Dopo che il 29 novembre 1947 l’assemblea generale dell’Onu aveva approvato il piano di spartizione della Palestina le cose precipitarono abbastanza rapidamente. Il piano fu accettato dagli israeliani e rifiutato dai leader arabo palestinesi e dei paesi arabi della regione compreso il non confinante Iraq. Nella realtà gli israeliani avevano ben altre intenzioni. La dirigenza dell’Haganah aveva mire territoriali che andavano oltre le terre che l'Onu gli aveva assegnato. Militarmente gli israeliani si erano preparati a non solo conquistare più terra ma ad eliminare la divisione in enclave tra nord e sud del territorio che l'Onu aveva assegnato ad Israele. Per questo fine le forze israeliane, divise in unità combattenti dotate di armi provenienti dagli arsenali europei, allora non censiti del tutto e quindi utilizzabili da chi avesse avuto le possibilità di farlo, si erano schierate su tutto il territorio della Palestina. Questi raggruppamenti armati erano in tutto dieci. Comandati da ufficiali che avevano combattuto nella nella legione ebraica accanto agli inglesi.
Disposizione delle forze israeliane sul terreno
L’esercito israeliano era disseminato sul tutto il territorio della Palestina sia sulla zona che l'Onu aveva assegnato alla parte ebraica, sia nella zona dove avrebbe dovuto sorgere lo stato arabo palestinese. Ciò era potuto avvenire perché le truppe inglesi in ritirata lo avevano consentito, non avevano invece consentito ai paesi arabi circostanti di inviare truppe in Palestina. Le forze prettamente arabo palestinesi, pochi gruppi e male armati non potevano reggere il confronto con un esercito organizzato armato con le più moderne armi del tempo e guidato da ufficiali che avevano acquisito una valida esperienza nella seconda guerra mondiale al seguito dell'esercito inglese.
Delle dieci Brigate israeliane tre erano schierate nella zona di competenza palestinese; esattamente la brigata Shiva stava a sud della città di Hulda, la brigata Harel stava poco fuori Gerusalemme e la brigata Etzioni stava nella parte nuova di Gerusalemme. Il resto delle sette Brigate erano disposte a difesa del territorio assegnato dall’ONU a partire dalla brigata gli Yefta schierata a nord per bloccare il prevedibile attacco siriano. Brigata Carmeli stava schierata a nord di aifa con lo scopo di impossessarsi fin dai primi giorni di guerra di tutta la zona a sud del Libano che non era che non era stata assegnata ad Israele. Sulla costa stavano invece risposte le due Brigate denominate Kyriati e Alexandroni che coprivano tutto il territorio costiero da Giaffa ad Acri. Più a sud stava la brigata Givati il cui compito era attaccare da nord Gaza. A due Brigate erano stati assegnati due compiti strategicamente vitali per il nascente stato di Israele. Il più importante era stato assegnato alla brigata Golani, l'unità di élite del nuovo esercito israeliano, che avrebbe dovuto aprire la strada è collegare le due enclave del dello Stato ebraico, come l'aveva concepito l'Onu e creare la continuità territoriale necessaria alla vita del nuovo paese. Invece a sud alla brigata Ha Neguev era stato riservato il compito di avanzare nel deserto del Neghev e prendere l'importantissima cittadina di Beeesheva. Il comando strategico dell'esercito era esercitato non da un militare professionale ma dal primo ministro e ministro della Difesa Ben Gurion che a detta degli stessi ufficiali israeliani poco sapeva di logistica e combattimento sul terreno. Questo causò non poche sconfitte tattiche perché Ben Gurion ordinava attacchi insensati e non accettava dinieghi quantunque ben motivati e necessari per non avere ulteriori perdite di personale militare.
