Questo è un piccolo osservatorio su alcuni dati del nostro paese, dati che riguardano la realtà socio-economica e le trasformazioni dei nostri tempi, così evidenti, per cui mi domando quale sia la visione del nostro governo e dei nostri governanti, che sembrano vivere una dimensione tutta astratta della politica. Nel secondo dopoguerra, un Paese semi distrutto ha saputo risollevarsi, darsi dei fondamenti, con la Costituzione, su cui basare la propria rinascita politica come repubblica, pur nei contrasti; allora, la società, con le sue prime linee, ha saputo costruire e inventare per risollevarsi, mettendo alla base della propria ricostruzione il lavoro:
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” art.1
Da questo osservatorio, rifletto sulla funzione dello stato, questa grande conquista dell’epoca moderna, che oggi sembra aver reciso i legami con la società. Sembra essere entrati in una spirale che ci porta a scendere sempre più in basso, senza che ci sia un’altra strada se non quella di adattarsi, come ci viene richiesto. Mentre la ricchezza cresce nelle mani dei pochi.
Così ne scrivono Philippe Guibert et Alain Mergier nel loro “Il Discensore sociale. Inchiesta negli ambienti popolari.”[1]
“La “spirale viziosa”, questo meccanismo che conduce verso il basso, non è, nei discorsi degli ambienti popolari, legata ad una congiuntura negativa. Non è un rischio che corre il salariato, né un pericolo al quale bisogna badare. È divenuta una regola del funzionamento sociale.”
Propongo alcuni campi di osservazione per dire che, forse, non ce ne siamo accorti, ma siamo in tempi da dopoguerra, con molte differenze, certamente. L’Italia appare un paese abbandonato dalle persone, con tutte le risorse che costituiscono, che deve affrontare grandi sfide (da quella della sostenibilità energetica a quella dell’immigrazione a quella del lavoro) di fronte alle quali non è ancora organizzato.
Il Servizio Sanitario Nazionale
“Primo confronto tra il Ministro e i medici sul Decreto previsto dal Dl Enti locali per limitare le prescrizioni inappropriate. Rispetto alla prima bozza le prestazioni salgono da 180 a 208. E riguardano l’odontoiatria, la radiologia, prestazioni di laboratorio, genetica. Venerdì le controproposte dei sindacati in maggioranza contrari al provvedimento anche se alcuni sembrano più aperti alle proposte ministeriali.” 22 settembre 2015
Diventano legge i LEA (nuovi Livelli Essenziali di assistenza).
Dopo gli scandali e le ruberie, la sanità pubblica saccheggiata, da tempo sotto la lente del suo Ministro, arriva ad una ridefinizione. Certo, c’era bisogno di una revisione, di nuove considerazioni, ma sembra che tutto, infine, vada a pesare sulle spalle dei soliti, dei cittadini e delle cittadine, di coloro che hanno maggiore bisogno di sostegno, ad essere colpita sarà soprattutto la fascia della popolazione anziana. Succede anche che la pillola passi da una fascia ad un’altra, la C, quindi, non sarà più gratuita.
La domanda sembra banale, ma, quale dovrebbe essere la funzione principale di uno stato? Non quella di garantire tutela e diritti a tutti e tutte, consentendo dignità e sicurezza nella vita?
Il modo è storicamente provato: occuparsi della redistribuzione del reddito attraverso uno sistema sociale vigile e accessibile, che contrasti le diseguaglianze economico-sociali creando i presupposti per le pari opportunità di vita e di sviluppo a tutte le persone.
Secondo “le stime del ministero - spiega Cecconi responsabile Politiche della Salute della Cgil - con i nuovi Lea si realizzeranno maggiori entrate per il Servizio sanitario nazionale pari appunto a 60,4 mln di euro: in particolare, circa 20 mln si otterranno dai nuovi ticket derivati proprio dallo spostamento di prestazioni dal regime Day Surgery a quello ambulatoriale.” (comunicato CGIL)
Sui farmaci e i provvedimenti sanitari, dopo le contestazioni dei medici e le osservazioni dei sindacati, niente sanzioni per medici e libertà di prescrivere secondo necessità e coscienza, ma l'appropriatezza prescrittiva resta… Insomma, né certezze né indicazioni specifiche. Come e chi la stabilisce l’appropriatezza?
Le imprese italiane. Piccole, medie e grandi.
Marchionne ha fatto un regalo a se stesso e agli azionisti, spostando sede legale e amministrativa della Fiat, tra Olanda e Gran Bretagna. La Fiat, che ha fatto la storia dello sviluppo industriale italiano, che ha ricevuto sostegno economico dallo stato… Stato che vede così, ai tempi della globalizzazione e delocalizzazione, tagliate le possibilità di sviluppi futuri. Il trasferimento di Fiat ha un senso dal punto di vista degli azionisti, ma dal punto di vista del sistema Paese è un grave danno. Tutti i Paesi che hanno un'industria automobilistica nazionale, cercano di tenersela perché è importante averla, ma da noi?
Negli ultimi anni sono stati quasi 500 i marchi italiani a passare nelle mani di acquirenti stranieri, i quali sono stati disposti a spendere fino a 55 miliardi di euro pur di portare a casa le eccellenze del Made in Italy. Secondo l’ultimo catalogo aggiornato da Eurispes alla fine del 2013, sono stati ben 130 i grandi brand che hanno cambiato proprietà nel giro di un ventennio.
Moda e alimentare fanno la parte del leone, con 43 operazioni, seguite dai settori della meccanica e dell’automazione e da quello dell’arredo-casa.
Alzi la mano chi ha un familiare, piccolo imprenditore o artigiano, che abbia dovuto chiudere bottega ed emigrare: io sì. Chi ha un familiare professionista, laureato, che ha dovuto lasciare l’Italia per trovare un’occupazione adeguata? Anche io ce l’ho.
Molte piccole imprese hanno ricominciato da capo nei paesi dell’Est (vedi le varie inchieste televisive o giornalistiche) a causa del sistema di tassazione squilibrato, non adeguato, che qui le penalizza e altrove le facilita.
Italiane e Italiani in pensione
L’ultimo rapporto Istat dice che sono 483mila le pensioni erogate all'estero. Gli anziani, proprio come i giovani, fuggono dalle città italiane a causa della caduta del potere d'acquisto a seguito della crisi economica. Si potrebbe pensare: beati loro! Il fatto vero è che molti non vorrebbero farlo, lasciano luoghi e persone, ma sono costretti, perché non vogliono perdere la loro dignità. Qui non potrebbero che sopravvivere. Mai incontrato un pensionato o una pensionata, chiedere elemosina in strada?
Italiane e Italiani che emigrano
Dal Rapporto Italiani nel mondo 2015 della Fondazione Migrantes: Ogni anno cresce il numero degli italiani che fanno le valigie e si trasferiscono all'estero. Aumentano i laureati che emigrano per lavoro. In 10 anni i flussi dall'Italia sono cresciuti del 49%. Nel 2014 gli espatri sono stati 101.297, con una crescita del 7,6% rispetto al 2013. L'emigrazione non è più un fenomeno meridionale. Negli ultimi anni la maggior parte proviene dal Nord, dalla Lombardia, precisamente 18.425. Seguono la Sicilia con 8.765 persone emigrate, il Veneto con 8.720, il Lazio con 7.981 e il Piemonte con 7.414.
La meta preferita è stata la Germania; a seguire il Regno Unito. Seguono Spagna, Argentina, Irlanda, Svizzera, Cina e Emirati arabi.
La Fondazione Migrantes annota anche che, come si tiene alla tutela dei diritti dei nostri emigranti, così bisognerebbe affermare la tutela dei diritti di coloro che arrivano nel nostro paese, che sono spesso gravemente sfruttati.
Rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno) sul Meridione
Dal 2000 ad oggi, la Svimez ci spiega che sono quasi 2 milioni gli emigrati dal Mezzogiorno, in larga parte laureati e sotto i 35 anni di età.
Sempre secondo questo centro di ricerca, entro il 2050 solamente un italiano su 4 abiterà le città meridionali. Scientificamente si chiama desertificazione civile, politicamente è un olocausto. Allora, bisogna rilanciare con forza la centralità dello sviluppo del Meridione, a cui non bastano le politiche sull'ordine pubblico e la diligente azione repressiva della Magistratura, occorrono interventi strutturali in materia di capitale umano, leve fiscali, innovazione logistica e tecnologica. Il Mezzogiorno può diventare il cantiere di una rinnovata speranza. Ce lo dicono i dati che danno una crescita economico-occupazionale per il meridione, in controtendenza. Anche se non ha ancora recuperato il dislivello accumulato.
Note:
[1] Le Descenseur social. Enquêt sur les milieux populaires Plon 2006 Philippe Guibert et Alain Mergier https://jean-jaures.org/nos-productions/le-descenseur-social-enquete-sur-les-milieux-populaires