Quasi tutti i leader politici e quasi tutta la stampa italiana e occidentale stanno presentando gli eventi degli ultimi giorni solo come un'aggressione di Hamas – in realtà vi partecipano anche diverse altre milizie palestinesi – a Israele sottacendo del tutto, come nel caso della guerra in Ucraina, i precedenti di questo conflitto. I palestinesi hanno subito 75 anni di violenza, l'espansione delle colonie ebraiche nella regione loro assegnata, il pieno controllo da parte dell'esercito israeliano di questo loro territorio, l'espulsione di massa, la distruzione di case e olivi, la privazione dell'acqua, la frammentazione del territorio in una sorta di bantustan non comunicanti fra di loro. La stessa Gaza, ermeticamente chiusa da ogni lato, compreso il mare, è separata dal resto della Palestina e le stesse riunioni del Parlamento palestinese sono pressoché impossibili. I palestinesi vivono in una sorta di apartheid e il confronto con Israele è impari. La violenza e le provocazioni dei coloni in Cisgiordania sono quotidiane e gli stessi arabi che vivono in Israele sono discriminati per legge. Numerosissime risoluzioni dell'ONU, che prevedono per i Palestinesi uno Stato autonomo con capitale Gerusalemme Est, sono state lettera morta e Israele ha spostato proprio a Gerusalemme Est uffici pubblici in vista dello spostamento della sua capitale nell'intera Gerusalemme. Gli Stati Uniti, che hanno armato fino ai denti questo Stato per farne il gendarme del Medio Oriente, permettendo anche che si dotasse della bomba atomica, hanno assecondato questa politica spostando a Gerusalemme Est la propria ambasciata. Numerosissimi palestinesi cacciati dalle loro terre vivono in esilio o in campi profughi disseminati in tutta la Palestina. Generazioni di bambini sono nati durante l’occupazione e/o l’esilio, migliaia di questi bambini sono morti sotto i colpi di Israele o dei coloni ebrei. Più volte il popolo palestinese, e anche recentissimamente, ha dovuto subire l'umiliazione della violazione di luoghi per loro sacri.
Gli attacchi militari israeliani sono stati costanti: ricorrenti invasioni, raid e omicidi nella Cisgiordania occupata, bombardamenti di massa nella Striscia di Gaza.
A fronte di questa oppressione i Palestinesi hanno reagito con proteste, petizioni, marce, appelli all'Onu o alla Corte internazionale di giustizia, e si sono coordinati con organismi internazionali che sostengono la loro lotta. Io stesso sono stato in missione in Palestina e ho visitato clandestinamente alcune città chiuse dal coprifuoco all'indomani dell'11 settembre del 2001, quando il capo dell'Autorità palestinese, Yasser Arafat, successivamente assassinato, viveva rinchiuso e circondato a Ramallah e il giorno prima era avvenuta un'orrenda strage nel campo profughi di Jenin. La Resistenza non poteva non contemplare anche la legittima violenza ma, poco o per niente armata, spesso facendo uso delle pietre contro i carri armati oppure di attentati suicidi che però determinavano sempre una reazione violentissima di Israele, era incapace di conseguire successi. Alle inefficaci azioni militari di Hamas dalla striscia di Gaza con missili artigianali che quasi mai raggiungevano il bersaglio, seguiva una risposta violentissima dell'esercito israeliano, che distruggeva abitazioni e infrastrutture, comprese quelle finanziate da organismi internazionali e dalla stessa Unione Europea.
Va detto anche che il popolo palestinese era fino a pochi anni fa fra i più laici del Medio Oriente e che Israele ha fatto di tutto per screditare la sua espressione politica allora nettamente maggioritaria, l'Olp di Arafat, respingendo ogni proposta di soluzione del problema palestinese secondo le infinite risoluzioni dell'Onu. Per lo stesso scopo di screditare l'Olp, ha favorito e finanziato, insieme agli Stati Uniti, Hamas, e altre fazioni fondamentaliste islamiche del Medio Oriente, quali i Talebani e l'Isis, in funzione di divisione violenta dei popoli arabi.
