Il governo siriano dopo la riconquista di Aleppo, la Stalingrado del conflitto siriano, ha potuto indirizzare la propria azione militare verso oriente riprendendo progressivamente il territorio occupato dall’ISIS fino alla quasi completa liberazione del territorio orientale. Ciò è stato reso possibile dal supporto militare e politico degli alleati regionali e della Russia.
Con la liberazione di Deir el-Zor, e le contemporanee operazioni delle milizie curde, del governo e delle milizie popolari irachene, l’ISIS è quasi completamente scomparso dalla Siria. Se il Califfato era quasi giunto alle porte di Baghdad, occupando ampissime porzioni di territorio iracheno e siriano, oggi è stato completamente debellato in Iraq, tanto che le milizie popolari locali hanno riconsegnato le armi pesanti al governo di Al-Abadi. In Siria rimangono invece due sacche ad oriente e una piccola porzione di territorio a sud-ovest a ridosso del Golan occupato da Israele.
La posizione del territorio occupato dall’ISIS è una chiara indicazione dei veri artefici di questa formazione mercenaria composta prevalentemente da ex-soldati iracheni e da milizie tribali sunnite, con una forte componente di professionisti internazionali della Jihad. Infatti l’ISIS si era impadronito dei territori previsti per uno stato sunnita dai piani imperialisti di partizione di Siria ed Iraq. Inoltre alcune foto testimoniano le riunione avvenute tra il senatore McCain e l’ex-califfo al-Baghdadi e gli altri capi della ribellione.
Con la sconfitta dell’ISIS gli Stati Uniti hanno orchestrato il riciclaggio dei combattenti dell’ex-Califfato, sul modello di quanto fatto da Allen Dulles per i nazisti tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale. Buona parte dei professionisti militari sono stati inviati in altri scenari di guerra con il chiaro intento di dare una giustificazione alla dislocazione delle truppe imperialiste in quelle aree del mondo, oppure sono ritornati nei propri paesi di origine dove si sono resi responsabili di atti terroristici finalizzati ad una nuova strategia della tensione.
Una parte dei jihadisti dell’ISIS è confluita nelle formazioni ribelli a direzione turca e nelle altre organizzazioni islamiste, che ne condividono la stessa visione reazionaria del mondo. Sotto la direzione del rappresentante americano presso la Coalizione Internazionale per l’invasione della Siria, Brett McGurk, si è ipotizzato di riciclare un'altra parte all’interno delle Forze di Sicurezza delle Frontiere che gli Stati Uniti hanno intenzione di costituire nel nord-est della Siria, dove hanno dislocato circa 20 basi militari nel territorio attualmente controllato dalle FDS [1]. Infatti con la presa di Raqqa l’avanzata delle FDS è proceduta spedita, essendosi le rimanenti truppe dell’ISIS concentrate quasi esclusivamente contro le truppe dell’esercito siriano. La città di Raqqa, completamente distrutta dai bombardamenti americani nel giubilo della stampa occidentale, sarà ricostruita dai sauditi.
Le due sacche sopravvissute dell’ISIS nella parte orientale sono situate una in pieno deserto, non lontano da Deir el-Zor, e l’altra lungo il confine iracheno, circondata dalle FDS e dalle basi americane. Come le truppe jihadiste possano sostenersi e riorganizzarsi in pieno deserto, circondate dalle forze governative, rimane un mistero. Almeno che non si voglia dare credito alle voci dei detrattori degli americani che raccontano di elicotteri statunitensi fare la spola tra le due sacche.
Quello che è evidente è il tentativo degli Stati Uniti di utilizzare le legittime aspirazioni dei curdi per la partizione della Siria. Un’altra base americana, dove sono stati recentemente inviati altri 600 soldati e dove è stata posizionata una batteria missilistica, è stata invece dislocata nella località di Al-Tanf vicino al confine iracheno e giordano, lungo la principale arteria stradale tra Siria ed Iraq.
Mentre il governo siriano è occupato a riprendere il Ghouta est alla periferia orientale di Damasco, la Turchia ha approfittato del pretesto fornito dagli annunci americani di addestrare e armare una truppa di confine nel nord-est della Siria per invadere il cantone di Afrin. I curdi nonostante l’eroica resistenza, supportati da alcune milizie inquadrate nelle FDL [2], la Brigata Liwa al Baqir, sono vicini a capitolare. I turchi e la fanteria jihadista dell’ESL [3], dopo aver ripreso il confine, stanno assediando Afrin, che è quasi chiusa da tre fronti. Notevole è stato l’utilizzo degli elicotteri d’assalto T-129 (la versione turca dei Mangusta italiani), prodotti dalle industrie aerospaziali turche su licenza dell’italiana AgustaWestland. Sono sempre più diffuse le testimonianze di pulizia etnica ai danni dei curdi e dei non musulmani da parte dei fondamentalisti inseriti nell’ESL, già artefici di crimini ad Aleppo Est. Questi ascari, tanto osannati tempo fa da parte della sinistra italiana, costituiscono la fanteria delle truppe di occupazione turca contro i progetti autonomisti dei curdi siriani. Progetti, basati sul municipalismo di Murray Bookchin, che sono stati resi possibili dalla debolezza dello stato siriano, ma che hanno vita assai difficile quando si devono confrontare con uno stato forte come la Turchia, la quale nel 2016 ha massacrato i curdi del Kurdistan settentrionale.
