisti, Prelati, Politici. E quel che è peggio, il fascismo continuò ad essere pane quotidiano della cultura - tutta - di questo irriconoscente Paese.
Siamo tutti Aldo Braibanti.