Negli ultimi anni si spera sempre di aver toccato il fondo, per cui si potrebbe soltanto risalire, mentre continuiamo a sprofondare in un pozzo apparentemente senza fondo. Tale voragine, che sta piano piano risucchiando aspetti crescenti della civiltà umana, è prodotta da rapporti di produzione sempre più ingiusti e irrazionali che impediscono, in misura crescente, ogni sviluppo delle forze produttive. Non a caso siamo per la prima volta, da anni, in recessione a livello mondiale, in quanto anche la Repubblica popolare cinese non è più in grado di colmare la recessione dei paesi a capitalismo avanzato, a partire dal nostro. Si dirà: siamo stati vittime di una imprevedibile catastrofe naturale. Tale scusa non può essere considerata valida, visto che da anni si temeva una pandemia a livello internazionale, tanto che i paesi più previdenti – ossia i paesi socialisti in cui la pianificazione ha il sopravvento sull’anarchia degli interessi privati in continuo conflitto – ha prevenuto e limitato, sino quasi ad azzerare, i danni. Al contrario, sono stati proprio i paesi a capitalismo avanzato del mondo occidentale, colpiti dalla miopia della ricerca immediata del profitto, a non prevedere e prevenire un bel nulla. Anzi, negli ultimi anni si sono create tutte le condizioni, con le politiche neoliberiste, affinché la pandemia si scatenasse sui paesi a capitalismo avanzato, con lo smantellamento della medicina territoriale, del sistema sanitario, dell’istruzione e dei trasporti pubblici. Così i virus che, negli anni precedenti avevano colpito i paesi più arretrati, quest’anno hanno falcidiato soprattutto i più “avanzati”.
Peraltro la pandemia non ha nulla dell’imprevedibile catastrofe naturale, in quanto dipende dal modo irrazionale del capitalismo di sfruttare per i propri fini particolari immediati la natura, rompendo quel necessario ricambio organico indispensabile alla stessa vita dell’uomo sulla terra. Così lo sfruttamento intensivo degli animali, insieme a livelli sconsiderati di inquinamento hanno fatto della pianura padana, da anni dominata principalmente da Forza Italia e la Lega, il centro di irradiazione internazionale della pandemia, nonché il luogo a livello mondiale con la più alta concentrazione di contagiati e morti. Al punto che quando non è ancora finita la seconda ondata, pare già ripresentarsi una terza ondata.
Come al solito il discorso provvidenzialistico della livella non ha funzionato, visto che le vittime si sono concentrate soprattutto nelle parti più deboli e/o subalterne della popolazione, mentre ricchi e potenti sono prontamente guariti. Inoltre, in tutti i paesi capitalistici anche questa crisi “naturale” è stata prontamente sfruttata dalle classi dominanti per massimizzare i profitti, scaricandone gli effetti più deleteri sulle classi dominate. In tal modo i profitti dei più ricchi si sono ulteriormente accresciuti, come il processo di centralizzazione dei grandi mezzi di produzione, mentre a pagarne le spese sono stati innanzitutto proletari che, essendo troppo vecchi per valorizzare il capitale, erano divenuti dei faux frais della produzione.
D’altra parte il sistema di capitalismo di Stato sviluppato in Cina si è rivelato, ancora una volta, più efficiente del capitalismo fondato sulla concorrenza fra monopoli privati, tanto che ormai anche i mezzi di comunicazione dei paesi imperialisti danno per imminente il superamento economico della Repubblica popolare cinese a danno degli Stati Uniti d’America.
