“Le rivoluzioni e i processi di trasformazione sociale in America Latina”, come recita il titolo della prestigiosa conferenza organizzata, presso la sede della cooperativa Aurora, a Milano, lo scorso primo aprile, dall’Associazione politico-culturale Cumpanis, in collaborazione con la rivista “Gramsci Oggi”, la casa editrice Aurora e il circolo di Milano dell’associazione nazionale di amicizia Italia-Cuba, rappresentano, senza dubbio, alcuni dei principali fenomeni storici e politici del panorama internazionale a cavallo tra il XX e il XXI secolo e, più da vicino, uno dei maggiori contesti di ideazione e maturazione del “socialismo del XXI secolo”. Quali sono, allora, i tratti salienti di questa esperienza, non solo regionale? Quali gli elementi intorno ai quali costruire una elaborazione, utile “per l’oggi e per il domani”, significativa anche ai fini della costruzione di un pensiero e di una prassi per un socialismo adeguato all’attualità e all’altezza delle sfide del nostro tempo? Tra i tanti, tre elementi si affermano, su cui più da vicino concentrare la nostra riflessione.
Il primo. Le rivoluzioni e le grandi trasformazioni sociali in America Latina rappresentano un progetto di trasformazione di lungo periodo, dipanandosi, sostanzialmente, per vari decenni sino a tutt’oggi.
Basti considerare, a Cuba, dopo l’avvio del processo rivoluzionario nel 1953, la vittoria della Revolución nel 1959, la proclamazione del carattere socialista della rivoluzione stessa del 1961 e quindi gli sviluppi storici successivi, la strenua difesa delle conquiste rivoluzionarie nel pieno del “periodo especial” a cavallo tra il 1990 e il 1997 e, in particolare, nella sua fase più dura tra il 1991 e il 1995, e, al tempo stesso, l’innovazione del progetto socialista, che è andata avanti per tutti gli anni Novanta e Duemila, e che continua anche a seguito della riforma costituzionale del 2019. La stessa nuova Costituzione socialista del 2019 è considerata un punto di riferimento nel progetto, insieme, di consolidamento e di innovazione del socialismo, come mostrano alcuni suoi articoli fondamentali.
Così, in base all’art. 1, Cuba è “uno Stato socialista di diritto e di giustizia sociale, democratico, indipendente e sovrano, organizzato con tutti e per il bene di tutti come repubblica unitaria e indivisibile, fondata sul lavoro, sulla dignità, sull’umanità e sull’etica, per il godimento della libertà, della uguaglianza, della solidarietà, del benessere e della prosperità individuale e collettiva”; in base all’art. 5, il Partito Comunista di Cuba, martiano, fidelista, marxista e leninista, avanguardia organizzata della nazione cubana, basato sul carattere democratico e sul legame permanente con il popolo, è “la forza politica dirigente principale della società e dello Stato. Organizza e orienta gli sforzi comuni nella costruzione del socialismo e nell’avanzata verso la società comunista”; e ancora, in base all’art. 18, a Cuba vige “un sistema di economia socialista basato sulla proprietà di tutto il popolo sui mezzi di produzione fondamentali, quale forma principale di proprietà, e sull’indirizzo pianificato della economia, che ... regola e controlla il mercato in funzione degli interessi della società”.
In un altro contesto storico e politico, il processo rivoluzionario in Venezuela, le cui coordinate essenziali sono definite dal bolivarismo, dall’antimperialismo e dal socialismo, basti richiamare gli esiti del Caracazo del 27 febbraio 1989, la sollevazione civico-militare promossa dal movimento rivoluzionario bolivariano del 4 febbraio 1992, la vittoria del comandante Hugo Chávez, con il Movimento per la Quinta Repubblica, del 6 dicembre 1998, e le successive vittorie presidenziali del 2000, 2006 e 2012, la nuova Costituzione bolivariana del 2000 e lo sviluppo, in senso socialista, del processo bolivariano a partire dal 2004, quali tappe fondamentali di una dinamica che ha saputo, con originalità e spirito di innovazione, coniugare l’orientamento in senso socialista della trasformazione della società e dello Stato con l’innesco di una dinamica di massa nel senso di una vera e propria “democrazia partecipativa e protagonistica”. Anche in questo caso, è la nuova Costituzione, la Costituzione bolivariana del 2000, a rappresentare uno dei conseguimenti più incisivi e significativi di questo processo. In base all’art. 2 della nuova Costituzione, infatti, “la Repubblica bolivariana del Venezuela si costituisce come Stato democratico e sociale di diritto e di giustizia, che sostiene, come valori superiori del proprio ordinamento e della propria attività, la vita, la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà, la democrazia, ... la preminenza dei diritti umani, l’etica e il pluralismo”.
