Il virus padano

Il tanto esaltato, dal governo, “modello Italia” è ormai fortemente criticato in tutto il mondo. Anzi un eminente virologo tedesco ha condotto uno studio per dimostrare che il virus diffuso in tutto il mondo in questo momento non è quello di Wuhan, ma piuttosto quello del nord del nostro paese.


Il virus padano

Il nostro governo ha a lungo parlato di “modello Italia” a proposito della nostra risposta alla pandemia, che avrebbe suscitato ammirazione in tutto il mondo. D’altra parte se la strategia di contrasto al virus messa in campo dalla classe dirigente fosse stata davvero vincente, l’annunciata seconda ondata avrebbe dovuto trovarci meno impreparati. “Alla fine della prima ondata, l’Italia è stato il paese con il più elevato numero assoluto di morti dopo il Regno Unito. Hanno perso la vita 40mila cittadini britannici contro i 35mila italiani (…). Anche in rapporto alla popolazione, il bilancio di Spagna, Regno Unito e Italia, tra i paesi maggiori, è parimenti disastroso: 60 morti ogni centomila abitanti in Spagna, 59 morti nel Regno Unito e 57 in Italia. Ma è probabile che il dato italiano sia sottostimato del 30% circa. (…) Si tratta di persone morte senza un tampone positivo, un evento piuttosto frequente nei giorni del picco epidemico di marzo-aprile”. [1] Senza contare che, a consentire all’Italia di contenere i danni non è certo stata la classe dirigente e dominante, quanto piuttosto gli scioperi spontanei della classe operaia che hanno imposto nei luoghi di lavoro misure restrittive molto radicali che ci hanno permesso di salvare il salvabile.

A ulteriore dimostrazione che la nostra classe dirigente e dominante non ha voluto imparare nulla dalla tragica esperienza della scorsa primavera, dove la difesa a tutti i costi dei profitti aveva già imposto decine di migliaia di morti fra i ceti subalterni, vi è l’attuale numero dei decessi che dimostra come l’Italia sia tornata, esattamente come nella prima ondata, alla testa dei paesi con il maggiore indice di mortalità. Come ha denunciato a ragione Ernesto Burgio, membro del Comitato scientifico di Eceri (European Cancer and Environment Research Institute) di Bruxelles,  “come nel marzo scorso”, l’Italia è “il paese in cui la pandemia miete più vittime”. [2] L’indice di letalità ci pone al terzo posto a livello mondiale. “Persino Stati Uniti e Brasile sembrano star meglio di noi. Se poi guardiamo al numero dei decessi giornalieri, siamo tornati in cima alla lista e il presidente dei medici del Fnomceo ha denunciato la morte di altri 27 medici in 10 giorni, e parlato di «strage degli innocenti».

“Eppure, nel nostro paese si fa a gara nell’interpretare ottimisticamente i primi rallentamenti della curva dei contagi; ci si schiera in modo sempre più critico nei confronti delle strategie di contenimento decise dal governo; si cerca di convincere tutti che la svolta è dietro l’angolo, grazie a vaccini dichiarati in tempi record efficaci e sicuri, mediante comunicati stampa, dalle stesse multinazionali che li producono; si attacca chi si permette di avanzare dubbi non sull’importanza dei vaccini, ma sulle modalità della comunicazione e sull’eccessiva fretta con cui si è proceduto, per la prima volta nella storia, nel percorso di sperimentazione” (Ibidem). 

Come osserva a ragione ancora Burgio: “il principale errore di chi punta esclusivamente su una ancora aleatoria vaccinoprofilassi di massa consiste nel dimenticare che le pandemie sono drammi socio-sanitari ed economico-finanziari di enormi dimensioni che non potremo evitare senza ridurne le vere cause: deforestazioni, bio-invasioni, cambiamenti climatici e dissesti sociali (a partire dalle immense megalopoli del Sud del mondo). 

E soprattutto se alle strategie di contenimento del virus e di riduzione delle catene dei contagi (lockdown) non seguirà una trasformazione radicale dei sistemi sanitari occidentali: perché è evidente che i paesi asiatici e socialisti (Cuba) nei quali la medicina territoriale è ben organizzata, hanno fermato in poche settimane la pandemia, al contrario dei paesi in cui il neoliberismo ha trasformato anche la medicina in un immenso Mercato” (ibidem). 

