Draghi e le aspettative (ir)razionali

In tre ore di audizione davanti alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, il Presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Mario Draghi ha sciorinato ottimismo sugli effetti del Quantitative easing (Qe) da poco introdotto e che, con Pasquale Vecchiarelli, abbiamo esaminato su questo periodico. A quell'articolo rimandiamo per i rilievi critici sullo strumento.


Draghi e le aspettative (ir)razionali Credits: Rossi Tram http://www.fotocommunity.it/fotografa/rossytram/1712856

Mario Draghi al cospetto delle commissioni Bilancio e Finanze alla Camera sciorina un discorso degno di un venditore di pentole. Egli prova, con non pochi sforzi, a convincere l’uditorio sulle prospettive ottimistiche della sua ultima uscita monetarista: il Qe. Al netto però delle frasi di circostanza restano molti dubbi sull’effettiva spinta che questa manovra potrà dare all’economia reale. 

di Ascanio Bernardeschi

In tre ore di audizione davanti alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, il Presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Mario Draghi ha sciorinato ottimismo sugli effetti del Quantitative easing (Qe) da poco introdotto e che, con Pasquale Vecchiarelli, abbiamo esaminato su questo periodico. A quell'articolo [1] rimandiamo per i rilievi critici sullo strumento.
"La crescita sta guadagnando slancio. La base per la ripresa economica nella zona euro si è chiaramente rafforzata, ciò è dovuto alla caduta del prezzo del petrolio, alla ripresa della domanda esterna e al deprezzamento dell'euro", ha spiegato Draghi annunciando anche che la Bce ha rivisto al rialzo di circa mezzo punto percentuale le proprie precedenti stime di crescita relative al 2015 e al 2016.

Pur ammettendo che l'inflazione, fino a fine anno, resterà troppo bassa a causa del deprezzamento del petrolio, si è detto fiducioso che nei mesi successivi riprenderà a crescere gradualmente con il deprezzamento dell'euro e con la ripresa delle quotazioni dell'oro nero. Per lui, il Qe ha prodotto un “extra stimolo” affinché l'inflazione non permanga "troppo bassa per troppo tempo" e ciò è “un fattore chiave” per la ripresa. “La politica monetaria si sta trasmettendo all’economia reale e ci sono diversi segnali come la ripresa del flusso del credito alle piccole e medie imprese”. Quando giunge a riferire elementi concreti, scopriamo che l'ottimismo è dovuto principalmente all'avanzamento del programma di acquisto di titoli avviato dalla Bce: "il ritmo degli acquisti di ABS e covered bond finora mette il programma sulla strada giusta per raggiungere il totale mensile di 60 miliardi di euro, e non ci sono segnali che non ci saranno abbastanza bond da acquistare". Tutto bene quindi perché il programma viene rispettato, ma pochi sono gli elementi nuovi sulla sua capacità di rilanciare l'economia, a eccezione di un non meglio quantificato processo di “trasmissione dei tassi di interesse bassi a tutta la catena finanziaria” in modo da “influenzare il costo dei prestiti a famiglie e imprese”. Ma resta intatto il dubbio sulla capacità di traduzione di questi elementi in nuovi investimenti nell'economia reale.

Come ha osservato Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano, l'ottimismo ostentato era d'obbligo. “Lo scopo principale del Qe – dice Feltri – è influenzare le aspettative a medio termine degli investitori, chiarendo che per oltre un anno i tassi non saliranno. E che conviene investire su titoli diversi da quelli di Stato, il cui rendimento è depresso dagli acquisti Bce”. Su queste pagine avevamo già evidenziato come i dettami degli economisti mainstream conferiscano un rilievo centrale alle aspettative a medio termine degli investitori (scusandoci per la duplice autocitazione, cfr. [2]). 

Quindi Draghi deve predicare la ripresa. A conferma di ciò offriamo al lettore un curioso aneddoto. Sul Manifesto del 2 Settembre 2014, Alberto Leiss ci mette al corrente che il governo tedesco intende assumere uno psicologo, un antropologo e un economista comportamentale per “indirizzare positivamente i comportamenti dei cittadini”. Leiss ironicamente ribalta il problema e attribuisce a quel governo il bisogno di psicanalisi, tralasciando quel briciolo di funzionalità di questa apparentemente stravagante iniziativa, che sta appunto nel ruolo assegnato alle “aspettative razionali” dagli economisti liberisti. Se essi ci dicono che l'economia migliorerà con l'austerità nel medio periodo, e che quindi l'austerità genera aspettative “razionali” positive anche nel breve periodo, stimolando così l'economia, dobbiamo credere loro e scommettere sul miglioramento consumando e investendo di più, di modo che queste previsioni “scientifiche” si auto realizzino. La bolla e la crisi prima o poi scoppieranno e i soggetti inizieranno a comportarsi difformemente a questa “razionalità”. A questo punto c'è bisogno che gli analisti economici siano coadiuvati da analisti psicoterapeutici, perché ovviamente il male sta solo nella testa di chi si ostina a non seguire le aspettative “razionali”. Non sappiamo se davvero il governo tedesco abbia proceduto in quel senso, ma sappiamo comunque che in mancanza di psicoterapeutici, ci sono sempre i banchieri centrali.... 

