Continua dalla terza parte.
I primi tre secoli della colonizzazione portoghese furono relativamente “tranquilli”, a partire dal secolo XIX la situazione mutò radicalmente: la concorrenza tra portoghesi e olandesi per la vendita della canna da zucchero produce la rovina della colonia e la fine dell'alleanza tra classe dominante coloniale e classe dominante portoghese. I conflitti sociali crescevano in relazione alle rivolte degli schiavi, che creavano le loro prime riserve (quilombos) e tra consumatori e produttori, visto l'alto costo delle merci importate. La crescente intromissione del potere pubblico portò alla distinzione tra portoghesi nati in Portogallo e coloni a livello di diritti, esacerbando i già forti conflitti tra metropoli e colonia. La metropoli sempre di più costituiva una limitazione dello sviluppo della colonia a causa delle imposte coloniali, del monopolio del commercio e dell'incapacità di gestire il commercio. Ma le varie rivolte che si determinarono non avevano la forza di condurre la lotta per l’emancipazione senza lo sviluppo di due imprescindibili condizioni: l’indebolimento della metropoli e l’unione dei proprietari nella colonia.
Ma il secolo XIX è anche il secolo della rivoluzione industriale a livello internazionale: della supremazia del capitale industriale su quello commerciale e dello sviluppo della produzione industriale a scapito della manifattura. La rivoluzione industriale cominciò con il tessile e poi si allargò ad altri campi, col cotone che prese nel frattempo il posto della lana. La grande diffusione dell'oro, derivante dalle scoperte minerarie, produsse la possibilità di aumentare l'uso delle monete e permise un'accelerazione dello sviluppo economico.
Questo sviluppo, che a livello internazionale si faceva sempre più capitalista, richiedeva la fine delle aree chiuse e dei monopoli commerciali. E, soprattutto, nuove relazioni di produzione che produssero anche in Brasile nuove classi sociali col progressivo tramonto delle classi sociali legate al modo di produzione precedente [1]. La borghesia si sviluppa nelle aree di insediamento del capitale industriale mentre nelle aree dedite alla produzione delle materie prime per l'esportazione si produce il passaggio dal sistema schiavistico a quello feudale. Nel frattempo, la colonia cominciava a creare un suo proprio mercato e il ruolo di intermediazione nel commercio svolto dalla corona portoghese diventava sempre più anacronistico. Lo sviluppo industriale inglese basato sull'industria, infatti, creava un attrito sempre più forte con i paesi della penisola iberica (Portogallo e Spagna) ancora legati al modo di produzione feudale che si manteneva attraverso lo sfruttamento delle colonie. La contraddizione tra signori e schiavi era crescente in Brasile, ma gli schiavi non riuscirono a imporre la fine della schiavitù; la rivoluzione francese creò i presupposti ideologici per una discussione su una transizione a un nuovo sistema politico anche in Brasile, ma la classe dominante non aderì perché ciò avrebbe intaccato eccessivamente i suoi interessi.
Perché lo sviluppo economico in senso capitalistico fosse possibile, dunque, era necessario eliminare il ruolo di intermediazione della corona, che limitava lo sviluppo e alzava i costi di circolazione e liberare gli schiavi. Ma mentre sul primo punto c'era accordo tra la classe dominante coloniale e la monarchia inglese, sul secondo punto no; il lavoro in schiavitù costituiva il principale fattore concorrenziale delle esportazioni brasiliane e rinunciarvi avrebbe portato a una diminuzione consistente dei guadagni. L’assenza di un reale sviluppo industriale, infatti, impediva il passaggio dal lavoro in schiavitù a quello “libero” (salariato). Dunque, l’accordo fu trovato nell'eliminazione del monopolio commerciale mantenendo temporaneamente il lavoro in schiavitù. Essendo però il commercio l'unico fattore che teneva insieme colonia e metropoli tale accordo poneva le basi per l’indipendenza del Brasile.