La situazione militare degli eserciti arabi
Nel campo arabo la situazione era estremamente delicata, Ai quattro paesi confinanti con la Palestina si erano aggiunti i soldati arabi del corpo di spedizione irachene. In questo campo mancava l'unità di comando perché in una tempestosa riunione dei capi politici dei paesi arabi si era arrivati addirittura a una rottura fra i vari paesi che non accettavano che il comando il capo toccasse al re di Giordania Abdullah. Solo con difficili mediazioni si giunse a una unità operativa solo apparente, nella realtà ogni paese operò secondo le proprie direttive e mai in coordinamento con gli altri, anche se dopo faticose trattative fu stabilito un piano d'azione comune diviso per fronti. Il giorno dopo la proclamazione dell'indipendenza di Israele le forze arabe si misero in movimento secondo un sommario piano dell’alto comando interstatale. Le pressioni nel comando interforze spinsero il governo libanese a prendere parte all’attacco con un ambizioso obiettivo: prendere la città di Acri. Nella realtà le contenute e male armate forze libanesi non si spinsero mai in profondità nel territorio palestinese. Di contro la brigata israeliana Carmeli tra il 16 e 17 maggio occupò Acri. I libanesi si limitarono a piccoli scontri e scambi di fuoco tra le artiglierie nelle aree di confine. L'obiettivo delle truppe libanesi e la partecipazione alla guerra si ridusse a poca cosa. Il Libano sarà il primo paese arabo a firmare un accordo di armistizio con Israele.
L’armata siriana condusse una serie di operazioni da nord anche partendo dal territorio libanese dal quale l'esercito di Beirut aveva sgomberato. Il primo obiettivo siriano era la colonia ebraica di Safad, difesa da forti contingenti israeliani. Ma l’obiettivo più importante per i siriani era Nazareth nella quale i volontari palestinesi resistevano ancora agli attacchi israeliani.
Il corpo di spedizione iracheno attraversò il fiume Giordano e si diresse a sud del lago di Tiberiade verso le colonie ebraiche di Gesher e i villaggi circostanti, come obiettivo ultimo aveva la conquista della piana di Israel.
L'armata Giordana si divise in due grossi gruppi il più piccolo attraverso il Giordano presso il ponte Cheik Hussain a 15 km dalla città di Barisan che il 12 maggio era stata occupata dagli israeliani. Questo movimento avvenne in coordinamento con gli iracheni. Simultaneamente la parte più grande dell'esercito avanzò verso Jenin.
Quello che era l'esercito arabo più forte e ben addestrato, il contingente egiziano, si morse lungo la litoranea del Sinai raggiunse e superò Gaza diretto a Tel Aviv. Armata egiziana era sufficientemente forte per minacciare Tel Aviv e attirare forze ebraiche verso la costa nel poi tentativo di di isolare il negev e costringere Le forze israeliane costringere le forze israeliane lì presenti ha un ritiro verso nord. Le forze egiziane si fermarono a circa 30 km da Tel Aviv, fermate dalla resistenza israeliana particolarmente accanita. Nella zona centrale del paese, il piano originario prevedeva la conquista di Jenin e l'indebolimento delle brigate israeliane dislocate nella zona. Questo piano era stato concordato tra i paesi arabi alleati durante una riunione interforze presieduta dal re Abdallah di Giordania. Tuttavia, il comandante delle forze irachene, Ismāʿīl Ṣafwat, che aveva collaborato con ufficiali della Wehrmacht durante la rivolta anti-inglese in Iraq nel 1941, si mostrò molto pessimista sulle possibilità di vittoria araba. Quando venne a sapere che re Abdallah aveva modificato unilateralmente il piano senza consultare gli alleati e aveva puntato su un nuovo obiettivo – la città di Jenin – Ṣafwat si dimise in segno di protesta.
Questo improvviso cambiamento di strategia complicò i combattimenti nella zona centrale e fu probabilmente tra le cause della sconfitta araba. La decisione del re Abdallah mise in difficoltà le forze siriane e il corpo di spedizione iracheno, rallentando i loro movimenti e coordinamento. Sembra che la responsabilità di questo cambio di piano sia attribuibile agli ufficiali britannici presenti in Giordania. Infatti, anche il primo ministro britannico Ernest Bevin avrebbe esercitato pressioni sul re affinché modificasse il piano iniziale.
Questa nuova strategia, voluta da Abdallah, allentò la pressione sulle forze israeliane che circondavano Gerusalemme. Prima di allora, le truppe israeliane avevano tentato di raggiungere Gerusalemme per ben sei volte senza successo, subendo perdite considerevoli. La variazione del piano da parte del re giordano favorì indubbiamente gli israeliani, facilitando i loro movimenti nella regione.
