Le ragioni di una controstoria del Medioevo

Una controstoria della filosofia e della storia resta necessaria per portare avanti la lotta per l’egemonia nella società civile contro la classe dominante. La storia e la filosofia del XIII e XIV secolo ci insegnano che dalla comune rovina delle classi in lotta non deriva necessariamente un regresso della civiltà, ma possa prodursi l’ascesa di una terza classe, sotto diversi aspetti intermedia fra le prime due.


Le ragioni di una controstoria del Medioevo

Per la rivoluzione, in particolare in Occidente, dove è estremamente sviluppata la società civile, è essenziale conquistare al blocco sociale egemonizzato dai subalterni gli intellettuali. La maggioranza della popolazione, addetta a lavori manuali, non pensa con la propria testa, ma con la testa degli intellettuali. Così conquistando questi ultimi, sarà possibile spostare dalla propria parte anche le masse non intellettuali. Spostare queste ultime molecolarmente sarebbe impossibile. A questo scopo diviene fondamentale sviluppare una visione del mondo indipendente e antitetica a quella dominante. A questo scopo, dal momento che per spiegare qualcosa bisogna conoscerne la storia, una concezione autonoma di quest’ultima è la prima cosa. A questo scopo è necessario sviluppare una concezione materialistica della storia. Dall’altra parte, per dotarsi anche dell’altrettanto decisivo materialismo dialettico, indispensabile per orientarsi e agire indipendentemente dall’ideologia dominante, vi è bisogno di una filosofia marxista, per acquisire la quale ci vuole una controstoria della filosofiaDunque, per poter conoscere nel modo più scientifico possibile il proprio mondo storico in funzione di una sua radicale trasformazione vi è bisogno di una storia e di una filosofia autonome dalle ideologie dominanti, cioè marxiste. Un’epoca è storica in quanto è il prodotto di tutta la storia precedente. Anche capire la filosofia, implica conoscerne la storia. Una comprensione scientifica del proprio mondo, implica una comprensione filosofica. Quindi, per conquistare alla propria causa gli intellettuali tradizionali e i pochissimi intellettuali organici bisogna disporre di una visione del mondo alternativa e decisamente più convincente della dominante. A questo scopo è prioritaria una conoscenza storica e filosofica, con anche quest’ultima declinata in senso storico. Ancora più importante è formare gli intellettuali organici al blocco sociale subalterno che, per essere realmente autonomo, deve essere egemonizzato dal proletariatoDunque, per conquistare gli intellettuali necessari e, in modo particolare, gli indispensabili intellettuali organici bisogna essere in grado di formarsi i propri e di incidere sulla formazione degli intellettuali a opera del blocco sociale al potereDel resto per esercitare l’egemonia sulla società civile, necessaria per portare avanti quella guerra di posizione così indispensabile alla rivoluzione in occidente, occorre, fra le casematte fondamentali da conquistare, assumere, almeno parzialmente, la capacità di direzione dei luoghi funzionali alla formazione. Peraltro, anche per conquistare le altre fondamentali casematte, dai mezzi di comunicazione, ai sindacati, ai partiti etc. risulta fondamentale essere dotati di una comprensione storica e filosofica della realtà autonoma e superiore a quella della classe dominante. A tali scopi diviene essenziale avere una propria scuola e università, dove sia possibile apprendere in primo luogo la storia e la filosofia della propria parte e dal proprio punto di vista politico-sociale. Si tratta, dunque, di imparare a padroneggiare la propria filosofia della storia e la propria storia della filosofia. Allo stesso modo, occorre partecipare alla lotta per l’egemonia nei luoghi di formazione (della forza lavoro) dello Stato borghese. A tale scopo diviene indispensabile elaborare una propria storia della filosofia e filosofia della storia.

Per tale motivo anche quest’anno i corsi dell’Università popolare Antonio Gramsci riprenderanno i propri lavori proprio riproponendo un corso dedicato a elaborare una storia della filosofia e una filosofia della storia dell’intellettuale collettivo, sempre con lo scopo ultimo di superare la separazione fra intellettuali e lavoratori manuali. Ci si potrebbe domandare perché tornare a proporre un corso sul Medioevo. In realtà si tratta di portare avanti il lavoro iniziato negli anni passati e, più nello specifico, di concludere il lavoro dell’anno scorso dedicato alla controstoria del Medioevo, analizzando gli ultimi due secoli di questa epoca in senso stretto, cioè il tredicesimo e quattordicesimo secolo.