Le contraddizioni inerenti allo sviluppo di questo processo sono interne ed esterne. Per quel che riguarda le prime dobbiamo considerare che in Brasile all'inizio del secolo XIX la composizione delle classi era grossomodo la seguente: proprietari di terra e di schiavi, classe “media” ( piccoli e medi proprietari, funzionari pubblici, militari ecc.), lavoratori non schiavi (principalmente servi, ma anche piccoli gruppi di salariati) e schiavi. La contraddizione principale era ovviamente quella tra proprietari e non-proprietari dei mezzi di produzione; ma i lavoratori “liberi” non avevano forza sufficiente per organizzarsi. Era interesse di quest'ultimi la fine della schiavitù, allo stesso modo di come era interesse dei proprietari mantenerla, i quali mantennero anche l'egemonia durante il processo di indipendenza.
Per quanto riguarda le contraddizioni esterne, invece, bisogna sottolineare la forte influenza degli avvenimenti europei, in particolare della guerra commerciale tra la Francia di Napoleone e l'Inghilterra. Per quest’ultima era necessario rompere il blocco commerciale che tentava di imporgli la Francia napoleonica e assicurarsi un alleato nella penisola iberica (l'alleato sarà la corona portoghese), per la Francia era necessario mantenere il blocco commerciale. In questo conflitto si inserì il Brasile, interessato a rompere il monopolio del commercio da parte della corona portoghese la cui rottura favorisce l'aumento delle esportazioni brasiliane mentre le guerre napoleoniche conducono al trasferimento della corona portoghese da Lisbona a Rio de Janeiro e lo sviluppo di una salda alleanza commerciale Portogallo-Inghilterra.
Il processo di indipendenza brasiliano si sviluppa in modo molto differente da quello nordamericano. Le rivoluzioni borghesi dell'Europa influenzarono almeno parzialmente il processo di indipendenza brasiliano, sorsero infatti molti movimenti per la repubblica, essendo però sconfitti. Il monopolio commerciale nel frattempo veniva rotto, i porti brasiliani vennero aperti stabilendo una tassa unica per l'accesso. Ma l'alleanza commerciale con l'Inghilterra, cominciata ufficialmente con l'accordo di Strangford del 1810, che poneva il Brasile più come mercato di produzione che di consumo, era volta inoltre a difendere il dominio della famiglia Bragança sulla corona e a mantenere il controllo inglese sul commercio brasiliano.
Il trasferimento della corte portoghese in Brasile produsse modificazioni molto profonde sul piano commerciale e amministrativo. Le possibilità di sviluppo economico erano però limitate dai trattati sottoscritti con l'Inghilterra, ne seguirono numerose rivolte per l'indipendenza dalla corona portoghese. La fine delle guerre napoleoniche e del blocco commerciale contribuirono allo sviluppo del processo di indipendenza; la rivolta liberale in Portogallo del 1820 produsse il ritorno della monarchia in patria, la fine dell'assolutismo e la Costituzione portoghese del 1822. Ma il “liberalismo” portoghese non aveva nessuna intenzione di perdere il controllo della sua colonia più importante, all'interno della quale si creano due schieramenti per l'indipendenza, uno di destra e l’altro di sinistra: il primo disponibile ad un'indipendenza senza rotture brusche con la metropoli ed il secondo convinto di poter rompere con la metropoli facendo affidamento sull'alleanza con le borghesie europee, in particolar modo con quella inglese. Sarà la “sinistra” ad avere l'egemonia del processo, che si svolse in una fase di forte sviluppo del capitalismo in Europa.