Questi ultimi, a causa delle politiche protezioniste e sfacciatamente imperialiste dell’amministrazione Trump, hanno ulteriormente perso la propria capacità di egemonia sul piano internazionale. Così il trattato di libero scambio fra i paesi del Pacifico, ideato per tagliare fuori la Repubblica popolare cinese, ha visto al centro proprio quest’ultima, escludendo proprio gli Stati Uniti che la avevano progettata. Il secondo esercito della Nato, la Turchia, ha stretto per la prima volta accordi più stretti anche sul piano militare con il principale antagonista dal punto di vista militare, la Russia, e le truppe di occupazione statunitense sono in fase di progressivo ritiro dal territorio del principale competitore interimperialista, ovvero la Germania. Paese che ha preferito portare avanti il gasdotto per acquistare il gas russo, piuttosto che comprare quello più caro venduto dagli Stati Uniti.
Inoltre, mentre i principali competitori sul piano internazionale, Cina e Russia, hanno visto rafforzare le proprie leadership, quella degli Stati Uniti si è ulteriormente indebolita nello scontro interno per le presidenziali. Così, anche a livello internazionale, la Russia ha nella maggior parte dei terreni di scontro sostituito il ruolo degli Stati Uniti quale principale attore e possibile mediatore. Mentre le pesantissime accuse di brogli elettorali, ripetutamente denunciati da Trump, hanno indebolito il ruolo che si erano assunti gli Stati Uniti di più autorevole giudice sulla limpidità dei processi elettorali a livello internazionale.
D’altra parte l’amministrazione Trump è riuscita a disimpegnarsi dai principali terreni di conflitto in cui l’esercito statunitense rischiava di impantanarsi, dall’Afghanistan, alla Siria, all’Iraq, rafforzando comunque il peso delle forze reazionarie sull’importante scacchiere mediorientale grazie alla ormai aperta alleanza fra sionisti e i paesi arabi più antiprogressisti.
Inoltre l’accentuata aggressività imperialista è riuscita a mettere alle corde i paesi più apertamente antimperialisti come il Venezuela e l’Iran, mettendo in serie difficoltà anche Cuba e la Bielorussia. Da questo punto di vista se nell’anno trascorso le forze imperialiste si sono indebolite, discorso analogo può esser fatto per le forze antimperialiste e socialiste.
Negli Stati Uniti le forze della sinistra, per quanto si siano rafforzate, sono state costrette ancora una volta ad allearsi in funzione del tutto subalterna con le forze centriste del grande capitale, pur di togliere il controllo del potere esecutivo alle forze della destra radicale. Dall’altra parte la sconfitta di quest’ultima è stata solo relativa, in quanto da sola ha totalizzato un numero di voti di poco inferiore a quelli del centro e della sinistra uniti. Tanto è vero che sul piano della lotta per il controllo del potere legislativo il confronto ha visto una parziale rivincita della destra radicale che ha, per altro, conquistato una decisa egemonia a livello del potere giudiziario.
Anche in Europa si è sostanzialmente rafforzato il bipolarismo fra le forze della destra radicale e le forze di riferimento del grande capitale transnazionale, per cui i principali competitori delle forze sostenitrici del dominante neoliberismo sono spesso forze apertamente reazionarie. Tanto che, non di rado, le forze della sinistra si trovano costrette, come negli Usa. a sostenere le prime, pur di sbarrare la strada alle seconde. Le forze della sinistra di alternativa in Europa si sono, nel loro complesso, ulteriormente indebolite. Dopo il crollo della sinistra di alternativa greca, in seguito alla sciagurata esperienza del governo Tsipras, abbiamo assistito alla sconfitta della sinistra di alternativa britannica di Corbyn che ha pagato, a carissimo prezzo, l’aver dovuto lasciare l’opposizione all’Unione imperialista europea alla destra conservatrice che, in tal modo, ha vinto nuovamente le elezioni. Ciò che è peggio è che anche nel Partito laburista la destra ha ripreso nuovamente il controllo della situazione, marginalizzando la sinistra di alternativa. Sinistra di alternativa che non pare nemmeno in grado in Germania, Francia e, tanto meno, in Italia di mettere in discussione il bipolarismo fra le due componenti della classe dominante, per cui a competere per il controllo delle cariche elettive sono principalmente conservatori e reazionari.
