Attesa per la giornata del 21 novembre è arrivata puntuale la bocciatura della manovra finanziaria del governo gialloverde da parte della Commissione Europea.
I nostri giudizi negativi su questa manovra li avevamo già espressi, e – nonostante i successivi ritocchi apportati dall’esecutivo – rimangono tali. Tali giudizi però non attenevano al carattere espansivo del Documento di Economia e Finanza (Def), carattere che a nostro parere non sussiste, né il mancato rispetto delle politiche liberiste e di austerità che rappresentano il nocciolo essenziale dell’Unione europea. Anche per quest’ultime, non siamo di fronte a un loro significativo stravolgimento e soprattutto rimane invariato il segno sociale, nettamente favorevole ai ceti privilegiati, di tale manovra. Basti pensare al condono sotto mentite spoglie, alla mancata abolizione della legge Fornero, sostituita con una “quota 100” onerosissima per chi intende utilizzarla, alla flat tax, alla mancata introduzione di equità fiscale e tanto meno di un’imposta patrimoniale, all'assenza di investimenti pubblici e di un piano per il lavoro, sostituito da uno scriteriato reddito di cittadinanza.
Non ci uniamo quindi al coro delle “opposizioni” (le virgolette sono d’obbligo) che reclamano maggiore rigore nei conti. Né prevediamo catastrofi imminenti conseguenti alle scelte economiche e finanziarie contestate. Ci sembra piuttosto che siamo di fronte al gioco delle parti all’interno di un sistema che prescrive in ogni caso pratiche liberiste, le quali possono essere attuate con venature diverse a seconda del settore del capitalismo e del relativo blocco sociale rappresentato dal governante di turno.
Il gioco delle parti lo sta svolgendo, ovviamente, anche l’Unione Europea che segnala la trasgressione ma poi si appronta a negoziare col governo italiano. La probabilità che si trovi un accordo è più che elevata, perché in questa fase questo governo è, per i poteri economici e finanziari dominanti e quindi per l’imperialismo europeo, il male minore.
Questa canea intorno a una manovra meno che modesta, ci insegna piuttosto che non sarà possibile (anche la vicenda greca lo dimostra) attuare politiche socialmente avanzate all’interno del quadro disegnato dalle istituzioni europee e che i lavoratori e i comunisti dovranno battersi contro questa Unione. Nell’imminenza delle elezioni europee questa è la lezione importante che dobbiamo trarre.