Il conflitto con la corona portoghese cominciò ufficialmente con la dichiarazione di indipendenza proclamata il 7 settembre 1822 e si concluse dopo alcuni anni di conflitti il 29 agosto del 1825, con il trattato di amicizia tra Portogallo e Brasile nel quale in cambio del riconoscimento portoghese dell'indipendenza, il Brasile si impegnava a pagare i debiti della corona e a firmare un trattato di libero commercio con l'Inghilterra, per il suo ruolo mediatore svolto durante il conflitto. Per non alterare la struttura economico-sociale, l'indipendenza si realizzò mantenendo la schiavitù e la monarchia (il primo monarca brasiliano sarà il principe Don Pedro I). Ma la classe dominante brasiliana si trovò subito di fronte a grandi problemi da affrontare: il blocco commerciale aveva infatti ridotto di molto le esportazioni (in particolare del cotone), creando un pesante deficit nella bilancia dei pagamenti.
La crisi economica, derivata dalle riparazioni da pagare alla corona portoghese per farle accettare l'indipendenza, portò a mantenere in alcune zone la schiavitù in altre alla regressione a forme più o meno velate di servitù feudale [2]. Lo stato centrale non disponeva di un esercito in grado di controllare la totalità del territorio e utilizzava la marina per reprimere le varie rivolte locali, che dimostrano l'esistenza di contraddizioni tra le varie frazioni della classe dominante. Ma la contraddizione più grande rimaneva la questione della schiavitù, che opponeva la classe dominante brasiliana e le borghesie europee: il costo della manodopera “schiava” era relativamente basso, il problema erano i costi di trasporto derivanti dalla politica di embargo che alcuni paesi (prima tra i quali l'Inghilterra) mettevano in atto.
Dal punto di vista amministrativo alla prima fase di de-centralizzazione ne seguì una di ri-centralizzazione, creando conflitti anche all'interno della classe dominante. Questi conflitti erano determinati dalla decisione su chi dovesse pagare il prezzo di una struttura centralizzata, la classe mercantile non voleva pagare i costi, obbligando le altre classi a pagarlo. La soluzione fu trovata con l'alleanza tra classe dominante autoctona e borghesie europee sulla base del liberoscambismo e dei prestiti, che finirono per aggravare il problema dell'indebitamento del paese nei confronti dell'Inghilterra.
I conflitti che si verificano in Brasile sono la dimostrazione dei conflitti all'interno della stessa classe dominante. La frazione dominante dipende dalle epoche, durante l'epoca del blocco commerciale ad esempio era la classe dei proprietari di canna di zucchero nel Nord-Est del paese. In ogni caso si rendeva necessario per lo sviluppo economico aumentare le esportazioni, ne seguì la ricerca di un nuovo prodotto con basso costo iniziale e alto guadagno potenziale: il caffè. Le risorse per lo sviluppo vennero dal declino dell'economia mineraria, sia in ambito economico che a livello di manodopera (diminuzione degli schiavi) e mezzi di trasporto (da intendere come animali da traino). Il caffè permise al Brasile di uscire progressivamente dalla dipendenza esterna e di ridurre il deficit commerciale e sarà l'elemento di maggiore impulso a livello di accumulazione originaria per il successivo sviluppo industriale, principalmente nello Stato di San Paolo.
Note:
[1] Lo sottolineiamo ancora una volta perché il ritenere che il capitalismo sia un modo di commercio e non di produzione porta a credere che il Brasile fosse dotato di una sua borghesia già nel XVI secolo e non come sosteneva Sodrè(affermazione che condividiamo) che la borghesia sorge solo con lo sviluppo del capitale industriale e dunque nel corso del XIX secolo.
[2] Tale passaggio, denominato da Sodrè “regressione feudale” è molto rilevante. In un paese arretrato come il Brasile il progressivo abbandono del lavoro in schiavitù non produsse spesso il passaggio a forme di lavoro “libero” (capitalistico) per l'assenza della cosiddetta “accumulazione originaria” necessaria allo sviluppo del capitale industriale, ma piuttosto condusse allo sviluppo di forme feudali o semi-feudali, come ad esempio la mezzadria (soprattutto in agricoltura).