Gli Israeliani in quei giorni avevano subito delle sconfitte tattiche, spesso ciò era dovuto agli errori non dei comandanti sul terreno ma del comandante in capo ben gurion. Il presidente israeliano si era riservato a sé ogni decisione strategica e movimento tattico. Il suo obiettivo era conquistare più territorio possibile oltre la spartizione dell'onu e raggiungere Gerusalemme ad ogni costo. Le forze israeliane poi riuscirono a fermare i progressi dell’esercito egiziano nei pressi di Ashdod, che divenne una linea di demarcazione provvisoria tra le due forze. Questo risultato stabilizzò le difese israeliane nel sud, impedendo agli egiziani di avanzare ulteriormente verso Tel Aviv. Successivamente fu rotto l'assedio egiziano a nord del Negev e furono espulse le forze egiziane da quest’area. Beersheba e diverse altre località nel Negev furono prese e si aprì un corridoio di accesso al deserto del Negev.
Le truppe siriane trovarono inizialmente poca resistenza e riuscirono a entrare in alcune aree, ma incontrarono difficoltà logistiche e tattiche e furono respinte dalle forze di difesa israeliane, meglio organizzate. Tra le prime zone a subire attacchi siriani ci fu la località di Malkiyya, situata vicino al confine settentrionale, che venne occupata dalle forze siriane. Tuttavia, gli israeliani la riconquistarono poco dopo, per poi perderla nuovamente il 6 giugno a seguito di un contrattacco siriano, supportato da un battaglione libanese. Questo contrattacco permise alle forze combinate siriane e irachene di respingere gli attacchi israeliani al centro del Paese. Tra i comandanti siriani presenti nella zona c'era il noto Fawzi al-Qawuqji, veterano della rivolta araba del 1936-1939.
Nel suo diario di guerra, Ben Gurion evidenzia che l'obiettivo principale, se non l'unico, del comandante in capo dell'esercito israeliano era la conquista totale della città di Gerusalemme. L’ostacolo principale alla presa di Gerusalemme era rappresentato dalla Legione Araba, che, come già descritto, era ben organizzata e potente dal punto di vista militare. Tra le forze israeliane dislocate nella Cisgiordania e intorno alla Città Santa, vi era anche la cittadina di Latrun, presidiata saldamente dalla Legione Araba e da volontari palestinesi che difendevano i contrafforti di Gerusalemme. Le forze israeliane nella zona erano comandate dal colonnello ebreo-americano David Marcus, mentre il capo delle forze arabe era Habis al-Majali, un uomo deciso a resistere agli attacchi israeliani.
Tra la fine di maggio e i primi di giugno, gli israeliani tentarono sei volte di attaccare Latrun, senza successo. Gli ultimi quattro attacchi non furono ordinati dal comandante sul campo, David Marcus, ma voluti direttamente da Ben Gurion, che, ignorando i consigli del suo comando, decise di lanciare le forze israeliane in una serie di assalti fallimentari. Solo aggirando la posizione, gli israeliani riuscirono parzialmente a rifornire gli ebrei e le forze che difendevano i quartieri ebraici di Gerusalemme. Vista l’impossibilità di prendere la Gerusalemme storica Ben Gurion si rassegnò ad una tregua per raggruppare le forze sparse sul terreno e riprendere l’offensiva.
Dal versante arabo la situazione non era molto positiva. Le forze arabe non erano state capaci di penetrare in zone del tutto arabe ma in mano agli israeliani. Solo una testa di ponte in queste zone era stata creata dai siriani all'incirca vicino la colonie ebraica di Mishmar Nella zona nord del lago di Tiberiade. Nessun territorio assegnato ad Israele era stato occupato dagli eserciti arabi. I siriani erano stati respinti a Degania a sud del lago di Tiberiade, non molto meglio avevano fatto gli iracheni fermati presso Gesher. Gli egiziani superata Gaza avevano percorso poche decine di chilometri ed erano ben lontani da Tel Aviv. Solo i Giordani potevano vantare delle vittorie nello specifico essi avevano conquistato i quartieri ebraici di Gerusalemme è tenuto un caposaldo strategico a Latroun. A questo punto L'Inghilterra gioco la sua carta a favore di Israele e mise un embargo sulle armi fornite agli arabi, embargo che fu disastroso perché gli eserciti arabi avevano prevalentemente armamento britannico. L'embargo ebbe pochissimo impatto sull'esercito israeliano perché esso contava aiuti a rifornimenti da tutta Europa e in special modo dalla Francia.