Il diritto internazionale vieta gli attacchi contro i civili e quindi anche l'attacco di Hamas ha contemplato alcune violazioni di questa norma, ma prima di lui, per decenni lo ha fatto di routine Israele senza che la quasi totalità dei nostri politici l'abbia condannato.
Il 7 Ottobre è avvenuto un fatto imprevisto. Il recinto intorno alla striscia di Gaza è stato infranto in molti punti e numerosi palestinesi, a piedi o a bordo motociclette e dotati di armamenti, seppure molto meno letali di quelli del nemico, in grado di infliggergli danni. Così, supportati dal lancio di missili molti dei quali rudimentali ma numerosissimi (500 solo il primo giorno a detta dell'esercito israeliano), si sono spinti all'interno del territorio di Israele per alcuni chilometri. Colti di sorpresa alcuni soldati e ufficiali israeliani sono stati fatti prigionieri insieme a civili e sono stati trasferiti a Gaza per diventare eventuale merce di scambio con i prigionieri palestinesi e anche nella vana speranza di dissuadere Israele dal bombardare indiscriminatamente la regione.
Pare che i servizi di intelligence israeliani, fino a ieri considerati molto efficienti, non abbiano previsto questa mossa, a meno che non abbiano finto di non prevederla e l'abbiano permessa per un po' al fine di avere il pretesto di distruggere completamente l'insediamento di Gaza e/o i suoi miliziani, come hanno già promesso e come pare stiano facendo.
Mentre nei territori occupati da Israele ancora si sta combattendo, il Ministro della Difesa di quel paese ha dichiarato, senza timore di essere tacciato da razzista: "Ho ordinato il blocco completo della Striscia di Gaza. Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante. Tutto è chiuso. Stiamo combattendo gli animali umani e stiamo agendo di conseguenza". Successivamente è stata bloccata anche l'erogazione dell'acqua. Gli attacchi israeliani non risparmiano scuole, ospedali e campi profughi dove vivono ammassati milioni di palestinesi (Gaza ha una superficie che è circa un quarto del comune di Roma, ma vi vivono tre milioni di persone, con un tasso particolarmente elevato di bambini), il tutto in preparazione dell'invasione di quel territorio martoriato.
La lotta, nonostante l'effetto sorpresa, resta impari (Israele è la quarta potenza militare al mondo) e le probabilità che si concluda con l'ennesima sconfitta e con pesantissime conseguenze per la popolazione di Gaza sono molte. Ma per la prima volta non muoiono solo i palestinesi, Israele non si è dimostrato così invincibile come pareva e, comunque vada a finire, la resistenza non potrà essere schiacciata per sempre.
Non sono molte, a mio modo di vedere, le probabilità che questa drammatica vicenda induca il governo israeliano a rivedere la sua politica prima di cacciarsi in un vicolo cieco e che si renda disponibile a una soluzione giusta del problema palestinese nell'interesse dei suo stesso popolo. Più probabilmente, prevarrà ancora l'opzione della forza.
Per ora va registrato che gli Stati Uniti hanno inviato la portaerei USS Gerald R. Ford un incrociatore e tre cacciatorpediniere al largo delle coste di Israele nonché altre decine di caccia F-35 e F-15 e bombardieri strategici B52H, a quanto ha riferito CNN, a sostegno dell'impegno militare di quello Stato che ha ammassato ingenti quantità di corazzati ai confini di Gaza, evidentemente con l'intento di invaderla.
Per gli States, che già nella loro storia si sono macchiati di immensi crimini, partecipare anche a questa carneficina sarebbe cosa normale, come è stato normale che autorevoli suoi uomini politici abbiano incitato Israele a spianare per sempre Gaza. Lo stesso alleato NATO, Erdogan si domanda “Perché la portaerei americana viene in Israele? A quale scopo? Che cosa vogliono fare esattamente? Colpiranno Gaza con i loro aerei da guerra e commetteranno un massacro?”.