Mentre i curdi sono massacrati nel silenzio, il coro della stampa occidentale urla contro le uccisioni di civili da parte del cattivissimo Assad nel Ghouta. Eppure quegli stessi civili, nel totale silenzio della stampa, si sono sollevati in alcuni villaggi del Ghouta proprio contro gli occupanti jihadisti, manifestando a favore del governo siriano. La loro uscita dai corridori umanitari predisposti dal governo era infatti impedita proprio dagli stessi jihadisti che bombardavano le vie di fuga. La favola dei ribelli buoni e del lupo Assad cattivo perde sempre più di credibilità, fino alla prossima messa in scena chimica da imputare senza alcuna prova al governo siriano. Almeno che non si voglia prendere per oro colato foto e video dei caschi bianchi, legati ad al-Nusra. Non a caso recentemente è stata diffusa dalla stampa la notizia dell’acquisto da parte siriana di componenti resistenti agli acidi importati dalla Repubblica Popolare Coreana con lo scopo di utilizzarli per la produzione di armi chimiche. I componenti esibiti hanno anche utilizzi civili, come ad esempio nei processi di lavorazione dello zucchero, ma l’utilizzo a fini bellici è stato dato per scontato.
L’attacco della Turchia, unito alle sempre più insistenti minacce americane e alle più frequenti incursioni di aerei israeliani, fa presagire ad una guerra diretta, avendo ormai gli imperialisti sostanzialmente perso quella per procura. La tregua votata all’ONU poco tempo fa avrebbe dovuto comprendere il cantone di Afrin, ma la Turchia, considerando le YPG milizie terroriste, si rifiuta di attuarla nel silenzio totale della stampa occidentale e degli Stati Uniti, che invece accusano la Siria di non rispettarla nel Ghouta est. Eppure nessuno ha mai sostenuto che i jihadisti violassero le tregue quando colpivano con i mortai la città di Damasco. Gli statunitensi hanno anche minacciato i curdi degli altri cantoni della Rojava di sospendere i finanziamenti e i rifornimenti di armi qualora andassero a supportare i loro confratelli, transitando per i territori controllati dal governo siriano.
I curdi avendo consentito agli Stati Uniti di installare le basi nel nord-est della Siria hanno messo il proprio futuro e quello della Siria in pessime mani. Gli americani non si faranno problemi a sacrificarli quando riterranno che sarà il caso di far entrare la Turchia anche nei cantoni orientali. Non è un caso che i turchi siano partiti proprio da quelle zone dove non sono presenti basi americane. Tuttavia la Turchia ha tuonato che, se le YPG non saranno sciolte e le loro armi riconsegnate, terminato con Afrin passeranno a Manbij, dove girano sempre più voci su un accordo con gli americani per un passaggio di quella zona in mani turche.
Questo dovrebbe far aprire gli occhi ai curdi: nessun loro progetto autonomista sarà mai possibile, alleandosi con gli imperialisti. I curdi si sono scavati la fossa con le proprie mani, e non possono accusare Russia e Siria di non averli difesi dalla Turchia, quando sono loro stessi ad essersi messi le serpi in casa. La Russia è chiaramente intervenuta in Siria a sostegno di Assad per difendere i propri interessi, ma ad oggi è l’unica nazione delle tre dei colloqui di Astana e Sochi che si è spesa per la presenza dei curdi in quei negoziati. Il governo siriano e quello russo avevano posto come condizione per la difesa di Afrin la riconsegna del territorio all’esercito e all’amministrazione siriana, con l'inquadramento delle YPG dentro le FDL. Ciò avrebbe tolto ogni pretesto ad Erdogan per intervenire direttamente, e avrebbe consentito ai siriani e ai loro alleati russi di difendere la Siria da questa diretta aggressione finalizzata a guadagnare terreno nei futuri colloqui di Astana o a supportare una futura operazione militare degli imperialisti.
È evidente il tentativo di Ankara di guadagnare territorio siriano contiguo con la sacca di Idlib dove sono presenti le milizie jihadiste sue alleate, supportate ora direttamente dalla Turchia nell’offensiva contro gli ex-alleati di Al-Nusra. D’altronde i gruppi islamisti dell’area condividono lo stesso progetto politico, una Siria islamica, ed in più occasioni hanno cambiato casacca tra loro passando da una formazione all’altra. Un reale cambiamento nell’area con la formazione dello stato federale siriano, auspicato da questo giornale, per essere attuabile non può che passare per l’espulsione degli imperialisti dalla Siria.
Note:
[1] FDS è l’acronimo di Forze Democratiche Siriane, ovvero una coalizione di truppe alleate degli statunitensi la cui maggioranza è formata dai curdi delle YPG.
[2] Le FDL (Forze di Difesa Locale) sono un un insieme di milizie che combattono dalla parte del governo siriano.
[3] ESL è l’acronimo di Esercito Siriano Libero, la principale forza antigovernativa nella prima fase del conflitto, da sempre legato alla Turchia.