In campo israeliano la situazione era positiva. Ben Gurion fece una relazione alla Knesset, dove disse tre importanti punti, il primo era il compiacimento per aver respinto gli attacchi degli eserciti arabi, il secondo la capacità che l'esercito israeliano aveva mostrato in tutte le operazioni svolte e, in ultimo, si compiacque per la fuga degli arabi dai villaggi occupati dai soldati israeliani aggiungendo che questa fuga non lo aveva sorpreso. In questo discorso egli accennò alla possibilità di creare uno stato cristiano libanese al confine nord del fiume litani come cuscinetto per eventuali attacchi arabi dal nord.
Una ripresa delle operazioni militari si ebbe fin dal mese di luglio quando gli israeliani cominciarono a perfezionare il loro controllo della litoranea e dei territori della Cisgiordania che ancora controllavano. L'operazione più importante di questo periodo e l'operazione Dani voluta fortemente da Ben Gurion. L’operazione ebbe successo nel suo obiettivo principale: Lydda e Ramla caddero sotto il controllo israeliano, e questo permise di consolidare il corridoio tra Tel Aviv e Gerusalemme. Glub Pasha capo della legione araba, inglese con ambigui rapporti con israeliani e arabi, annotò nelle sue memorie che si era accorto della errata disposizione sul terreno della legione araba e aveva informato re Abdullah e il capo di Stato maggiore arabo giordano, data la sua ambigua posizione non ascoltato e gli israeliani conquistarono la zona centrale del Paese, potenziando la capacità di rifornimento e il supporto logistico per Gerusalemme.
Ormai la vittoria era saldamente nelle mani degli israeliani. In tutto il mondo, si svolgevano trattative intense per porre fine alla guerra e raggiungere accordi tra Israele e gli Stati arabi. Tuttavia, Ben Gurion era convinto di poter ottenere ulteriori successi militari, e i fatti sembravano dargli ragione.
Verso la fine del 1948, Ben Gurion ordinò l'attacco contro le forze egiziane nel Sinai, avanzando in ogni possibile territorio della Palestina. Questa determinazione israeliana non fu ben vista dalle grandi potenze dell'epoca. L'Inghilterra minacciò Israele: in virtù di un vecchio trattato del 1936, avrebbe difeso l'Egitto se gli israeliani avessero oltrepassato i confini egiziani. Anche il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, inviò a Ben Gurion una lettera in tono fermo, sollecitandolo a cercare la pace.
Gli israeliani, però, arrestarono le loro operazioni soltanto dopo aver accerchiato nel Negev le ultime forze egiziane ancora presenti nel sud della Palestina.
Questo episodio, di per sé molto significativo, meriterebbe un'analisi più approfondita. È infatti in questo contesto che Gamal Abdel Nasser, vicecomandante delle forze egiziane, maturò un’avversione profonda verso Israele e il movimento sionista. Tale esperienza contribuì a definirlo come uno dei più accaniti oppositori dello Stato israeliano negli anni a venire.
Nei mesi successivi Israele firmò degli accordi o di pace o di tregua con i paesi arabi confinanti, era ormai nato lo stato d’Israele presto il mondo si sarebbe accorto della sua aggressiva esistenza e gli arabi avrebbero pagato caro per generazioni la sconfitta subita in quella guerra. La guerra Ehi era già segnata fin dall'inizio perché dei circa 60 milioni di dollari depositati nelle banche palestinesi oltre 50 milioni erano in mano a ebrei residenti è solo meno del di 10 milioni agli arabi. Ne conseguiva che il budget di un villaggio arabo era un decimo dello stesso villaggio israeliano.
Bibliografia:
Walid Khalidi, 1948 la premiere guerre israelo-araba, Institut des Etudes Palestinnies, 2013
Noam Chomsky, Riflessioni sul medio oriente, Einaudi, Torino 1976
Martin van Creveld, La spada e l’ulivo, storia dell’esercito israeliano, Carocci. Roma 2005
Edward Said, La tragedia palestinese, Gamberetti, Roma 1992
Eugene L. Rogan, Avi Shalaim, The War for Palestine: Rewriting the History of 1948 (Cambridge Middle East Studies
Sitografia:
https://www.jewishvirtuallibrary.org/
https://www.palestine-studies.org/
https://www.fattiperlastoria.it/questione-palestinese/