In questa situazione davvero tragica per il nostro paese, in cui i ceti subalterni, privi di una guida consapevole, hanno ripreso a subire passivamente la lotta di classe condotta unilateralmente dall’alto dai ceti dominanti, il governo senza vergogna, per continuare a compiacere questi ultimi, programma già un nuovo decisivo attacco a quel che resta del sistema sanitario nazionale. A denunciarlo è lo stesso quotidiano di Confindustria, in un articolo dall’inequivocabile titolo: “Dal 2023 tagli alla Sanità per 300 milioni all’anno. La verità sui conti” di Sara Monaci. [3] Nell’occhiello leggiamo: “È un documento che sta cominciando ad allarmare le Regioni italiane. Si tratta della relazione tecnica allegata alla legge di bilancio, che contiene una insidiosa precisazione sui tagli alla Sanità”. Come chiarisce Monaci: “Tradotto: il fondo sanitario nazionale dal 2023 dovrebbe avere, se questa impostazione verrà mantenuta, 300 milioni in meno”. Naturalmente, “la ragione di tale scelta è facilmente comprensibile alla luce delle regole europee. Nel 2023, su indicazione dell’Europa” la tendenza delle attuali manovre espansive – per finanziare i diversi settori della borghesia – “andrà rivista con una programmazione correttiva, che dovrà riportare il rapporto tra deficit e Pil al 3%. In concreto, a 5 miliardi di tagli” (ibidem).

Dinanzi a questo nuovo salasso che si preannuncia per le classi subalterne, assistiamo attoniti a un nuovo scandalo, ovvero al fatto che le classi dominanti riescano al solito a speculare indisturbate sulla crisi e la pandemia, incrementando ulteriormente i propri profitti. A denunciarlo è un articolo di uno degli organi di stampa passati sotto il controllo degli Agnelli, dall’eloquente titolo: “Vaccini, lo scandalo dei manager che speculano in Borsa e guadagnano milioni”. Come chiarisce l’occhiello: “grazie agli annunci sulle terapie anti-Covid, le azioni di Moderna, Novavax e Pfizer hanno moltiplicato il loro valore di mercato. E i dirigenti si sono precipitati a vendere i titoli. Con un tempismo sospetto”. Si tratta di un “business colossale. (…) Una pattuglia di privilegiati ha già tagliato il traguardo del proprio personale successo. Un successo che si misura in milioni di dollari, soldi accumulati in poche settimane alla Borsa di Wall Street. (…) Documenti ufficiali alla mano si scopre che molti manager impegnati nella ricerca dei vaccini sono passati alla cassa a tempi di record”. [4] Come veniamo a sapere dall’altrettanto emblematico titolo di un articolo pubblicato sullo stesso settimanale: “Il vaccino contro il Covid-19 vale oro: una torta da 21 miliardi per sei colossi del farmaco”. Come chiarisce ancora il “catenaccio”: “secondo i report più affidabili è questo il totale dei contratti per il pre-acquisto del medicinale. Un business riservato alle grandi aziende che in questi mesi sono state al centro di una gigantesca speculazione finanziaria”. [5]

Tornando all’inqualificabile governo italiano, mentre si prepara a dare il colpo di grazia al sistema sanitario nazionale, non trova di meglio da fare che aumentare ulteriormente la spesa per dotarsi di nuove armi. “Nel 2021 il solo bilancio del ministero della Difesa prevederebbe infatti al momento un aumento di 1,6 miliardi (quasi tutti per spese investimento) arrivando a un totale di 24,5 miliardi di euro. Se non è poi facile valutare con precisione la spesa complessiva di natura prettamente militare (ai fondi della Difesa vanno aggiunti quelli di altri dicasteri mentre vanno sottratte le funzioni non militari) è invece più semplice delineare il quadro delle risorse destinate all’acquisto di nuove armi: analizzando i capitoli specificamente legati all’investimento troviamo poco oltre i 4 miliardi di euro allocati sul bilancio del ministero della Difesa e circa 2,8 miliardi in quello del ministero per lo Sviluppo economico, a cui vanno aggiunti i 185 milioni per interessi sui mutui accesi dallo Stato per conferire in anticipo alle aziende le cifre stanziate per specifici progetti d’arma pluriennale. Ciò porterebbe dunque a un totale di ben 6,9 miliardi. (…) Risorse che peraltro vengono decise e destinate in un quadro di opacità e mancanza di trasparenza”. [6] Si tratta, naturalmente, di ulteriori risorse che oggi come mai sarebbe stato indispensabile impiegare per rilanciare i trasporti, la sanità e la scuola pubblica al collasso dopo decenni di tagli.

