La visione del mondo dialettica di Eraclito
Eraclito, nato a Efeso a inizio V secolo a. C., è soprannominato l’oscuro in quanto fa compiere un passaggio decisivo allo sviluppo del pensiero umano rompendo con il senso comune.
I molti dormienti e i pochi svegli: la critica alla democrazia
Di contro alla demagogia populista democratica, Eraclito denuncia che gran parte degli uomini sono incapaci di andare oltre le apparenze e di cogliere cos’è davvero il mondo e la legge razionale che lo governa. Costoro, rimanendo alla superficie, vivono come in un sogno, sono dei dormienti, anche se sembrano svegli, proprio perché non vanno oltre l’opinione soggettiva. Mentre sono pochi gli individui, ovvero i filosofi, che riescono a essere davvero svegli, ossia a capire come stanno oggettivamente le cose, che vanno in profondità e sanno ascoltare il logos, la ragione e posseggono quel sapere specifico che conduce alla verità. Perciò conferire il potere alla maggioranza vorrebbe dire conferire il potere “a chi sta dormendo”.
La riflessione interiore, la natura profonda delle cose e la visione del mondo
Il vero filosofo per Eraclito abbandona l’ingannevole mondo del senso comune e delle apparenze di cui si nutrono i più, preferendo riflettere in solitudine, scandagliando con acume la propria anima, che essendo priva di confini offre il campo a una ricerca senza fine. Il vero filosofo è colui che, a differenza degli antichi maestri di sapienza come Omero e della loro attitudine a raccogliere moltissimi dati in modo sconnesso, invece di vagare alla superficie delle cose, ne indaga la natura profonda. Il filosofo è colui che sa elevarsi a una veduta complessiva del mondo, ponendosi in antitesi rispetto ai cultori delle tecniche e delle discipline particolari, prigionieri di un’ottica parziale. Il vero filosofo segue una condotta di vita indipendente dalle predilezioni degli uomini volgari. Mentre i più secondo Eraclito pensano solo ai bisogni primari, mangiare, riposare, fare sesso, ecc. i migliori mirano non alle cose passeggere, ma alla gloria immortale.
Fuoco e logos
Eraclito mostra che tutte le cose sono esposte al cambiamento incessante. Tale continuo mutarsi della natura non procede in modo disordinato e casuale, ma obbedisce a una legge che governa tutto ciò che esiste: il Logos.
Il logos è la ragione, la legge generale, universale e unica del cosmo. È l’armonia e l’ordine cui obbediscono sia il mondo naturale che la legge umana; è la ragione umana che comprende la razionalità che regola il cosmo; è il discorso razionale che esprime il vero assetto della realtà.
Il logos è sia la legge interna del mondo, un principio oggettivo, sia la ragione che la comprende e il linguaggio che la esprime, un principio soggettivo.
Divenire e conflitto
Eraclito parte dall’osservazione che tanto il pensiero umano quanto i fenomeni naturali si svolgono nel tempo, e pertanto sono entrambi sottoposti al cambiamento e al divenire.
Il logos stabilisce che nessuna cosa possa mai rimanere identica a se stessa, ad esempio “nello stesso fiume non è possibile scendere due volte”, perché da una volta all’altra è cambiato il fiume e siamo cambiati noi”. Ogni cosa muta in continuazione, nulla persiste identico, “tutto scorre” (panta rei). D’altra parte, il logos stabilisce anche come debba avvenire questo cambiamento. Il cambiamento deve svolgersi attraverso il conflitto (polemos) di elementi tra di loro opposti.
La vita come lotta e conflitto
Per Eraclito l’armonia del mondo non risiede nella conciliazione dei contrari, nel raggiungimento di una “morta quiete”, ma nel mantenimento conflitto. La vita è lotta e opposizione. Eraclito ritiene che se venisse meno il conflitto, come sperato da Omero, verrebbe meno l’universo stesso.