Anche la sinistra di alternativa al governo in due delle sue roccaforti europee, la Spagna e il Portogallo, sembra pagare la propria partecipazione, in funzione subalterna, a governi di centro-sinistra, facendo almeno per il momento tramontare la speranza di una forza in grado di mettere in discussione, da sinistra, il bipolarismo fra i due partiti espressione della classe dominante. Così, nonostante la Brexit, capitalizzata principalmente dalla destra conservatrice, l’imperialismo europeo è uscito da quest’anno economicamente indebolito, ma politicamente rafforzato, dal momento che sono tornate a essere minoritarie le forze in grado di metterlo in discussione.
Nel nostro paese, nonostante la crisi economica dirompente prodotta dal pensiero unico liberista, la sinistra di alternativa è quanto mai debole e scarsamente rilevante. In primo luogo in quanto non riesce in nessun modo a superare la suicida frammentazione, che le toglie credibilità, in parte perché le forze intermedie, politiche e sindacali preferiscono fare blocco intorno al governo, visto che per quanto legato agli interessi dei poteri forti, è messo in discussione quasi esclusivamente dalle forze della destra radicale. Come era facilmente prevedibile il bipolarismo, momentaneamente posto in discussione dal successo elettorale del populismo centrista dei grillini, si è presto sgonfiato non appena i Cinque stelle si sono dovuti prendere delle responsabilità di governo. In tale contesto, se la sinistra di alternativa continuerà a essere egemonizzata dalla piccola borghesia, piuttosto che essere in grado di egemonizzarla, la situazione difficilmente potrà migliorare nel breve periodo.
Per altro, anche le attuali politiche di stampo keynesiano, rese indispensabili dalla crisi in atto, non potranno che al solito aggravare la situazione, socializzando le perdite, sino a che non sarà di nuovo possibile privatizzare i profitti.
Del resto, tale incapacità si può constatare anche a livello internazionale, dove spesso i grandi movimenti popolari che si sono visti, per l’incapacità delle forze alternative di sinistra di averne l’egemonia, hanno finito per favorire, di fatto, le forze oggettivamente di destra della piccola borghesia. Così, per esempio, il grande movimento di massa che ha rovesciato il governo del Sudan, ha dato vita a un governo che ha immediatamente firmato il trattato di pace con le forze sioniste. Anche i movimenti di massa in Iraq, in Iran e in Libano hanno finito con indebolire le forze della resistenza antimperialista. Mentre la maggiore forza delle componenti di sinistra hanno certamente fatto sì che i movimenti di massa che ci sono stati in primis in Cile, ma anche in Colombia, Perù, Equador e Bolivia non hanno certo favorito di fatto, come in Medioriente, le forze antiprogressiste, ma non sono riusciti a essere sino in fondo incisivi.
Per quanto riguarda, infine, le forze del fascismo islamico se hanno subito delle importanti battute di arresto in Iraq e Siria – dove hanno dato buona prova di sé le forze della resistenza antimperialista – si sono ulteriormente rafforzate nel continente africano. Inoltre si sono sostanzialmente rafforzate le forze reazionarie islamiste al governo sia nel Golfo Persico – tanto che si sono potute di rendere pubblica l’alleanza con le forze reazionarie sioniste, che in Turchia, il cui governo ha mietuto dei sostanziali successi in Libia, in Nagorno Karabakh ed è riuscito a espandersi ai danni della Siria. Le forze della reazione religiosa mietono significativi successi in diverse zone del mondo, dall’India, dove controllano sempre di più il paese, in Brasile e negli Stati Uniti, dove le forze di estrema destra pentecostali sono sempre più influenti, in Israele dove sono ormai una componente decisiva del governo e in Polonia. Da parte sua il Vaticano, per la prima volta sotto il controllo diretto dei gesuiti, riesce a essere egemone su ampie parti della sinistra, in primo luogo proprio in Italia, dove ormai è divenuta una moda indicare il papa come il più eminente esponente della sinistra.