In Nicaragua, la portata storica del sandinismo è segnata dai due cicli storici del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, il primo ciclo tra il 1979 e il 1990, dopo la storica vittoria della rivoluzione sandinista del 19 luglio 1979, e l’avvio della trasformazione in senso socialista della società e dello Stato, sotto la guida di Daniel Ortega, con un programma di “sviluppo integrale”, nazionalizzazione delle proprietà straniere, sviluppo di progetti e di produzione rurale a livello locale, partecipazione dei lavoratori nella nuova struttura economica, sviluppo dello stato sociale; e il secondo ciclo con le tre vittorie presidenziali di Ortega del 2006, 2011 e 2016, con il consolidamento delle relazioni con Cuba e Venezuela e con il rilancio della prospettiva antimperialista latino-americana.
E, ancora, in Bolivia, le tappe cruciali sono segnate dalla vittoria del Movimiento al Socialismo (MAS) alle elezioni presidenziali del 2005 e l’elezione a presidente della repubblica di Evo Morales, con un percorso storico che va dal 2005 al 2019 e, dopo il colpo di stato del 2019, la nuova vittoria alle elezioni presidenziali del MAS del 2020, con l’elezione a presidente di Luis Arce. Anche in questo caso, dunque, non solo un programma di trasformazione economica e sociale, ma anche di innovazione politica e istituzionale, analogamente mostrata dalla nuova Costituzione della Bolivia (2009) che si costituisce per la prima volta come “Stato plurinazionale” su tre principi fondamentali, segnalati dai primi tre articoli della nuova Costituzione: in base all’art. 1, la Bolivia è costituita come Stato sociale plurinazionale unitario, libero, indipendente, sovrano, democratico, pluriculturale. “La Bolivia si fonda sulla pluralità e sul pluralismo politico, economico, giuridico, culturale e linguistico, nel quadro del processo di integrazione del Paese”. In base all’art. 2, “data l’esistenza precoloniale delle nazioni e dei popoli nativi indigeni e il loro governo ancestrale sui loro territori, è garantita, nel quadro dell’unità dello Stato, la loro autodeterminazione in relazione al loro governo, alla loro cultura, al riconoscimento delle loro istituzioni e al consolidamento delle loro entità territoriali, in conformità con la Costituzione e la legge”. Infine, in base all’art. 3, “la nazione boliviana è costituita dalla totalità degli uomini e delle donne boliviani e boliviane, delle nazioni e dei popoli indigeni autoctoni e delle comunità interculturali e afro-discendenti che, come insieme, costituiscono il popolo boliviano”.
Il secondo elemento. Le rivoluzioni e le grandi trasformazioni sociali in America Latina smentiscono la retorica della (presunta e mistificatoria) “fine della storia” e segnalano la vitalità, la permanenza e l’attualità del socialismo, come opzione rivoluzionaria e di trasformazione sociale. Sulla scorta della grande lezione storica e politica di Fidel Castro, centrata sui valori dell’etica, della formazione di una “nuova umanità”, del patriottismo e dell’antimperialismo, del carattere socialista del progetto di transizione, della costruzione di una nuova patria, secondo l’eco martiana, “con tutti e per il bene di tutti”, attorno a Cuba socialista si sono, di volta in volta, orientati in senso progressista il Nicaragua di Daniel Ortega, la Bolivia di Evo Morales e ora di Luis Arce, sino ad alcuni anni fa l’Ecuador di Rafael Correa, ora la Colombia di Gustavo Petro, nuovamente il Brasile di Lula, quindi l’Argentina di Cristina Kirchner e Alberto Fernandez, il Perù di Pedro Castillo, poi abbattuto da un golpe della destra, delle oligarchie e degli apparati legati all’imperialismo statunitense, sino alla rivoluzione bolivariana e socialista prima con il comandante Hugo Chávez e ora col presidente Nicolás Maduro.
Sono, in tale quadro, significativi alcuni recenti sviluppi, tra i quali, nelle loro linee essenziali: a) il progetto, varato nel gennaio 2023, tra l’Argentina e il Brasile, di avviare uno studio preliminare ai fini della creazione di una moneta comune tra Argentina e Brasile, da estendere poi, in una seconda fase, all’intera America Latina; b) l’accordo, stipulato nel marzo 2023, tra il Brasile e la Repubblica Popolare Cinese, per consentire ai due Paesi di usare le proprie monete nazionali nelle transazioni commerciali e finanziarie estromettendo il dollaro dai loro rapporti commerciali; c) l’intenzione di rilanciare l’integrazione, su base progressista, dell’America Latina (nel senso della “Patria Grande” latinoamericana, “el sueño de Bolívar”) in chiave antimperialista (ALBA, UNASUR, CELAC, Banco del Sur, Petrocaribe). Si vede all’opera un significativo “cambio di paradigma” delle relazioni regionali e internazionali e un rilevante mutamento, in prospettiva, dell’assetto dei rapporti di forza e delle relazioni internazionali, in un orizzonte sempre più aperto al multilateralismo e al “mondo multipolare”. Non è questa la sede per sviluppare, nel dettaglio, le implicazioni delle trasformazioni, che vedono protagonisti gli attori regionali, sullo scenario di fase e il panorama internazionale più complessivo; ma non si può non ricordare che proprio al tema di un nuovo mondo all’orizzonte, di un nuovo “equilibrio del mondo”, è stato dedicato lo svolgimento dei lavori dell’importante V Conferenza internazionale del Programma martiano, a Cuba, “Con todos y para el bien de todos”.
