Gli errori strategici del riformismo e la vittoria del fascista Bolsonaro

La vittoria di Bolsonaro si inserisce in un quadro di profonda crisi del PT provocata dal suo atteggiamento riformista. Solo l’alleanza strategica tra operai e contadini può far ripartire la sinistra brasiliana.


Gli errori strategici del riformismo e la vittoria del fascista Bolsonaro Credits: http://agenciabrasil.ebc.com.br/geral/noticia/2016-01/mst-comemora-32-anos-de-fundacao-com-120-mil-familias-acampadas-no-pais

In preparazione l'ennesimo governo preda del latifondo semi-feudale e dell'imperialismo nord-americano in forma di semi-colonia, mai come questa volta, in 30 anni di nuovo sistema “democratico” brasiliano [1], la disputa tra i due contendenti è stata così di basso livello e la loro votazione nel secondo turno delle elezioni è stata dovuta più spesso all'essere contro l'altro che a favore del candidato scelto, sia nel caso di Bolsonaro, che anche parzialmente in quello di Haddad. Non possiamo trascurare, poi, che il 30 per cento della popolazione brasiliana ha deciso di non scegliere nessuno dei due candidati; e stiamo parlando di oltre 40 milioni di persone, in un turno presidenziale che si è deciso per circa 10 milioni di voti.

Il PT, partito dello sconfitto Haddad, arriva al potere nel 2003, in una fase politico-economica estremamente conflittuale in Brasile. Fernando Henrique Cardoso, forse il peggior presidente brasiliano degli ultimi 30 anni, aveva cercato di privatizzare tutto il privatizzabile per “risanare” l'economia e fu costretto ad affrontare onde di scioperi e di grandi lotte contadine per la terra che lo avevano addirittura costretto a una seppur timidissima riforma agraria (si trattava soprattutto della distribuzione di porzioni più o meno ampie di latifondo improduttivo).

Prima di vincere le elezioni nel 2002, Lula scrive la famosa “Carta ai brasiliani” (che sarebbe meglio chiamare carta agli imprenditori) in cui garantisce che non altererà gli equilibri macroeconomici del paese ed in particolare il cosiddetto triplice patto macro-economico (cambio flessibile, controllo dell'inflazione e disavanzo primario). Non a caso il presidente della banca centrale sarà Meirelles, uno degli uomini più ricchi del Brasile, economista di scuola neoclassica e candidato alla presidenza della Repubblica nel 2018 con l'MDB (il partito storicamente dei latifondisti).

Dopo due anni di politiche chiaramente di stampo ultra-liberale (compresa la pessima riforma pensionistica che costrinse il partito a perdere la sua aula sinistra, oggi chiamato Psol, per avere deciso di opporsi all'ennesimo progetto che scaricava i costi sui lavoratori) e l'esplosione dello scandalo passato alla storia come “Mensalao” (scambio di voti in cambio di denaro) che costrinse il presidente a chiedere pubblicamente scusa nell'agosto del 2005, Lula decide di costruire la sua base di appoggio tra il sottoproletariato, ossia decine di milioni di miserabili, beneficiari dei suoi programmi sociali, principalmente la “Borsa famiglia”, che garantiva una rendita bassissima a questa fascia sociale. Il paradosso fu che il numero degli assistiti non diminuiva in forma significativa, perché molte persone non riuscivano a ottenere un lavoro e rimanevano dipendenti dal sussidio.

Le politiche luliste (e non petiste, perché Lula impose un marchio tutto suo al PT) furono orientate al meccanismo della conciliazione di interessi contrapposti attraverso la compensazione, in un’epoca di boom commerciale delle esportazioni brasiliane dovuto a una crescita esponenziale dei prezzi dei beni di consumo primari. Ad esempio, di fronte alle storiche rivendicazioni del movimento Sem Terra (MST) per la la riforma agraria il governo non fa distribuzioni di terre, garantendo il potere del latifondo semi-feudale, ma al tempo stesso finanzia molto generosamente i programmi sociali del MST.

In un'epoca di grande crescita economica (il PIL viaggiava a tassi compresi tra il 5 e il 7 per cento) Lula riuscì nei fatti a costruire un'alleanza interclassista che comprendeva tutta la classe dominante (latifondisti, speculatori finanziari, grande borghesia) e il sottoproletariato, escludendo le fasce più ricche della classe lavoratrice (che alcuni analisti chiamano la classe media) in quello che Andre Singer, ex portavoce del governo, chiama un “patto conservatore” e che si caratterizza attraverso un’azione di riforma senza distruzione dell'ordine esistente. È legittimo dubitare del reale impatto di queste supposte “riforme” e di un presidente che lascia l'incarico nel 2010 con tassi di approvazione popolare prossimi al 90 per cento, dimostrando come nessuno degli equilibri strutturali che tengono insieme lo Stato brasiliano fossero stati realmente stati messi in discussione.

Egli riesce inoltre a far eleggere Dilma Rousseff alla presidenza nel 2010, che in qualche modo cerca di continuare le politiche luliste aumentando il salario minimo e l'importo della Borsa famiglia, e continuando il finanziamento pubblico alle università private attraverso i programmi di sostegno agli studenti più poveri (ad esempio PROUNI, FIESP) che di fatto garantiscono un rendimento assicurato a quelle che in gran parte dei casi non sono altro che dei diplomifici; tutto questo invece di investire la totalità di questi importi per la costruzione di nuove università pubbliche e per il finanziamento di borse di studio agli studenti che ne avessero bisogno.

