PA all’erosione, servizi pubblici a rischio

A breve i pensionati supereranno il numero degli attivi nel settore della PA, mancati investimenti e formazione, strumentazione obsoleta, sindacati evanescenti: cronistoria di come tagli e austerità hanno eroso i servizi pubblici e spianato la strada alle privatizzazioni


PA all’erosione, servizi pubblici a rischio Credits: https://viterbo.unicusano.it/

Esiste una fotografia oggettiva dei servizi pubblici? La risposta è negativa, possiamo attingere da statistiche ufficiali ma una visione di insieme dei vari comparti in cui la PA è suddivisa non esiste.

Di fatto i lavoratori pubblici sono sopravvissuti a 9 anni di blocco della contrattazione che ha sostanzialmente arrestato il potere di acquisto salariale. Sono stati anni nei quali, a colpi di legge, non solo hanno bloccato contratti e salari ma sono arrivati processi di ristrutturazione con decreti leggi che hanno sostanzialmente ridisegnato il settore pubblico non senza stravolgimenti inutili, come la Legge Del Rio per le province.

Gli organici sono così diminuiti per il parziale blocco del turn over, i tetti di spesa e i patti di stabilità, si è innalzata l'età pensionabile regalandoci la forza lavoro più anziana della UE, migliaia di contratti precari non sono stati rinnovati. Poi è arrivata quota 100 per esigenze elettorali e per l'annunciato turn over di cui nel frattempo si è persa traccia , migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno scelto di anticipare l'età pensionabile e gli organici della PA hanno iniziato una inesorabile erosione.

Solo negli ultimi due anni la pubblica amministrazione italiana ha perso circa 190 mila dipendenti nonostante i concorsi banditi e le assunzioni previste per il prossimo biennio.

La popolazione italiana è sempre più anziana, prima di parlare del ricambio generazionale bisognerebbe intervenire con interventi reali per favorire le nascite e\o la regolarizzazione dei migranti. Un dato poi è sfuggito alla nostra attenzione: il prossimo superamento dei pensionati della PA rispetto alla forza lavoro attiva nello stesso settore, come denunciato in questi giorni dal Forum della pubblica amministrazione.

“L'età media nella Pa è di 50,7 anni che diventa 54 nell'amministrazione centrale, con 540 mila persone che hanno superato i 62 anni e 198 mila che hanno già totalizzato 38 anni di anzianità”.

Non conosciamo i dati relativi alla formazione, da tempo non si rispetta la percentuale di spesa per questa finalità in rapporto al bilancio dei singoli enti o alla spesa di personale, si spende poco e male per aggiornare i\le dipendenti e per rinnovare gli strumenti di lavoro: ecco spiegato il ritardo della PA e le sue inefficienze.

Il caso smart working è stato gestito nel peggiore dei modi dai dirigenti della PA, quando si scrive che almeno la metà della forza lavoro dovrebbe operare da remoto si dovrebbe prima intervenire concretamente per realizzare questi propositi con la formazione, la attivazione di numeri verdi, di facilitatori, di servizi al cittadino erogabili con varie modalità. Di questo non si occupano i dirigenti pubblici e men che mai la politica alimentando il distacco tra cittadini e servizi, anzi favorendo l'atavica diffidenza verso la PA nel suo complesso.

In questo contesto i sindacati e il centro sinistra diventano i paladini dello smart e la destra sociale e politica schierata sul versante opposto alimentano il clima di sospetto, e di odio, verso la modalità agile. E se proprio dovrà essere una rivoluzione collettiva sarebbe il caso di prevedere prima assunzioni in numero adeguato, percorsi formativi e informatizzazioni, un generale ammodernamento della PA di cui i sindacati non vogliono parlare occultando, all'occorrenza, le decurtazioni economiche per chi lavora da casa.

Da questa situazione non se ne esce se non rompendo gli schemi precostituiti, a chi parla di digitalizzazione rispondiamo che non esistono neppure i collegamenti alle banche dati, gli strumenti informatici sono vecchi e inadeguati a supportare programmi moderni, la formazione sporadica e insufficiente.

Ma soprattutto non si esce da queste contraddizioni senza rimettere in discussione i tetti di spesa e il pareggio di bilancio gli spettri che agitano il futuro della PA. Perché le procedure concorsuali non sono solo troppo lunghe ma esistono vincoli che limitano le assunzioni con quelle regole dell'austerità ancora vigenti.

Comuni e Regioni hanno cancellato il vecchio turn over al posto del quale sono arrivati parametri ancora più rigidi.

Il dibattito sullo smart resta quindi fuorviante, se la PA risparmia con la quota 100 per la spesa di personale vedendo crescere quella previdenziale; se si vuole il pareggio di bilancio negli enti locali è impensabile, poi, avere dei servizi attrezzati ed efficienti, se si spende in formazione solo per i ruoli apicali non si avrà alcun beneficio per gli impiegati e i tecnici che mandano avanti concretamente i servizi.

Il Covid ha palesato tutte le contraddizioni di un agire sindacale subalterno e mai conflittuale, concertativo e non radicale, passivo e mai propositivo, disattento alla effettiva salvaguardia dei servizi pubblici rafforzando i diritti di cittadinanza attiva.

Se non ripartiamo da questi argomenti, non solo i lavoratori pubblici saranno sempre più invisi agli occhi dei cittadini ma saranno soprattutto abbandonati al loro destino, e con loro, anche i servizi, tornando presto alle lusinghe delle sirene privatizzatrici.

11/07/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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