Sciopero sociale. Far ripartire… l’autunno!

Il 10 settembre scorso si è svolta a Roma l’assemblea nazionale della Coalizione per lo Sciopero Sociale, un momento di convergenza importante per riproporre, estendere e rafforzare l’opposizione sociale.


Sciopero sociale. Far ripartire… l’autunno!

Il 10 settembre scorso si è svolta a Roma l’assemblea nazionale della Coalizione per lo Sciopero Sociale, un momento di convergenza importante per riproporre, estendere e rafforzare l’opposizione sociale. Al centro del dibattito il rilancio delle alleanze e delle mobilitazioni in campo nei prossimi mesi. Fondamentale la data del 17 ottobre, giornata di mobilitazione europea contro l’austerità, tappa di avvicinamento ad un autunno che l’aggravarsi della crisi economica e politica ha reso, se possibile, più complicato.

di Riccardo De Angelis

L’assemblea settembrina della Coalizione per lo Sciopero Sociale si è svolta in un iniziale clima ovattato. Un po’ anomalo per un ambito che ha sempre fatto della passione nella discussione e nella mobilitazione il suo “motore” principale.

Probabilmente così come l’ultimo incontro di luglio, svoltosi all’indomani dell’OXI greco, respirava l’aria euforica di una prima vittoria referendaria dei subalterni contro i diktat di UE-BCE e FMI, altrettanto inevitabilmente in queste settimane influiscono sul “morale” le frustrazioni per il rinculo delle aspettative di quel successo dopo la firma di un nuovo memorandum che imporrà ancora i dogmi e le privazioni sociali dell’austerity a tutto il popolo greco. In fondo le evoluzioni e involuzioni dei fatti greci ci hanno dimostrato quanto una “coalizione”, per quanto necessaria, senza il conflitto e la mobilitazione permamente sugli obiettivi per cui è nata, non è garante di alcun risultato.

Si può dire che sia stato questo il tema in “controluce” su cui si è discusso il 10 settembre ad Acrobax nell’incontro nazionale. Un giovedi settembrino, in pieno orario lavorativo ha visto comunque la partecipazione di più di cento attivisti provenienti da diverse parti del paese. A dimostrazione che necessità e volontà ci sono. Con l’ormai stabile partecipazione, accanto alle reti sociali contro la precarietà e di quelle autorganizzate e autoconvocate, di organizzazioni sindacali come Cobas, CUB, USI e l’aggiunta dell’Adl Cobas con il suo portato di lotte della logistica e l’intervento specifico tra i lavoratori immigrati.

Una discussione che nonostante la partenza timida, quasi “riflessiva”, si è accesa sui temi cruciali che ruotano sulle responsabilità che si assume un movimento che aspira ad essere di massa (e che ne formano l’agenda) quali “alleanze”, “appuntamenti” e “mobilitazioni” in campo.

Nel precedente articolo sulla Coalizione per lo Sciopero Sociale abbiamo già parlato di quanto di buono fatto finora. Certo è che quel “fieno in cascina” accumulato, e considerato un prezioso patrimonio comune, non rende nessuno proprietario di una rendita e impone davanti a tutti una sfida unitaria. Per questo è stato discusso come valorizzare il terreno della comunicazione militante e l’elaborazione comune di materiali (Social, Declaration, Iniziative) per preparare il terreno delle prossime vertenze e mobilitazioni. La sfida di cui parliamo è quella della ricomposizione di un blocco sociale nel paese che sappia ridare protagonismo di massa ai soggetti sociali atomizzati dalla produzione flessibile del capitalismo oggi sotto lo slogan “incrociare le braccia, incrociare le lotte”.

La riconnessione tra studenti e lavoratori dipendenti cosiddetti stabili, tra precari di ogni tipo e lavoro autonomo, tra disoccupati e NEET, tra sindacalizzati e chi non ha diritto alla rappresentanza, tra lavoratori migranti e quelli autoctoni, per costruire un'agenda di mobilitazione che metta i governi dell’austerity di fronte a un’opposizione sociale diffusa contro le riforme padronali e per l’universalizzazione dei diritti e del welfare. La lotta contro il Jobs Act, per un salario minimo, la difesa ed estensione del contratto nazionale, l’accesso a un reddito di base, la lotta contro la "Buona Scuola" o per la cittadinanza e la libertà di movimento in Europa, sono le frontiere su cui questa sfida si dovrà misurare nei prossimi mesi così come fatto nelle oltre 60 manifestazioni del 14 novembre scorso.

Certamente quest’anno si dovrà fare i conti con un movimento della scuola diverso, scomposto per le migliaia di assunzioni, ma speriamo maturato con le lotte importanti degli ultimi 12 mesi e con la consapevolezza di una riforma dell’istruzione più reazionaria di tutte quelle tentate finora.

Purtroppo nonostante la propaganda becera renziana, le motivazioni per declinare nei territori e nei luoghi di lavoro una piattaforma di lotta contro contro il governo dell’austerity sono rimasti tutti, anzi per certi versi si sono aggravati, dimostrando ogni giorno di più la connessione diretta tra il tema del salario e quello di un accesso al reddito per tutti e tutte.

La questione che le lega è quella della redistribuzione della ricchezza prodotta, con l’ago della bilancia (anche rispetto a 15 anni fa) oggi nettamente spostato verso profitti e rendite. Questi ultimi, infatti, hanno compensato le difficoltà della crisi proprio grazie ai bassi salari e all’alto sfruttamento che nel nostro paese (e non solo) è passato proprio per flessibilità e precarietà, ossia per l’aumento della ricattabilità del lavoro e per l’aumento della concorrenza tra figure lavorative subordinate (stabili/e, intermittenti/e, precari/e, disoccupati/e...). E il Jobs Act e le nuove misure del governo Renzi, con le indicazioni della BCE, stanno offrendo nuove opportunità alle controparti padronali per aumentare ancora lo schiacciamento salariale e la ricattabilità infinita. In Italia quasi il 20% dei lavoratori percepisce salari al di sotto dei minimi contrattuali, la disoccupazione giovanile è a cifre record, l’esclusione di precari e lavoratori autonomi da un minimo di accesso a ammortizzatori sociali e pensioni è da regime schiavistico, ecc...

Non è un caso che ci sono oggi milioni di lavoratori senza rinnovi contrattuali con le aziende che cercano di disdire i CCNL (vedi il caso della Nestlé Italia) per accedere ai vantaggi del Jobs Act, e della contrattazione individuale, e un bacino enorme di disoccupati e precari che la controriforma del lavoro ha strutturato come definitivo e immutabile. Sono due facce della stessa medaglia fatta di miseria che impedisce la benché minima ripresa dei consumi, necessaria persino per le politiche neoliberali del Governo PD-NCD, a tal punto che si moltiplicano le proposte di legge sulla povertà e sull’assistenza, inserite in un modello di workfare, ossia accettare lavoro sottopagato e senza diritti in cambio di un accesso ad ammortizzatori minimi e a sussidi di povertà.

Fuori da un settarismo di sigla (qualsiasi essa sia), consci che per realizzare questi difficili obiettivi nessuno è autosufficiente, l’assemblea nazionale dello sciopero sociale si è comunque posta anche il tema delle alleanze e delle mobilitazioni in campo nei prossimi mesi, cercando di capire come attraversarle per rafforzare quei punti di piattaforma che dialogano con gli appuntamenti di piazza. Se oggi il reddito è uno dei punti all’ordine del giorno nel dibattito mainstream, grazie anche alla manifestazione del 17 ottobre (giornata mondiale contro la povertà) promossa da Libera e sostenuta dalla Coalizione Sociale di Landini, andava sciolto metodo e contenuti di una partecipazione.

Una Coalizione Sociale (quella lanciata da Landini) che dialoga, seppure a corrente alternata, con questa dei “laboratori per lo sciopero sociale” cercando di trovare un lessico condiviso quantomeno negli slogan, imponendo così ai due processi la ricerca di un terreno di convergenza. Soprattutto perché, se di una vera Coalizione Sociale si deve parlare (e non di intergruppi politicista), vanno ricercate alleanze quante più ampie e possibili sui temi come la lotta alla miseria e alla politiche di austerity, a volte anche essere disposti a mescolare i propri patrimoni per essere efficaci in uno scontro dove i rapporti di forza oggi sono nettamente sfavorevoli alle classi subalterne.

Certamente quella del 17 ottobre sarà solo un tappa di avvicinamento ad un autunno che l’aggravarsi della crisi economica e politica ha reso, se possibile, ancora più complicato. Per questo si è discusso, nonostante i tempi contingentati, attorno alla costruzione di un calendario di appuntamenti utili a renderli interni alle varie vertenze e scioperi: dalla scuola alla logistica già in cantiere.

La necessità di risistematizzare una elaborazione comune sul presente ha imposto all’ordine del giorno la replica di una due giorni come fu lo scorso anno lo Strike Meeting di Settembre all’interno della quale far precipitare un’altra, più avanzata, proposta di giornata di mobilitazione per uno sciopero generale sociale.

Il tema delle lotte transnazionali, contro la governance europea, è sul tavolo al pari della costruzione del processo interno. Per questo la tre giorni di Poznan (2-4 Ottobre), dove attivisti di diversi paesi procederanno in una discussione che vuole portare a coordinare campagne e mobilitazioni di sciopero sociale contro le politiche di austerity, è ritenuto passaggio importante nella discussione. Le esperienze dei movimenti spagnoli, greci, francesi ecc.. hanno mostrato tutti la deficienza di un progetto europeo di tipo transnazionale che si contrappongae non solo alle declinazioni nazionali ma anche al governo europeo del capitale finanziario.

I nuovi attacchi al welfare, le privatizzazioni dei servizi, le detassazioni dei patrimoni a scapito dei salariati e tutti i campi sui quali ci andremo a misurare nei prossimi mesi, vengono imposti dai diversi governi (di centrodestra e di centrosinistra) col ricatto del “Debito” e dei vincoli euromonetaristi. E anche attorno a questi temi non è quindi possibile non cominciare un ragionamento più complessivo.

Insomma settembre è partito, l’opposizione sociale in questo paese sta cercando di farsi trovare pronta. Le occasioni non mancheranno, a partire dal 17 ottobre. Poi ci saranno le mobilitazioni di categoria. La scuola e la logistica le hanno già annunciate.

La Coalizione per lo Sciopero Sociale arricchirà la due giorni di workshop e assemblee prevista, con le riflessioni sulle lotte di questi mesi e dai confronti internazionali. Come sempre l’invito agli attivisti, più o meno consapevoli, di questo paese è quello di dare il proprio contributo ad un processo di lotta aperto e che si può alimentare solo con la partecipazione e col conflitto.

18/09/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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