Allo stesso tempo però Dilma, che come Lula è stata di fatto “obbligata” ad allearsi con il centro conservatore dello spettro politico essendo priva di maggioranza parlamentare, cerca di determinare una svolta, seppur parziale nella politica macro-economica, con la decisione di abbassare i tassi di interesse e i costi di energia e luce (ma al tempo stesso riduce le imposte alle imprese senza alcuna garanzia di reinvestimento), creando così uno shock finanziario molto importante, senza una solida base politica per portarlo avanti.

Le manifestazioni del giugno 2013, nate dalla rivendicazione principale di riduzione del costo del trasporto pubblico e dalla composizione eterogenea, hanno visto successivamente vincere l'ala destra per l'incapacità di organizzazione egemonica delle varie organizzazioni a sinistra del PT e per l'atteggiamento suicida del governo, volto a presentare tutti i manifestanti come fascisti.

Alle elezioni del 2014, vinte da Dilma con una risicata maggioranza e su una prospettiva chiaramente anti-liberista, contestate fin da subito dall'opposizione sconfitta, sono seguite una politica macroeconomica simile a quella voluta dal candidato del centrodestra: mantenimento del triplice accordo macroeconomico, politica di austerità e riduzione di imposte per le grandi imprese.

In tutto ciò le basi popolari di consenso organizzato, MST a livello contadino e CUT (Central Única dos Trabalhadores) a livello sindacale, erano costrette a un 'atteggiamento di sostanziale subalternità e di difesa delle politiche adottate dal governo, smarrendo quasi del tutto la pur necessaria autonomia di lotta.

La legge antiterrorismo dell'agosto 2016, nata dall'idea di fermare il terrorismo internazionale - ma utilizzata anche per tacciare di terrorismo i black bloc - è stata un gravissimo errore, dato che ha creato un pericoloso precedente che oggi Bolsonaro vuole utilizzare per considerare terroristici movimenti come l'MST e l'MTST (Movimento dos Trabalhadores Sem Teto - un movimento di occupazione di palazzi abbandonati).

Infine, il processo di impeachment (o golpe parlamentare che dir si voglia) condotto dal suo vice Michael Temer, reclutato tra le file del partito del latifondo, ha portato alla deposizione di Dilma sulla base di mai provate accuse di corruzione, senza che sostanzialmente nessuno, nemmeno lei, tentasse di giocarsi le sue carte per non essere deposta.

Si arriva così al 2018, in un quadro di crisi economica, disoccupazione crescente e di grande polarizzazione ideologica, con Lula propostosi alla rielezione, quotato da tutti i sondaggi come possibile vincente. Il processo che Lula ha subito dal giudice Moro, che è lecito definire una farsa, data la pressoché totale assenza di prove (con l'esclusione di una testimonianza comprata di uno dei suoi accusatori) lo ha visto condannato in seconda istanza a 12 anni e un mese di reclusione, con l'idea di tagliarlo fuori dalla contesa elettorale. La fine del progetto lulista avviene a nostro avviso quando dopo la condanna, profondamente ingiusta, nel suo discorso prima di consegnarsi alla polizia federale, Lula ha detto che se non credesse nella giustizia (borghese, aggiungeremmo noi) non avrebbe dovuto consegnarsi, ma chiamare alla rivoluzione. Ci chiediamo, dunque, se il processo è profondamente ingiusto, cosa che è acclarata, perché si sia consegnato e perché non abbia chiamato alla mobilitazione.

Tolto dalla contesa elettorale il principale leader popolare, e nella crisi profonda delle élite dominanti in Brasile, che hanno presentato vari candidati, tutti con una espressione elettorale ridottissima, può sorgere la vittoria di Bolsonaro, vecchio uomo dei bassifondi della politica, già membro del PP (base parlamentare dei governi del PT), noto alle cronache più per le sue dichiarazioni fascistoidi e apertamente razziste che per il suo operato all'interno dei banchi parlamentari.

In un contesto così polarizzato, con il PT a pezzi che solo all'ultimo lancia l'ex ministro dell'educazione Haddad, ha potuto determinarsi il successo della candidatura Bolsonaro.

La campagna elettorale è stata contrassegnata da migliaia di fake news, diffuse senza sosta dai sostenitori di Bolsonaro sulle reti sociali, principalmente su Whatsapp, e dalla coltellata contro Bolsonaro, avvenuta a poche settimane dal primo turno, che ha contribuito a esacerbare il clima e a presentare Bolsonaro come martire.

In conclusione, è necessario ricostruire una sinistra in Brasile che, al di là delle organizzazioni che la compongono, riesca a lanciare un programma minimo comune che comprenda: la riforma agraria integrale, la lotta all'imperialismo, inclusa la nazionalizzazione delle grandi multinazionali installate in Brasile e, infine, la democratizzazione reale del paese con la fine dei privilegi della casta burocratico-militare e il clientelismo imperante, che colpiscono principalmente le aree più povere del paese. A nostro avviso, il soggetto deputato a compiere questo ruolo di avanguardia non può che essere l'alleanza operaio-contadina.


Note

[1] Le virgolette sono dovute al fatto che ci viene difficile chiamare democratico un paese in cui la rivoluzione borghese è stata sconfitta da un golpe militare e la ri-democratizzazione è stata interamente gestita dai militari.

15/12/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Matteo Bifone

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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