Tornando al “modello Italia” a lungo rivendicato dal governo italiano come fonte di imitazione in tutto il mondo, da un articolo – dall’emblematico titolo: “Il modello da imitare ora è un disastro: l’Italia della seconda ondata Covid vista dall’estero” – veniamo a sapere: “Le grandi testate internazionali avevano elogiato il nostro Paese in occasione del primo lockdown. Ma di fronte al nuovo picco di vittime, i giudizi sono radicalmente cambiati”. Naturalmente sino a che si trattava di parlare degli elogi il governo non faceva altro che citarli, mentre le odierne drastiche critiche sono passate completamente sotto silenzio. [7]

Ancora più significative, per concludere sul “modello Italia”, sono le considerazioni rilasciate alla tv tedesca ZDF dal “famoso virologo tedesco Alexander Kekulé, direttore dell’Istituto di microbiologia medica dell’Universitätsklinikum Halle”, riportate nell’articolo: Il virologo tedesco: “Il nuovo Covid-19 proviene dal Nord Italia”. [8] Come chiarisce subito il “catenaccio”: “secondo il medico Alexander Kekulé, il 99,5% dei casi nel mondo risalirebbe a un ceppo più virulento che si è sviluppato nel nostro settentrione: «Il virus non è stato bloccato malgrado gli avvertimenti della Cina. Sarebbe bastato utilizzare i loro metodi. Ma non sono stati presi in considerazione»”. Dunque, citando ancora l’eminente virologo: “Il virus diffuso in tutto il mondo in questo momento non è il virus di Wuhan. È il virus del nord Italia”. Come chiarisce l’articolo: “l'esperto ha affermato che la colpa dell’espansione del Covid-19 è determinata dalla superficialità nella gestione del problema da parte dell’Italia sugli avvertimenti ricevuti dalla Cina e della mancanza di contromisure, altrimenti il virus originale avrebbe potuto essere tenuto sotto controllo”. Per citare ancora, in conclusione, le parole dello scienziato tedesco: “La differenza è che a Wuhan non sapevano di cosa si trattava, mentre nel nord Italia vi erano già state avvisaglie da parte di Pechino, ma queste sono state ignorate per molto tempo. In Cina, il virus originale è stato bloccato con una certa rapidità, cosa che sarebbe potuta avvenire anche da noi, bastava solo utilizzare i loro metodi che non sono stati presi in considerazione”. Ipotesi suffragata anche da Vincenzo D’Anna, presidente dell’ordine dei biologi italiani, che ha affermato a Dagospia: “l’equipe del laboratorio dell’ospedale Sacco di Milano ha isolato un nuovo ceppo del Covid-19. Sembra che il nuovo ceppo del virus isolato a Milano sia domestico e non abbia cioè alcunché da spartire con quello cinese proveniente dai pipistrelli. Un virus padano esistente negli animali allevati nelle terre ultraconcimate con fanghi industriali”.

Note:

[1] La seconda ondata era annunciata, ma la lezione non è servita a niente di Andrea Capocci in “Il manifesto” del 29.11.2020.

[2] Il vaccino ci aiuterà ma non ci libererà dalle pandemie di Ernesto Burgio in “Il manifesto” del 29.11.2020.

[3] L’articolo è uscito su “Il sole 24 ore” del 25 novembre 2020. Ringraziamo Alessandra Ciattini per averlo segnalato e condiviso.

[4] L’articolo di Vittorio Malagutti è uscito su “L’Espresso” del 27 novembre 2020. Questo e altri dei successivi articoli che citeremo ci sono stati prontamente segnalati da Rosalinda Renda che ringraziamo. 

[5] L’articolo di Antonio Fraschilla e Carlo Tecce è uscito su “L’Espresso” del 27 novembre 2020.

[6] Moratoria su spese per nuove armi nel 2021: 6 miliardi da destinare a Sanità e Istruzione a cura del Coordinamento Campagne Rete Italiana Pace e Disarmo, pubblicato su retepacedisarmo.

[7] Articolo di Martina Santamaria uscito su “L’Espresso” del 25 novembre.

[8] Articolo di Pierluigi Bussi uscito su “la Repubblica” del 28.11.2020.

05/12/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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