“Io che non credo alla guerra, non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire – fra cent'anni – vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: "Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare”(Vittorio Arrigoni)
Buon compleanno ‘Vik’. Avrebbe compiuto oggi 42 anni Vittorio Arrigoni, giornalista, scrittore, e pacifista ((Besana in Brianza, 4 febbraio 1975 – Gaza, 15 aprile 2011). Ucciso a suon di botte a Gaza, il 16 aprile del 2011, quando un commando terrorista chiede il rilascio immediato dal carcere dello sceicco salafita Abu al Walid al Maqdisi. Un ragazzo che non si è mai stancato di ripetere il suo credo: restiamo umani. Un cooperante convinto delle sue scelte e consapevole dei pericoli a cui va incontro sposando la causa palestinese. Approdato in Palestina nella sottile Striscia di Gaza, nel 2008, via mare, Arrigoni racconta senza fronzoli l’operazione Piombo Fuso. A Gaza in quei terribili giorni dal 27 dicembre 2008 a gennaio 2009 c’è solo un unico italiano: Vittorio Arrigoni.
Restiamo umani. Giorni ricordati in Restiamo Umani, edito da Manifestolibri nel 2011 e unico dossier dove l’inferno di Gaza è steso nero su bianco senza ostracismi in maniera cruda e nuda. Arrigoni è lì come volontario dell’International Solidariety Movement per sostenere i Palestinesi, figli di un Dio minore a detta sua, in una missione per la tutela dei diritti umani. Lui è lì, durante e dopo l’operazione Piombo Fuso e quindi il suo resoconto proviene direttamente dai campi di sterminio di Gaza, senza alcuna distorsione o manipolazione subdola dei media.
Nel dossier, non ci sono limiti per l’ipocrisia che una furia dettata da Israele può produrre. Questa furia, caratteristica costante nel depredare la Palestina ora israeliana, e prima ancora, sionista. Per i cecchini israeliani, ogni atto, occupazione, eccidio etnico, massacro o distruzione è legittimato come moralmente giusto e puro atto di autodifesa. Una razzia che si scaglia contro “la peggior razza umana” a detta di Israele che ora dichiara anche di voler tornare ad espandere le colonie.
“Guernica in Gaza e un lento morire in vano ascolto”. Bombardamenti, la morte di ragazzini inermi, il dolore negli ospedali e le abitazioni distrutte. Questo l’orrore di Gaza city, un’enorme base nemica e non luogo abitato da una popolazione civile. Ma un città fittizia diventata per Israele un obiettivo militare (in barba alla ‘sicurezza interna’ a loro difesa) e nel quale tutto è lecito. “Carri armati, caccia, droni, elicotteri apache, il più grande e potente esercito del mondo in feroce attacco contro una popolazione che si muove ancora sui somari come all’epoca di Gesù Cristo”. (Vik dixit).
E in maniera ancora più drammatica, la sorte toccata agli indifesi, prime vittime del massacro e che Arrigoni chiama ‘fabbriche di angeli’, “quei corpicini smembrati, amputati e quelle vite potate ancora prima di fiorire”. Nel raid di quei giorni, numeri alla mano, 235 bambini vengono uccisi 12 i paramedici nell’adempimento del loro dovere, 3 i giornalisti, ben 3350 i feriti, più della metà hanno meno di diciotto anni. Secondo il centro Mezan per i diritti umani, noto per la sua attendibilità, i civili palestinesi massacrati in due settimane rappresentano l’85% delle vittime totali. Senza contare i nove camici bianchi uccisi dall’inizio della campagna di bombardamenti e una decina le ambulanze colpite dall’artiglieria israeliana. Tutti cecchinati senzà pietà dalla furia sionista. Ricordiamo che il ‘sionismo’e un’ideologia che appoggia la pulizia etnica, l’occupazione e il massacro.
L’ingiustizia di fronte alla legge. “Quando emergeranno le enormi distruzioni della Striscia di Gaza, non potrò più andare ad Amsterdam per turismo, ma solo per comparire davanti al Tribunale Internazionale dell’Aia”. Queste le parole rilasciate al quotidiano Haaretz da un ministro israeliano che ha chiesto di restare anonimo. In Restiamo Umani, emerge anche l’impotenza delle Organizzazioni umanitarie e singoli cittadini che provano a trascinare davanti ai giudici l’esercito e il governo israeliano, nella speranza di farli inquisire per i crimini di guerra di cui si sono macchiati durante i 22 giorni di massacri a Gaza. Nelle loro apparizioni pubbliche i vertici militari e governativi non paiono preoccuparsene: dichiarano di avere prove tangibili per dimostrare che gli
edifici bombardati sono in realtà basi logistiche dei terroristi di Hamas. Intendiamoci, stiamo parlando di più di 20.000 case distrutte dai bombardamenti, e di oltre 1.300 vittime.
Restiamo umani: l’adagio di Vik. Restiamo umani, stay human è il leit motiv con cui Vittorio firma i suoi pezzi dalla Gaza sotto assedio. Per il cooperante italiano, restare umani significa non perdere il contatto con la propria umanità e con il senso di giustizia che la battaglia per i diritti umani e per la libertà del popolo palestinese porta con sé. Coerenza nel denunciare i crimini perpetrati a vittime innocenti da Israele in primis e nel compiere scelte magari difficili e scomode. Un invito alla solidarietà fraterna e profonda e alla speranza di risolvere un conflitto mai risolto.
Un eroe imperterrito nella sua lotta alle ingiustizie. Arrigoni dedica la sua vita in nome della libertà e della giustizia con il solo scopo di diffondere la verità al mondo all’ennesima prevaricazione colonialista di Israele. Senza remore racconta di tutto ciò che ‘accade lì’: in Israele, in Palestina, nella Striscia di Gaza. Non è semplice nemmeno definire i confini geografici di questo conflitto. Una vita spesa al fianco degli ‘ultimi’ e cresciuto con gli ideali del Che, Mandela e Mahmoud Darwish. Perù, Europa dell’Est, Africa, l’attivista italiano porta suo contributo ovunque ve ne fosse bisogno. Quando si reca in Congo nel 2006, come osservatore dell’Onu, alla madre dice: “Vorrei far vedere agli Africani che c’è anche un Occidente amico e non solo quello neocolonialista e sfruttatore”.
Tutto questo è stato Vittorio - Vik - Arrigoni: un vincitore. Mi preme ricordarlo con queste sue parole che testimoniano ancora una volta tutta la sua grandezza: “Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, dalle longitudini, a una stessa famiglia che è la famiglia umana”. Grazie Vik, magari avresti continuato a mandarci tue notizie e reportage da Guerrila Radio in cui auspicavi che i bambini avessero da mangiare e che i contadini potessero raccogliere i loro frutti".Stay human, Salam Aleikum.
Fonte: http://www.mifacciodicultura.it/2016/10/13/restiamo-umani-lindomito-viaggio-di-vittorio-arrigoni/