Il terzo elemento. Le rivoluzioni e le grandi trasformazioni sociali in America Latina costituiscono un potente avanzamento dell’innovazione stessa del socialismo nel senso del “socialismo del XXI secolo”, come moderna declinazione del tema delle «vie nazionali al socialismo», basata sul marxismo e il leninismo e sulle caratteristiche e le peculiarità dei rispettivi contesti storici e nazionali.
Tale prospettiva è concepita, per richiamare una celebre espressione chavista, non come “socialismo democratico”, ma come “democrazia socialista”, in termini di “democrazia partecipativa e protagonistica”, di trasformazione generale della società e dello Stato, e di un profondo cambio nella struttura economica e produttiva. Nell’orizzonte di tale prospettiva, la stessa proclamazione del carattere socialista del processo rivoluzionario non si esaurisce in un mero esercizio retorico, ma viene a rappresentare uno specifico orientamento programmatico. Ciò, a maggior ragione, vale per la storica proclamazione del carattere socialista della rivoluzione cubana (1961), in virtù della quale “abbiamo dichiarato che la Rivoluzione è socialista. Cosa significa che la Rivoluzione è socialista - significa che qui tutto è socializzato? No. Significa che tutto qui sarà socializzato all’impronta? No. Il fatto è che la Rivoluzione è un processo, e che il socialismo non si realizza per decreto. Il socialismo è un regime economico e sociale che si realizza attraverso un processo; non per decreto. Con decreto si possono nazionalizzare gli zuccherifici, con decreto si possono nazionalizzare le banche, con decreto si possono nazionalizzare le grandi industrie, con decreto si possono adottare una serie di provvedimenti, ma con decreto non si realizza un regime economico e sociale compiuto. Tra l’altro, la Rivoluzione è un processo di educazione del popolo, di formazione della coscienza rivoluzionaria. Dichiarare che la Rivoluzione è socialista significa che la Rivoluzione avanza verso un regime economico e sociale socialista, dove non esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.
Sulla medesima falsariga, nello storico discorso di chiusura del Foro di São Paulo (2005), Hugo Chávez, ha espresso, per la prima volta in maniera compiuta, il carattere socialista del processo bolivariano in Venezuela: “la rivoluzione, tra le tante altre cose, è un’accelerazione di processi – accelerazione e approfondimento – soprattutto verso una società di uguali, dove non vi siano esclusi. La maggior parte di questi ragazzi aspettavano da anni un posto all’università, non potevano entrare nelle università, le università erano state privatizzate, questo era il piano imperialista neoliberista, la sanità era stata privatizzata, ma non si può privatizzare, è un diritto umano fondamentale, così la sanità, come l’istruzione, l’acqua, l’elettricità, i servizi pubblici; tutto questo non può essere consegnato alla voracità del capitale privato. Questo nega i diritti dei popoli, questa è la via della barbarie, il capitalismo è barbarie. Non ho il minimo dubbio. È necessario, dicono molti intellettuali in tutto il mondo, trascendere il capitalismo, ma, aggiungo, il capitalismo non sarà trasceso all’interno del capitalismo stesso. Il capitalismo deve essere trasceso attraverso il socialismo. È attraverso questo percorso che dobbiamo trascendere il modello capitalista, e quindi il socialismo, l’uguaglianza”.
Un processo che appunto si innesta sulle caratteristiche e le peculiarità di ciascun contesto nazionale: parafrasando José Carlos Mariátegui, in definitiva, «né calco né copia, ma creazione eroica”.
Bibliografia:
[1] Yolanda Luisa C. Rodríguez González, El marxismo de José Carlos Mariátegui: Ni calco ni copia sino creación heroica, Seminario Internacional Gramsci y los Movimientos Populares, Universidade Federal Fluminense, Niterói, Rio de Janeiro, 2010;
[2] Hugo Chávez, “El Sur, Norte de nuestros pueblos”, Discurso de clausura del Foro de San Paolo (2005), Instituto de Altos Estudios del Pensamiento del Comandante Supremo Hugo Rafael Chávez Frías, 30.01.2005;
[3] Discurso pronunciado por el Comandante Fidel Castro Ruz en la conmemoración del VIII aniversario del ataque al Cuartel Moncada, en la Plaza de la Revolución “José Martí”, La Habana, 26 de Julio de 1961;
[4] Discorso pronunciato dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz durante la commemorazione del 40. anniversario della proclamazione del carattere socialista della Rivoluzione, effettuata presso il 12 y 23, il 16 aprile 2001;
[5] Intervención del Presidente de la Republica, Rafael Correa, durante la posesión presidencial, 10 de agosto de 2009, Quito.