Bisogna in ogni modo contrastare l’ideologia dominante, che pretende che sia necessario spiegare non solo la filosofia, ma persino la storia non da un punto di vista storico. In tal modo si mira a mettere fuori gioco, nel modo più rapido, la prospettiva scientifica del materialismo storico, per passare alla mera propaganda ideologica apologetica dell’esistente. Inoltre i due secoli presi in esame nel nostro corso non sono stati così bui come l’ideologia dominante borghese ci vorrebbe far credere. Per quest’ultima il modo di produzione capitalista sarebbe il modo naturale e, quindi, l’unico possibile o, quantomeno, auspicabile. Così non solo non lo si definisce un modo di produzione, ma non si parla nemmeno di capitalismo. Perciò, la borghesia tende storicamente a presentare il Medioevo come un coacervo di secoli oscuri. D’altra parte più aumenta la crisi dell’attuale modo di produzione e più la classe dominante tende a divenire reazionaria, fino a rivalutare in un’ottica rovescista proprio i secoli precedentemente presentati come bui. Naturalmente tanto il rifiuto di questi secoli quanto la loro apologia è da contrastare. Si tratta, al contrario, di comprendere criticamente i tratti storici e filosofici di questi secoli quel tanto che necessita una piena comprensione del nostro mondo storico in funzione di una sua trasformazione in senso rivoluzionarioPerciò, cercheremo in sette incontri di toccare quegli aspetti decisivi che la classe dirigente e dominante del nuovo mondo, se intende davvero divenire tale, dovrà conoscere. Del resto, si tratta di un momento storico particolarmente attuale in quanto si tratta dell’ultima epoca storica dell’umanità, per diversi aspetti affine alla nostra, in cui un modo di produzione entra, dopo aver raggiunto il proprio massimo sviluppo, in una fase storica di agonia e lenta decomposizione. In altri termini, come allora il mondo feudale inevitabilmente moriva sempre di più, ma il nuovo mondo borghese stentava decisamente ad affermarsi, oggi viviamo in un’epoca in cui il capitalismo ha raggiunto o è in procinto di raggiungere il suo massimo sviluppo, ma il modo di produzione socialista stenta ancora moltissimo ad affermarsi.

In tale delicatissimo frangente storico è essenziale da una parte non perdere le speranze semplicemente perché i primi (necessariamente primitivi) tentativi di costruire una società socialista sono stati, per lo più, sconfitti. Né naturalmente si deve scadere nell’autofobia di chi pretende di fuggire dalla propria storia, per non fare i conti con il proprio, necessariamente, “tragico” destino. D’altra parte, bisogna anche rifuggire la “naturale” tendenza a fare di necessità virtù, spacciando dei complessi tentativi di costruire – anche perché non c’erano migliori alternative reali progressiste – un capitalismo di Stato, per quanto governato da un partito che si richiama al comunismo, con una società di transizione, cioè socialista. Peggio ancora non si può arrivare a credere che il comunismo sarebbe un’inutile utopia del passato e che l’unica alternativa al capitalismo sarebbe un capitalismo di Stato presentato come socialismo, magari del XXI secolo o con le caratteristiche di una qualche via nazionale.

Peraltro, come vedremo studiando e riflettendo collettivamente sui punti più significativi e ancora oggi attuali di questi due secoli, sempre nell’ottica del materialismo storico e dialettico, come ricordavano già Marx ed Engels, il conflitto sociale può portare o alla vittoria della classe subalterna con la transizione verso un nuovo modo di produzione o può produrre la rovina comune di entrambe le classi in lotta. Nel caso specifico, come già nel caso della crisi del mondo antico, cioè del modo di produzione schiavistico, l’impossibilità e/o incapacità degli schiavi di conquistare il potere, edificando un superiore modo di produzione, ha prodotto la rovina congiunta delle classi in lotta, cioè dei padroni di schiavi e degli schiavi, qualcosa di simile sembra succedere, come vedremo analizzando questi due secoli, dopo la crisi del modo di produzione feudale. Sia i grandi proprietari terrieri che i servi della gleba o, più in generale, i contadini più o meno dipendenti, dal momento che questi ultimi non sono riusciti a conquistare il potere creando un modo di produzione superiore, hanno finito con il vivere la tragedia storica della rovina comune fra le classi in lotta. Anche oggi rischiamo di rivivere un momento storico del genere dal momento che la vecchia classe dominante, la grande borghesia è sempre più in crisi e il proletariato, guidato dalla classe operaia non è ancora stato in grado di conquistare il potere e di affermare un modo di produzione superiore a quello esistente, almeno in modo duraturo. Da questa rovina comune delle classi in lotta – l’alta borghesia sempre più in crisi di sovrapproduzione e la classe operaia come avanguardia del proletariato che, al momento, è stata sconfitta nel suo assalto in cielo – non può che derivarne un complessivo regresso della civiltà, a meno che non finisca con l’affermarsi, come già dopo la crisi del modo schiavistico antico e del modo di produzione feudale una terza classe sociale, in qualche modo intermedia fra le due in lotta, come la classe dei signori nel medioevo e la classe borghese nel mondo moderno. È proprio con la progressiva affermazione di questa terza classe – a discapito della rovina comune delle due precedenti in lotta che, dopo un secolo come il quattordicesimo che sembrava annunciare un nuovo lungo regresso della civiltà umana – abbiamo avuto tre secoli di gestazione del mondo moderno borghese con il quattrocento e l’umanesimo, il cinquecento con il Rinascimento e la riforma, il seicento con la rivoluzione scientifica. Oggi, dinanzi alla comune rovina di grande borghesia e proletariato in lotta, si potrebbe immaginare l’affermazione in parte già in atto di una classe di funzionari statali, come previsto da Hegel, o di burocrati seconda la tradizione troskista, o di classe media secondo la vulgata dominante, o di tecnici secondo l’ideologia positivista, o di dirigenti pubblici nel caso si affermasse il capitalismo di Stato di contro alla crisi del capitalismo tradizionale, privato, e dei tentativi di realizzare una società socialista.

24/08/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Renato Caputo

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: