Il dato più eclatante di queste #elezioniregionali in Emilia-Romagna è senza dubbio un #astensionismo senza precedenti. Si sono recati alle urne solo il 37,67% degli elettori (rispetto al 68,1% delle scorse regionali). Pesano su questo dato, comune in tutte le ultime tornate elettorali, diversi fattori. Innanzitutto, la frustrazione diffusa per via del netto peggioramento delle condizioni di vita della grande maggioranza della popolazione che non ha ormai nessuna fiducia nelle politiche dei governi nazionali e locali. In questo pesa anche la percezione della inefficacia delle amministrazioni locali nel poter rovesciare queste politiche capitalistiche di gestione della crisi vincolate, come sono, ai tagli della spending review dalla riforma del Titolo V e dal Patto di Stabilità. Infine, pesano sicuramente su tale senso di distacco dalle elezioni regionali le politiche di malaffare di questi anni ed i processi che hanno colpito tutti i partiti di potere locali. PD compreso, come dimostra proprio il caso emiliano. A guadagnare da questa sfiducia di massa nelle istituzioni per ora è l'antipolitica sia di governo che di opposizione. La prima incarnata da Renzi e dal PD, col centrosinistra che ottiene una vittoria di Pirro dimezzando comunque i propri voti in Emilia-Romagna (1.200.000 voti alle precedenti regionali, 615.000 in questa tornata), e la seconda con la crescita, seppure solo in termini percentuali, del M5S (dal 6% delle precedenti regionali al 13,3% attuale) e quello preoccupante della Lega in versione fascio-populista (dal 13,6% al 19,4%). Tracolla Forza Italia (dal 24,5% col PdL nel 2010 all'8,4% attuale) e guadagna una SEL aggrappata con le unghie al PD renziano (1,8% nel 2010 e 3,2% attuale). L’Altra Emilia Romagna (composta dal PRC e dalle forze della sinistra alternativa), con un profilo fuori e contro il centrosinistra, ottiene il 4% e supera lo sbarramento eleggendo autonomamente un consigliere (Piergiovanni Alleva). Crolla quindi anche il mito della “bontà” del governismo a livello locale che aveva portato la FdS (composta da PRC+PdCI) ancora nel 2010 ad allearsi col potentato imperniato sul sistema-PD emiliano-romagnolo prendendo il 2,7%. Una delle artefici principali di questo risultato è stata sicuramente la candidata della Lista AER, proveniente dai movimenti di lotta, Cristina Quintavalla di cui pubblichiamo una nostra intervista esclusiva.
Cristina quale è il tuo percorso, la tua storia politica?
Mi sono formata alla scuola della Teologia della liberazione prima e del marxismo poi. Ho militato a lungo nel PcdI (m-l). Ho costituito nel ‘73 il Comitato di lotta per la casa, per il diritto alla casa e contro le speculazioni immobiliari, denunciate dal basso, con il cosiddetto scandalo edilizio. Ho dato vita alla Commissione di audit per il debito pubblico, con cui stiamo istruendo indagini contro il debito illegittimo.
Mi pare che la tua candidatura sia frutto di un elaborato e ricco processo di partecipazione, nel quale ha avuto un peso l’esperienza delle elezioni europee con la Lista Tsipras. Puoi descrivercelo?
L’Altra Emilia-Romagna è una filiazione dell’Altra Europa con Tsipras, che mi aveva candidato alle europee. A partire dai comitati territoriali nati in regione in quell'occasione, abbiamo dato vita a un coordinamento regionale, deciso ad essere soggetto politico coordinato e capace di stare dentro le lotte con il suo progetto di sinistra alternativa, inclusiva, plurale.
Quali forze politiche e sociali fanno parte dell’Altra Emilia-Romagna e la sostengono? Come sta reagendo l’elettorato di sinistra alla tua campagna elettorale?
Abbiamo riunito i tanti compagni presenti nelle lotte in difesa dell’ambiente, del lavoro, dei diritti alla casa, contro le privatizzazioni dei beni comuni, in difesa della Costituzione, collegandoci con i tanti comitati sorti nella regione in tutti questi anni. Sostengono inoltre questo progetto Rifondazione Comunista, il PdCI, Azione Civile, ma ogni loro militante partecipa come qualsiasi altro componente dell’AER.
Il carattere essenziale della tua candidatura e del profilo politico della lista “L’altra Emilia-Romagna” è certamente l’alternatività al sistema di potere del PD regionale. Ce la puoi declinare sul piano programmatico? Qual’è la tua agenda delle cose da fare prioritariamente?
Siamo alternativi al sistema di potere impostosi in Regione, fondato su privatizzazioni ed esternalizzazioni dei servizi fondamentali, voluto dal PD, pioniere dell’apertura ai privati sin dal 1998.
L’istituzione pubblica si è posta al seguito degli interessi privati più forti, con cui ha stretto intese, volte ad assumerne gli interessi, a discapito di quelli sempre più acuti di coloro sui quali è stata scaricata la crisi. Al centro del nostro progetto c’è il lavoro, che può essere incrementato con la riqualificazione dell’esistente, la messa in sicurezza del territorio, avviando insomma un’economia improntata alla sostenibilità contro modelli di sviluppo dissennati, incarnati dallo Sblocca Italia. Vogliamo andare alla ripubblicizzazione dei beni comuni, a partire dallo scorporo dalle multiutility della gestione dei rifiuti e del servizio idrico integrato, per attuare quanto 26 milioni di italiani hanno voluto col referendum.
Vogliamo inoltre una sanità ed una scuola pubblica, contro i finanziamenti alle scuole private e contro gli assalti delle grandi compagnie assicurative alla sanità.
Quanto ha pesato sulla scelta di una candidatura alternativa, la ricaduta dell’esperienza non positiva del sostegno della sinistra radicale alle giunte regionali targate PD?
In realtà non siamo nati a partire da questo bilancio, che non riguarda L’AER, ma alcune forze che stanno facendo un nuovo percorso con noi. L’AER è nata come progetto unitario alternativo al PD e al suo ruolo in difesa degli interessi del grande capitale.