Sabato 18 novembre, al Teatro Italia di Roma, alla convocazione del collettivo dell’ex OPG occupato Je So’ Pazzo hanno risposto i lavoratori garantiti, i precari, gli attivisti, gli studenti. Uomini, donne, giovani, anziani, italiani e stranieri che non vogliono rassegnarsi, come ha detto il segretario del Partito della Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo, “ad essere rappresentati da Bersani o da D’Alema”. Concetto ribadito anche dall’eurodeputata Eleonora Forenza che seppellisce il cadavere del Brancaccio sottolineando come “non si potesse costruire nessuna reale alternativa con forze come MDP che hanno votato tutto, con forze che hanno sostenuto la modifica dell’art. 81 della costituzione sul pareggio di bilancio”.
“E non poteva che essere così, dal momento in cui MDP, con D’Alema e Bersani sono quelli che ancora oggi rivendicano la guerra, rivendicano le liberalizzazioni, e quei dispositivi che hanno massacrato le classi popolari in Italia e all’estero” aggiunge Carmine Tomeo, redattore del nostro giornale nonché quadro politico di Rifondazione, il cui intervento dal palco riproponiamo sotto forma di articolo.
Ma non solo di Italia si è parlato nella sede dell’ex dopolavoro ferroviario e che ha lanciato la parola d’ordine “potere al popolo”. Se vogliamo cambiare lo stato di cose presenti dobbiamo rompere quella “gabbia che parte da Bruxelles e arriva fino alle amministrazioni comunali” e che funziona, come dice Sergio Cararo di Eurostop, come “un pilota automatico implacabile”. E ancora, “la miglior amministrazione comunale, il miglior governo possibile, come successo in Grecia, se non rompe questo meccanismo non ha i margini di manovra per fare le politiche sociali”. Insomma, è l’Unione Europea, aggiunge Mauro Casadio della Rete dei Comunisti, “che ha avviato tutta una serie di processi di carattere economico, sociale, produttivo che sta portando ad aumentare le diseguaglianze”.
Il capitale, però, non usa soltanto l’Unione Europea per attuare i suoi intenti criminali ma anche la NATO. “La NATO è il nostro padrone che ci porta solamente a guerre, morti e distruzione in tutto il mondo”, dice Nicolò Monti del Partito Comunista Italiano. Fino “alla vendita degli schiavi in Libia, di cui, come paese, siamo vergognosamente complici. La NATO al nostro paese costa 80 milioni di euro al giorno e quando poi chiediamo la sanità, l’istruzione, il lavoro, i soldi per i precari, i soldi per i poveri: i soldi, magicamente, non ci sono mai. Uscire dalla NATO dev’essere la nostra priorità”.
In questo contesto, Luca dei Clash City Workers di Roma, non nasconde la portata dell’evento: “abbiamo visto che si era aperta una voragine a sinistra e abbiamo tremato di fronte al baratro di una campagna elettorale monopolizzata dalla destra e ci siamo detti buttiamoci”. Ma per non ripetere l’errore del Brancaccio non basta “coinvolgere le organizzazioni politiche e le realtà dell’associazionismo e dei movimenti, le realtà sindacali di base e l’area di opposizione ed i settori critici che ci sono in CGIL”, dice Nando Simeone di Sinistra Anticapitalista. Serve, soprattutto, “lanciare una lista antiliberista e anticapitalista”.
L’anticapitalismo. Questo il collante minimo, l’unica risposta seria ai problemi del paese. Presto bisognerà parlare di programmi e poi anche di candidature e non sarà facile tenere insieme le contraddizioni e le “prime donne” che pure esistono e che erano presenti al teatro Italia. E dunque, per quanto agli occhi di gran parte del proletariato i partiti lì presenti abbiano perso da tempo ogni legittimazione per via di scelte scellerate che li hanno condotti ai minimi in termini di iscritti, prestigio e capacità di analizzare la fase, vale comunque la pena di ricordare, con De Andrè, che “dal letame nascono i fiori, dai diamanti non nasce niente.
Sicuramente niente di buono può nascere da quei montanari (con la m minuscola) che si ostinano a rifugiarsi tra le braccia del boia, cacciando per la seconda volta, ignorandoli, i giovani del teatro Italia, per fornire “una risposta seria e responsabile”, ai dolori della giovane Castellina che dalle colonne del Manifesto punta a “riprendere il percorso virtuoso del Brancaccio” e riproporre, in compagnia dei vari Cofferati, le ricette criminali che ci hanno condotti fino a qui. A questo punto, per i vari Falcone e Montanari che si ostinano a flirtare con MDP, Sinistra Italiana, Possibile, non c’è rimedio, solo Speranza. L’accordo post-elettorale col PD già annunciato dall’incauto Bersani, infatti, rappresenta l’unico approdo possibile per queste debolezze politiche: marciare divisi dal ducetto di Rignano a trazione maggioritaria per continuare a colpire uniti subito dopo il voto, se i numeri glielo consentiranno, finendo così per scavarsi la meritata fossa dove gli auguriamo di riposare al più presto, in modo da lasciarci un po’ più in pace di come hanno tragicamente contribuito a ridurci.