L’unità degli opposti
Tuttavia, il conflitto non è da intendersi come contrapposizione assoluta, bensì come una relazione tra elementi apparentemente opposti, ma in realtà profondamente interconnessi, ovvero l’unità degli opposti. Questa interconnessione fa sì che ogni cosa:
1) finisca per trasformarsi nel suo opposto, ad esempio il vivente nel morto, il dormiente nello sveglio, il giovane nel vecchio;
2) presupponga il proprio opposto, non posso conoscere l’una se non conosco l’altra, ad esempio conosco la salute in relazione alla malattia, la fatica in relazione al riposo;
3) presenti in sé il suo contrario, ad esempio come fa notare Eraclito: “una è la stessa via all’in su e la via all’in giù”;
4) è diversa a seconda dei punti di vista, ad esempio la stessa acqua marina è imbevibile per gli uomini e ricca di nutrimento per i pesci.
Conflitto incessante e ordine razionale
Quindi elementi apparentemente antitetici si rivelano aspetti complementari di un unico flusso che è il divenire stesso. In questa prospettiva tutta la realtà risulta dominata da un conflitto incessante, ma allo stesso tempo pervasa da un ordine razionale: l’armonia tra i contrari che regola il fluire delle cose.
Le cose e il pensiero che le rispecchia sono in sé contraddittori
Altro aspetto importante è il superamento del principio di identità di Parmenide: per Eraclito le cose non sono vere e reali nella loro individualità (vita=vita; morte=morte; A=A), ma nella loro unità che è anche opposizione. Eraclito scopre quindi la contraddizione che vi è nella realtà che si riflette anche nel pensiero, in questo senso è il primo pensatore dialettico.
L’universo come dio-tutto e l'anti creazionismo
Eraclito identifica dio con l’universo, quale mutamento continuo e unità di tutti i contrari. Il dio-tutto che comprende in sé ogni cosa è eterno. Perciò l’universo non è stato creato dagli dèi, ma da sempre è.
I FISICI PLURALISTI:
La filosofia parmenidea impone il rigore scientifico all’indagine naturalistica
La filosofia di Parmenide sconvolge come un vero e proprio terremoto il modo di accostarsi all’indagine naturalistica, dimostrando che non sarebbe stato più possibile condurre la ricerca intorno alla natura con i metodi dei filosofi ionici. Il principio fondamentale di tutte le cose non può essere una sostanza che si trasforma in qualche cosa che prima non era, questa sostanza deve essere al riparo dal non essere, deve avere la caratteristica dell’immutabilità. Gli eleati avevano risolto la questione considerando apparenze ingannevoli le cose che osserviamo.
La necessaria sintesi tra Parmenide ed Eraclito
La sfida per i filosofi del V sec. consiste nel trovare un principio che soddisfi il requisito dell’immutabilità, ma al tempo stesso riesca “a salvare i fenomeni” ovvero a rendere ragione della varietà di cose e del loro cambiamento osservabili in natura. Si tratta in sostanza di sintetizzare Parmenide con Eraclito, il principio immutabile con l’eterno divenire delle cose, reintegrare le osservazioni che derivano dall’esperienza nel metodo razionale.
I fisici pluralisti e il superamento del dualismo fra verità e apparenza
I fisici pluralisti del V sec. ipotizzarono che a fondamento della natura vi sia una pluralità di elementi: per Empedocle le radici, per Anassagora i semi e per Democrito gli atomi. Così se Parmenide aveva dimostrato l’assurdità del nascere e perire, in quanto l’essere (il vero) non può esser nato o morire, Empedocle, Anassagora e Democrito sostengono che il nascere e perire del mondo fisico sono solo apparenti, in quanto ogni mutamento è dato dall’aggregazione e scomposizione degli elementi primi, che sono eterni e sempre identici. Ciò che muta sono i fenomeni che derivano dal loro comporsi e scomporsi. Tali cambiamenti non sono irrazionali, ma riconducibili alle leggi immutabili dei princìpi. Non vi è dunque più opposizione fra verità e apparenza, ma ristrutturazione della verità in modo da farne il principio della generazione e, quindi, della spiegazione dell’apparenza. Non c’è più opposizione fra il livello superiore dei princìpi e il piano inferiore della realtà empirica, in quanto il divenire fisico deriva dai princìpi. I princìpi sono come i colori semplici con cui la natura come il pittore compone l’infinita varietà dei fenomeni. Ciò consente di spiegare razionalmente i fenomeni empirici, riducendoli, con opportune procedure logiche, ai princìpi da cui derivano. Certo, gli elementi violano altri requisiti che gli eleati avevano imposto all’essere, in particolare quello di unità e immobilità, ma per i fisici pluralisti ciò non intacca l’essere degli elementi.
Il pluralismo fisico rispecchia il pluralismo del mondo greco e delle classi sociali
I fisici pluralisti appartengono a un clima culturale comune, favorito dagli scambi commerciali e dal coalizzarsi delle città greche contro l’impero persiano. Le teorie di questi filosofi si formano in un contesto storico costituito da una pluralità di città, ciascuna con la sua storia e le sue istituzioni, che interagiscono tra di loro, cooperano ma anche si fanno la guerra. All’interno delle stesse città, l’attività politica si caratterizza per l’interagire di una pluralità di opinioni, spesso contrastanti: è il modello ateniese della democrazia, che si impone nella Grecia del V sec. come principale forma di governo.
Una pluralità di elementi che interagiscono generando nuovi assetti
Il modo in cui i fisici pluralisti concepiscono la natura – una pluralità di elementi che interagiscono tra loro generando nuovi assetti e situazioni – presenta una significativa analogia con il funzionamento della società greca del V sec. D’altra parte, il rapporto natura-società interessa questi filosofi, che indagano anche le caratteristiche degli esseri umani e la loro capacità di conoscere e agire, la loro tendenza a unirsi in società.
Empedocle e la necessità di salvare i fenomeni
Contro il disprezzo aristocratico Empedocle mostra la razionalità del nostro mondo
Nato ad Agrigento in una ricca famiglia, Empedocle è indagatore inesausto dei fenomeni naturali, medico abilissimo, poeta e riformatore religioso. Della sua opera in versi abbiamo frammenti volti a una spiegazione razionale della natura e altri volti a una riforma della religione a partire dal pitagorismo. Nella prima metà del V secolo in Sicilia vi sono forti conflitti interni di natura sociale ed esterni a causa dell’espansionismo cartaginese. La nostalgia per un passato più sereno assume facilmente la forma mistica dell’aspirazione a un rinnovamento generale del mondo. Grande oratore, Empedocle si fa interprete di tali aspirazioni divenendo capo del partito democratico. Contro il rifiuto aristocratico di riconoscere validità al nostro mondo, Empedocle si sforza di mostrarne la razionalità. Al contempo denuncia l’ingiustizia del mondo esistente e auspica il ritorno a un’età di pace e armonia.
L’armonia universale quale fine
Dal pitagorismo Empedocle riprende una concezione dell’anima come demone divino condannato a trasmigrare in corpi diversi. La salvezza dell’anima dal ciclo delle reincarnazioni è il portato di una vita di continua purificazione dell’anima dalla contaminazione corporea. Empedocle è fautore di un ascetismo pitagorico e della dottrina della non-violenza, è vegetariano e contrario alla violenza sugli animali. Così quando gli è offerto il governo della città rifiuta. Preferisce attraversare la Sicilia per diffondere il suo messaggio etico-religioso. Empedocle nelle forme del linguaggio religioso indica il cammino mediante cui l’anima può realizzare il desiderio di armonia universale che la fisica presenta come una sua fondamentale legge.
I quattro elementi naturali e le due forze che li mettono in movimento
Ogni fenomeno deriva da mescolanza e separazione di 4 elementi materiali: aria, acqua, terra e fuoco, che sono eterni, sempre identici a se stessi secondo la lezione di Parmenide. Sono divisibili e ogni particella conserverà le stesse proprietà qualitative dell’elemento cui appartiene. Il nascere e perire è solo apparente. La realtà, quale aggregazione e disgregazione delle radici, è pensata in analogia al pittore che dipinge ogni cosa mescolando i colori fondamentali. Al suo posto nella realtà vi sono due forze: amore e odio. L’amore come unisce gli uomini, aggrega le radici, l’odio mette in contrapposizione gli uomini in partiti e classi contrastanti e porta a rompere l’unità e a separare le 4 radici.