All’estero ci sarebbero ben 166 miliardi di euro di capitali italiani. Così risulta dal monitoraggio fiscale relativo alla detenzione all’estero di attività di natura finanziaria e patrimoniale denunciate nel quadro Rw (valore a fine anno) in quanto soggette a imposte Ivie e Ivafe. Partiamo da questa semplice considerazione per sostenere che nei 40 anni ingloriosi neoliberisti ingenti capitali hanno preso la strada dell’estero a seguito dei processi di delocalizzazione ed esternalizzazione favoriti dai governi via via succedutisi.
Il dato assume particolare rilevanza, dopo la vertenza Gkn, una vertenza complessiva contro i processi di delocalizzazione e la tendenza del capitale di trasferire le produzioni laddove il costo del lavoro sia inferiore e siano facilitate le condizioni di sfruttamento della manodopera a basso costo.
Altro ragionamento andrebbe fatto sul trasferimento di aziende e capitali nei paradisi fiscali, dei conti correnti e dei depositi trasferiti all’estero per una cifra complessiva di 40 miliardi di euro, senza dimenticare beni mobili e immateriali trasferiti oltre confine.
Una enorme ricchezza trasferita all’estero anche in virtù di una fin troppo compiacente legislazione nazionale la cui revisione dovrebbe rientrare tra le rivendicazioni sindacali.
Partiamo da questi punti per arrivare allo sciopero generale del giorno 11 ottobre indetto dal sindacalismo di base con la importante adesione di Rsu e realtà sindacali e sociali fino a oggi egemonizzate dai sindacati confederali, realtà che hanno manifestato la volontà di costruire nel paese quella opposizione al governo Draghi indispensabile per restituire forza e protagonismo alle lavoratrici e ai lavoratori.
Lo sciopero è arrivato sull’onda delle vertenze Alitalia e Gkn ma anche a distanza di due giorni dall’occupazione della sede della Cgil a opera di uno spezzone dei manifestanti no Green pass.
È ormai appurato che l'occupazione è avvenuta da parte di esponenti della destra estrema che hanno strumentalizzato la mobilitazione no green pass per ottenere visibilità. Che poi abbiano scelto la sede della Cgil e non di Confindustria è la dimostrazione che la destra porta avanti un disegno complessivo contro il ruolo dei sindacati mentre è assai prona ai dettami padronali. Ma al contempo è innegabile, e i portuali lo dimostrano, che la lotta al Green pass può andare di pari passo con le istanze sindacali e politiche classiste e di opposizione sociale senza diventare il cavallo di battaglia dei fascisti del nuovo millennio.
Lo sciopero ha visto numerose manifestazioni cittadine, alcune (nelle principali città italiane) assai partecipate con blocchi delle attività produttive e presidi permanenti uno dei quali, a Prato, aggredito con inaudita violenza da picchiatori padronali che hanno mandato in ospedale alcuni attivisti del sindacato Si Cobas.
Da tempo la piazza pratese vede una particolare aggressività, in senso fisico e non solo, di padroncini contro i lavoratori in sciopero o protagonisti di presidi permanenti. Che queste violenze avvengano ripetutamente è il segnale di una pericolosa sottovalutazione del fenomeno da parte delle autorità di pubblica sicurezza e delle stesse Istituzioni. Sembrerebbe che settori del padronato non esitino a utilizzare nella lotta di classe anche lo squadrismo, uno squadrismo a cavallo fra destra organizzata, criminalità, guardie private e picchiatori assoldati dalle imprese. Una scelta che fa venire in mente anni bui della nostra storia.
Siamo in presenza di uno stato di eccezione permanente che potrebbe sfociare anche nella limitazione dei diritti sindacali e politici, ostacolando il diritto a manifestare.
La classe padronale, postasi a sostegno del governo Draghi, ha già ottenuto il ripristino dei licenziamenti collettivi e degli sfratti esecutivi. Due segnali eloquenti della lotta di classe condotta contro le classi sociali meno abbienti e la classe lavoratrice.
Non possiamo permettere che con la scusa delle violenze fasciste si vadano a ledere i diritti costituzionali impedendo magari lo svolgimento di manifestazioni sindacali e politiche.
Di questo e di molto altro dovremo parlare senza pregiudizi, come delle continue sostituzioni del personale in sciopero all’interno di alcune aziende, nel disprezzo delle sentenze della magistratura che vietano l’utilizzo degli interinali per sostituire gli scioperanti, o l’utilizzo di personale con mansioni superiori per ricoprire i colleghi che hanno legittimamente scelto l’astensione del lavoro.
Tutto ciò dimostra come nel corso del tempo la stessa legislazione in materia di lavoro sia stata scientemente stravolta per vanificare la riuscita degli scioperi e indebolire il ruolo conflittuale del sindacato, dimostrazione eloquente è l’accordo sulla rappresentanza sindacale nel privato del gennaio 2014, accordo siglato da Cgil-Cisl-Uil ma successivamente anche da alcuni sindacati di base come Cobas e Usb.
La campana non suona solo per il sindacato di base ma per tutti e tutte.