Tornando al discorso di Draghi, egli, accanto all'esibizione di ottimismo, esorta i governi a non rilassarsi e non sentirsi al sicuro grazie all'intervento della Bce. Essi devono accompagnare la manovra monetaria con politiche e riforme in favore della crescita. Non dobbiamo però illuderci, per Draghi – e per il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco che in contemporanea ha espresso concetti simili – le politiche e le riforme pro-crescita non consistono in una espansione della domanda interna e in una redistribuzione del reddito in favore del mondo del lavoro. No, si tratta dell'esatto contrario: diminuire il costo del lavoro e il potere contrattuale dei lavoratori per essere più competitivi nei mercati internazionali. Le politiche a cui allude sono infatti quelle “per sostenere la ripresa, assicurando la sostenibilità del debito, la piena e coerente attuazione del Patto di stabilità, chiave per la fiducia”. Quanto alle riforme, “ogni Paese [ne] ha una sua lista, riconducibili tutte a tre categorie: completamento del mercato interno [leggasi privatizzazioni]; creazione di un ambiente propizio all’impresa [detassazione e svendita del territorio, come nello “sblocca Italia”]; riformare il lavoro [vedi il Jobs act]. Ci sono Paesi come Spagna e Italia dove sono stati fatti progressi”. Appunto.

Si prospetta quindi – ammesso che l'ottimismo sia giustificato – una ripresa dovuta all'aumento dei profitti e alle esportazioni, abbinati a una diminuzione dei consumi interni. Che poi la ripresa della competitività, basata solo sul costo del lavoro e non sulla qualità, sia aleatoria, tanto più che la Cina e altri paesi emergenti hanno annunciato politiche incentrate maggiormente sul mercato interno e non sul commercio internazionale, riducendo così gli spazi per le nostre esportazioni, non sfiora il pensiero dei nostri banchieri. O almeno si tratta di materia su cui ritengono opportuno tacere. Per chi non avesse ancora capito, c'è una postilla sulla Grecia. Dopo discorsi di circostanza sull'andamento dei “colloqui” in corso (“sono fiducioso che la buona volontà di tutti ristabilisca” una prospettiva “credibile per il positivo completamento della review”), Draghi promette disponibilità a fare un'eccezione sui tutoli greci “se ci saranno le condizioni”, al momento non acquistabili perché considerati “spazzatura”. Cioè se il governo greco sarà ubbidiente. In ogni caso la “liquidità di emergenza” non deve “finanziare il governo” greco, ma solo “sostenere le banche”. Che ovviamente provvederanno loro con entusiasmo ad affrontare l'emergenza umanitaria di quel paese! 

Giovedì 26 marzo, il Presidente della Bce ha onorato del suo intervento anche il la Commissione Finanze della Camera in Italia. A distanza di pochissimi giorni non poteva cambiare il senso di questa comunicazione. Conviene perciò non ripetere i già visti concetti di fondo e soffermarci sui riferimenti specifici alla realtà italiana che Draghi non poteva omettere. Da sottolineare è una spericolata precisazione sul carattere “non strutturale ma ciclico” della crisi (!) e sull'assenza di responsabilità dell'euro riguardo alla stagnazione italiana. Però i dati che porta a sostegno di questa tesi sono reticenti in quanto omettono di dire che lo “smorzamento della crescita già prima dell'arrivo dell'euro”, riferendosi al periodo primi anni 90-1999, si è verificato sì prima dell'introduzione della moneta unica coniata in sostituzione della lira, ma esattamente sotto il regno delle attuali parità monetarie e delle regole di Maastricht. Draghi ha riconosciuto che in Italia il sostegno alla valuta europea si sta erodendo. Ma ha avvertito che "chi vuol far paragoni, può avere un primo parametro" nello spread dell'Italia del 2011, che era di 500 punti rispetto ai Bund tedeschi, che "per inciso è quello precedente all'ingresso dell'Italia nell'euro", omettendo di nuovo di precisare che eravamo ancora sotto il regime delle attuali regole dell'euro. Per non parlare dei sacrifici enormi imposti al popolo italiano per entrare nell'euro.
Con riferimento al sistema creditizio il Presidente Bce guarda "con favore a provvedimenti che liberino i crediti deteriorati dai bilanci delle banche, anche di quelle italiane", quindi pare auspicare nuovi interventi pubblici a tutela dei banchieri. 

Venendo all'economia reale, l'ottimismo sul Qe viene declinato in Italia con la previsione – non certamente esaltante – di un punto percentuale di crescita entro il 2016. Ha quindi ammesso lo “sbilanciamento su microimprese" della struttura economica italiana e ha lamentato che "i tempi dei processi influiscono sulla volontà di erogazione del credito alle aziende”, riferendo di studi “secondo cui il dimezzamento della lunghezza dei processi farebbe crescere le imprese tra l'8 e il 12 per cento".
Si potrebbe concludere sottolineando un elemento di verità che oggi viene certificato anche da Draghi. La ripresa di “zerovirgola” punti del PIL non è merito del governo italiano. 

 

[1] http://www.lacittafutura.it/economia/quantitative-easing-il-fragore-di-un-bazooka-caricato-a-salve.html
[2] http://www.lacittafutura.it/economia/la-crisi-questa-sconosciuta-parte-vi.html 

 

28/03/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Rossi Tram http://www.fotocommunity.it/fotografa/rossytram/1712856

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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