Non siamo pacifisti.
Siamo avversari della guerra imperialista
per la spartizione del bottino fra i capitalisti,
ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo
che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie
che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo
(V.I. Lenin)
Se ha un senso citare Lenin, ma non a sproposito per giustificare dogmaticamente qualche odierna presa di posizione, dovremmo ricordare quando esortava i proletari a distinguere tra la guerra imperialista (da ripudiare) e quelle rivoluzionarie (da sostenere) per rovesciare il potere capitalistico.
In Siria si combattono due guerre, una imperialista e una rivoluzionaria.
La prima è quella che vede protagonisti i paesi occidentali e le loro creature islamiche nell'atto di attaccare la Siria portando caos e distruzioni in un’area geografica ricca di petrolio e corridoi nevralgici. Questa guerra è sicuramente iniziata con il tentativo di rovesciare Assad servendosi delle milizie islamiche sfuggite presto al controllo occidentale, milizie che hanno beneficiato di aiuti economici e militari ragguardevoli, liberi di entrare ed uscire a loro piacimento dalla Turchia. È questa la realtà nuda e cruda, poi potremmo anche entrare nel merito della Siria di Assad, se definirlo un regime autoritario o un paese laico e non allineato con la Nato ma la sostanza non cambierebbe di molto.
La seconda è la guerra combattuta dai kurdi per conquistare quella autodeterminazione loro negata da tutti per secoli, parliamo di un popolo sparso tra più paesi e combattuto da Assad e dalla Turchia per decenni senza risparmiarsi l'uso di gas contro la inerte popolazione civile. Un discorso a parte meriterebbe la resistenza della popolazione siriana contro gli occupanti, anche di chi (come i comunisti) negli anni passati avevano subito le feroci repressioni di Damasco. Se poi vogliamo parlare di gas, le accuse recenti ad Assad di farne ampio uso sono cadute nel vuoto e l'accusa si è rovesciata su quanti l'avevano propagata per legittimare la guerra cosiddetta civile, costruita ad arte per giustificare l'occupazione della Siria.
Abbiamo tagliato concetti e processi storici con l'accetta, chiediamo scusa a chi troverà questa lettura fin troppo semplificata ma di questi tempi è bene farsi intendere anche a costo di sembrare riduttivi.
Partiamo allora dagli eventi di questi giorni, girando per le manifestazioni di piazza a sostegno del popolo kurdo è difficile sentir parlare di Siria, di occupazione militare Usa e Nato, di basi militari Usa nel nostro paese, evento raro imbattersi in concetti concreti come l'antimperialismo o in pratiche di boicottaggio delle merci turche ed israeliane (Israele, anzi il suo intelligence, gioca un ruolo nevralgico ma sotterraneo nell'attacco alla Siria). Andiamo dunque ad evidenziare alcuni limiti della solidarietà attiva verso il popolo curdo, una solidarietà che facciamo nostra senza tuttavia operare omissioni e letture revisioniste della realtà.
L'attacco della Turchia si prefigge due obiettivi ambiziosi ossia indebolire il vicino siriano, allontanare l'Iran presente in Siria con migliaia di combattenti e soprattutto cacciare via i kurdi, allontanarli dalle frontiere nazionali dove potrebbero essere di esempio per la minoranza curda in Turchia, milioni di uomini e donne sottoposte a carcere, violenze, repressione, una comunità alla quale viene negata anche la stessa identità culturale.
La Turchia attacca le zone controllate dall'esercito popolare curdo, vorrebbe destabilizzare la Siria, controllare corridoi e aree petrolifere, sostituire i curdi con i profughi siriani e battere cassa alla Ue minacciandola di aprire le frontiere nazionali scaricando milioni di migranti verso i paesi del vecchio continente. Ma in Italia chi è veramente consapevole di questa situazione? Pochi.
I più guardano con sospetto se non con aperta ostilità la resistenza della Siria contro gli islamici, Assad viene sostenuto apertamente dall'Iran e dalla Russia di Putin e raccoglie simpatie anche nella estrema destra italiana, per questo non se ne parla manipolando la realtà. La storia degli ultimi anni parla da sola, il tentativo di destabilizzazione della Siria operato a tavolino da Israele (in funzione anti-palestinese), Usa, Turchia e multinazionali mirava direttamente a distruggere un paese non allineato con le loro posizioni, distruggere la Siria sarebbe stato dirimente per il controllo dell'intera area.
La rivolta contro Assad è stata il trampolino di lancio dell'Isis, a combattere Assad (con i soldi delle monarchie del Golfo) gli eredi dei mujaheddin, combattenti per la guerra santa islamica, finanziati, armati, addestrati e protetti dagli Usa fin dai tempi della guerra in Afghanistan e successivamente spostati nei Balcani in funzione anti-jugoslava. I mujaheddin, vecchi o nuovi non corre differenza alcuna, li ritroviamo in ogni area di crisi militare.
