Storie di lotta e di resistenza a La Boca, il quartiere portuale e operaio per eccellenza di Buenos Aires, che si è modellato storicamente grazie all’immigrazione italiana, e che oggi vive sotto la morsa repressiva delle politiche autoritarie del governo locale.
di Parsifal Reparato
Buenos Aires, La Boca, uno dei quartieri più famosi, grazie ai muri delle case colorati con vivaci pitture e murales e al club calcistico del Boca Juniors, ma anche uno dei quartieri più degradati della capitale argentina. Non lontano dal centro di Buenos Aires questo quartiere ha costruito la sua identità attraverso la grande immigrazione italiana, a partire dalla seconda metà dell’800 fino agli anni ’50 del ‘900. L’inventività, il modo in cui i primi immigrati si sono arrangiati ed hanno abitato il quartiere, ha caratterizzato La Boca fino ad oggi e lo ha reso un punto di riferimento artistico e culturale.
A La Boca sembra di vivere in un piccolo paese, tutti si conoscono e la gran parte dei cittadini, con le proprie peculiarità, vive con partecipazione le dinamiche del quartiere. Buenos Aires è una metropoli grande ed ogni quartiere ha la propria identità, non c’è un centro di riferimento, quanto piuttosto una rete in cui ognuno costruisce le proprie relazioni. È lampante quanto questa rete sia costituita da corde totalmente diverse, è immediatamente visibile le differenze di classe tra le popolazioni che abitano i vari quartieri.
Spostarsi da La Boca al quartiere Palermo significa trovare due mondi distinti, da una parte le piccole costruzioni fatiscenti colorate da murales che raccontano la storia del quartiere, dall’altra edifici alti, ben curati con portieri che ne sorvegliano gli ingressi. I quartieri bene, come Palermo, sono ricchi di negozi e grandi catene di franchising che costeggiano le strade affollate e trafficate. Non lontano c’è La Boca, o addirittura le così dette villas, a cui non è riconosciuto neanche lo status di barrio o quartiere, dove sono relegati gli strati più poveri della società, le strade sono militarizzate e la polizia è presente in maniera massiccia.
Macri, l’attuale candidato repubblicano alla presidenza del governo nazionale, nonché capo del governo metropolitano di Buenos Aires dal 2007 ad oggi, ha cavalcato l’ondata di paura che ha attraversato gli anni di crisi del Paese ed ha promosso politiche repressive di sicurezza e ordine pubblico piuttosto che porre attenzione all’inclusione sociale e allo sviluppo dei quartieri in difficoltà. Solo a La Boca negli ultimi cinque anni sono morti per causa violenta ben 26 giovani, una violenza che si esprime in diversi modi, ma che ha come denominatore comune la violenza e la ghettizzazione da parte delle istituzioni che lasciano morire i propri ragazzi in baracche costruite senza alcun parametro di sicurezza o, ancor peggio, per mano di chi dovrebbe tutelarli.
Nel 2007 Macri, subito dopo essere stato eletto capo del governo di Buenos Aires, creò la Policia Metropolitana, un corpo di polizia appartenente alla sola città di Buenos Aires che è entrato in azione nel 2010. Le tristi vicissitudini che hanno attraversato questo corpo di polizia sono varie, dai capi della polizia imputati in vari processi, ai continui casi di gatillo facil, il grilletto facile, un fenomeno di cui gli uomini in divisa si rendono sempre più responsabili nei quartieri popolari.
Negli ultimi anni sono stati frequenti le sparatorie e gli omicidi da parte della Polizia a discapito dei cittadini più poveri e inermi. L’ultimo di questi atti risale al 9 novembre scorso, quando a La Boca un agente della polizia metropolitana ha sparato tre colpi di pistola contro un giovane ventenne inerme: Lucas, uno dei ragazzi del quartiere, stava rientrando a casa con sua figlia ed oggi si trova in fin di vita per essere stato colpito da tre proiettili, di cui due sparati mentre Lucas si trovava a terra sanguinante in seguito al primo colpo ricevuto al collo davanti l’uscio di casa sua.
La prima dichiarazione della governatrice della provincia di Buenos Aires, María Eugenia Vidal, ha dato credito alla versione della polizia che ha accusato Lucas di violenza di genere, notizia smentita in maniera plateale dai familiari e da tutti i testimoni. Subito dopo l’accaduto, la polizia ha tentato di coprire con vari mezzi l’ingiustificabile azione dell’agente, ha rifiutato di raccogliere e mettere agli atti le testimonianze dei vicini di casa di Lucas e di altri testimoni, ed ha diffuso una versione falsa dell’accaduto.
Nel corso dell’ultima settimana è esplosa la rabbia dei cittadini de La Boca, sono giorni di protesta e blocchi stradali nel quartiere, per denunciare l’ennesima violenza da parte della polizia porteña (di Buenos Aires). Nelle strade si grida contro questa violenza istituzionale, l’ennesima ingiustizia ai danni del popolo; si condivide il dolore dei familiari delle vittime del gatillo facil e quello che ogni giorno vive chi è lontano dallo stato di diritto. Ognuno è pronto a raccontare la propria esperienza, ognuno la grida con l’orgoglio di appartenere ad un quartiere difficile come La Boca, dove il proprio posto al mondo bisogna conquistarlo troppo spesso per strada piuttosto che nei luoghi di formazione o di lavoro. La rabbia si focalizza contro le politiche repressive e di stigmatizzazione dei settori popolari che da quasi otto anni porta avanti l’alleanza elettorale di Macri, il PRO (Propuesta Republicana). Parte da questa stessa logica la creazione dell’Unita di Controllo dello Spazio Pubblico (UCEP) che in molti indicano come parte delle politiche governative “fasciste per ripulire la città dai poveri”, reprimere i lavoratori e criminalizzare la protesta sociale.
Tra le tante mamme c’è Lucia, la madre di Diego Nuñez, che con fermezza, dignità e rabbia racconta della lotta che da 3 anni porta avanti affinché sia fatta giustizia per la morte di suo figlio, che la notte del suo diciannovesimo compleanno fu ucciso da un poliziotto con tre colpi di pistola al corpo e due alla testa.
La Boca, in questo momento pre-elettorale, si scopre un catalizzatore di eventi dove le classi più deboli, con le associazioni attive nel quartiere si riappropriano delle strade per chiedere giustizia, per chiedere diritti piuttosto che politiche di sicurezza. Le strade di sera si riempiono di ragazzi, amici e parenti di Lucas, dei genitori e dei figli di tutte le vittime dei gatillo facil, le strade sono bloccate dai presidi che andranno avanti fino a quando Lucas non uscirà dall’ospedale. La rabbia è dipinta anche sui muri del quartiere, i murales raccontano spesso la storia dei propri ragazzi morti per mano delle istituzioni, uno recita Ni un pibe menos (non un ragazzo in meno), dove sono riportati i ritratti di 11 ragazzi morti negli ultimi 5 anni. I giovani artisti del quartiere raccontano che un muro non era più sufficiente per raccontare tutte le vittime, così in ogni via si incontra un pezzo di storia della città.
La Boca, grazie al lavoro congiunto dei cittadini-attivisti con associazioni e artisti, diventa un luogo di ri-scrittura urbana, dove le soggettività subalterne si riappropriano dello spazio pubblico e lo rigenerano attraverso pratiche di cittadinanza attiva, trasformano la rabbia in voglia di riscatto e propongono un’alternativa possibile alle politiche classiste portate avanti da Macri e dalla sua coalizione.