L'evento non poteva restare circoscritto. Si sono verificati scontri tra palestinesi e forze di sicurezza israeliane a Gerusalemme est, compresi grandi campi profughi e a Hebron, nei pressi di alcuni dei numerosi checkpoint, e in alcuni insediamenti ebraici in Cisgiordania, nonché al confine nord di Israele con il Libano dove Hezbollah, legata all'Iran e ritenuta ben armata e addestrata, ha espresso solidarietà con i palestinesi e l'intenzione di entrare nel conflitto. L'Iran ha ricevuto minacce di gravissime ritorsioni se Hezbollah entrerà in guerra. "L'Iran ha 4 grandi raffinerie, e se Hezbollah attaccasse Israele, coordineremo gli sforzi statunitensi e israeliani per escludere l'Iran dal business del petrolio distruggendo le sue raffinerie. Sono il nostro obiettivo", ha affermato Lindsay Graham, Senatore della Carolina del Sud.
L'Occidente all'unisono si schiera con Israele, nonostante al proprio interno diverse manifestazioni abbiano espresso solidarietà con la Palestina. La ragione di fondo sta nelle radici razzistiche del liberalismo, secondo cui l'umanità si divide in due categorie: il “giardino”, cioè gli uomini liberi, e i selvaggi sub-umani che sarebbero il resto, maggioritario, dell'umanità. Al posto della razza si è messa la retorica democratica, ma poco cambia. E cos'è Gaza se non un immenso campo di concentramento?
Si oppone a questo atteggiamento il mondo arabo, sia gli stati più fermamente filo palestinesi, sia quelli “moderati”, evidentemente preoccupati di non urtare gli umori delle proprie popolazioni, che si compattano in favore del popolo palestinese. Per esempio l'assistenza medica del confinante Egitto è stata inviata a Gaza, nonostante la chiusura di quel confine, mentre l'Arabia Saudita ha deciso di porre fine ai negoziati che erano stati avviati per normalizzare le relazioni con Israele. Ma anche in America Latina, in Africa e in Asia la maggior parte dei paesi si è dissociata dalla narrazione delle potenze occidentali.
A causa della nuova situazione è probabile che parte degli aiuti militari destinati all'Ucraina vengano inviati urgentemente in Israele, lasciando a sé stesso il Paese che avrebbe dovuto, con gli aiuti NATO, spezzare le reni alla Russia e che invece pare stia perdendo la guerra e che le reni se le sia trovate spezzate l'Europa. A proposito di armi, insistenti voci che non sono in grado di verificare asseriscono che buona parte degli armamenti in dotazione di Hamas sono proprio quelli dati all'Ucraina attraverso triangolazioni e mercato nero. Quello che è certo che molte di queste armi provengono dall'Occidente e pare anche dal bottino degli Usa in Afghanistan.
L'Italia, che colpevolmente non ha mai riconosciuto lo Stato palestinese, si è nuovamente ricoperta di vergogna con l'appoggio incondizionato a Israele. Al coro di condanna di Hamas si è associata anche la vicepresidente piddina del Parlamento Europeo che ha voluto strafare elogiando Israele per le “lezioni” che dà di “libertà e progresso” contro la “barbarie”. Purtroppo anche la CGIL dal palco della grande manifestazione romana del 7 ottobre, per bocca di Maurizio Landini, ha “Condannato in modo esplicito ciò che ha fatto Hamas contro il popolo israeliano”, senza dedicare una parola di condanna alla politica criminale di Israele.
Russia e Cina, invece, hanno mantenuto un tono utile a favorire una soluzione pacifica della questione palestinese, auspicando l'attuazione delle decisioni in merito delle Nazioni Unite.
Crediamo che questa sia l'unica via ragionevole di uscita da un conflitto che sta massacrando e riducendo in condizioni invivibili un intero popolo.
Ma se i toni sobri si addicono a potenze che hanno in mano le sorti di miliardi di persone, come militanti comunisti non possiamo che esprimere solidarietà verso il popolo palestinese, nonostante che in questa fase, anche per ben precise responsabilità del mondo “civile”, in maggioranza si riconosca in una forza, Hamas, conservatrice su basi religiose. Il diritto internazionale prevede che la resistenza armata sia legittima contro l’occupazione straniera o contro regimi che violano i diritti umani. Al netto di episodi non condivisibili di violenza verso i civili, siamo con la resistenza palestinese.