La guerra civile in Siria è stata creata a tavolino dagli Usa con il sostegno attivo della Turchia, ha provocato centinaia di migliaia di morti, distrutto la millenaria cultura di antiche civiltà ma resta innegabile che questo conflitto ha creato le condizioni affinché i curdi potessero raggiungere il loro storico obiettivo: conquistare un’autonomia territoriale che fino ad oggi tutti gli hanno negato: Iran, Iraq, Turchia, Urss, Siria.
L'esperienza curda è stata un importante e innovativo processo di democrazia, autodeterminazione e laicità tanto da conquistarsi un’attiva e diffusa solidarietà internazionale. Ma se oggi l'Isis non ha vinto è merito non solo della resistenza curda ma di quanti hanno combattuto, dall'Iran alla Russia, dalla Siria di Assad ai curdi, è bene ribadirlo perchè i revisionisti storici sono ovunque, nella estrema sinistra inclusa. Sostenere allora le istanze curde sarebbe in conflitto con la denuncia della guerra contro la Siria? Certo che no, allora per quale ragione in molti hanno letteralmente rimosso la Siria dalla loro solidarietà attiva?
Il ruolo degli Usa. dopo anni nei quali gli Usa erano considerati i nemici dichiarati dei movimenti di liberazione, i sostenitori dei sanguinosi colpi di stato nel continente latino americano, oggi sembra essere cambiato il vento. Non ci stupiamo, la risoluzione al Parlamento europeo che equipara nazismo e comunismo annovera più proseliti di quanto crediamo, l’ignoranza del recente passato gioca un ruolo dirimente se capita di ascoltare lo sdegno di chi denuncia l'abbandono dei curdi da parte di Trump. Gli Usa da quando sono amici e alleati dei movimenti di liberazione (da 50 anni a questa parte)? Gli Usa debbono evitare che il loro alleato storico, il secondo esercito nella Nato, si avvicini troppo alla Russia di Putin, per questo sarà concesso al sultano Erdogan di sconfinare in Siria portando guerra e distruzione. Ed Erdogan rappresenta una minaccia anche per la Ue, l'indebolimento dell'Europa (alle prese con una grande emergenza migranti) giocherebbe a favore dell'economia Usa.
Un progetto coloniale. L'obiettivo di Erdogan è cacciare via i curdi dai loro territori per sostituirli con i profughi siriani ospitati in Turchia in cambio di miliardi di euro dalla Ue. L'economia turca, in recessione, da 5 anni a questa parte si regge sui finanziamenti Ue, sui contratti commerciali e i miliardi di euro a fondo perduto. Cacciando via i curdi Erdogan allontanerebbe lo spettro di una guerra civile interna alla Turchia, distruggerebbe le esperienze di autogestione curde creando zone cuscinetto controllate militarmente dalla Nato. In un colpo solo sarebbero tolti di mezzo i curdi mettendo sotto scacco la Siria.
La Turchia è un paese Nato, dall'Italia partono ingenti quantitativi di armi, non parliamo solo di quelle vendute a Erdogan (senza dimenticare la delocalizzazione di tante imprese italiane del tessile in Turchia o gli intensi scambi commerciali) ma dei supporti logistico-militari provenienti dalle basi militari Usa e Nato dislocate in Italia. Nei giorni scorsi gli Usa, attraverso la visita in Italia del Segretario di Stato Pompeo, ne parla Manlio Dinucci sulle pagine de Il Manifesto, hanno chiesto all'Italia non solo di acquistare nuovi F35 ma di saldare il pagamento dei caccia già acquistati. Sempre Pompeo ha chiesto di favorire il potenziamento delle basi Usa e Nato nel nostro territorio dotandole di infrastrutture indispensabili per il trasporto di armi. Anche su questo i movimenti sono silenti.
A pochi chilometri da Pisa, dove la base Usa e Nato di Camp Darby - il cui sbocco al Porto di Livorno e alla ferrovia è stato favorito dalle istituzioni locali, grilline, di centro-sinistra e di destra - contro il potenziamento della base molti dei solidali con le giuste istanze del popolo curdo non hanno detto una parola. Per essere ancora più chiari hanno ignorato il problema salvo poi vestire i panni internazionalisti solidarizzando (a ragione lo ripetiamo) con i curdi come ieri facevano con il Chiapas ignorando cosa stesse accadendo nel continente latinoamericano.
Si rinuncia a combattere il militarismo a casa nostra, la militarizzazione dei nostri territori utilizzati sempre più a fini di guerra, l'aumento delle spese militari recentemente deciso dal Governo Conte bis in linea con i dettami Nato e Usa, insomma internazionalisti e rivoluzionari quando si parla di eventi lontani dall'Italia ma silenti nel nostro paese al cospetto delle servitù militari. Sarà per questo motivo che Lenin esortava a combattere il nemico in casa propria, una esortazione di oltre un secolo fa ma assai più attuale, e lungimirante, dei luoghi comuni di certi internazionalisti.