L’ultimo rapporto Oxfam, La pandemia della disuguaglianza, offre una panoramica globale delle disuguaglianze crescenti in tempi pandemici e conferma quanto da noi denunciato in tante occasioni sul rafforzamento dei grandi patrimoni e capitali a fronte dell’impoverimento progressivo delle classi sociali meno abbienti.
Non solo in Italia, ma anche su scala planetaria, le disparità patrimoniali sono sempre più accentuate dopo i due anni di pandemia.
Statistiche alla mano, aumentano non solo le ricchezze pro capite dei superfacoltosi, quelli che detengono patrimoni superiori a 50 milioni di dollari, ma va crescendo anche il loro numero.
ll patrimonio netto dei 10 miliardari più ricchi è più che raddoppiato (+119%), in termini reali, dall’inizio della pandemia, superando il valore aggregato di 1.500 miliardi di dollari. Tale importo supera di oltre sei volte la ricchezza netta del 40% più povero dei cittadini adulti di tutto il mondo.
Per rappresentare in maniera evidente la crescita della disuguaglianza è utile ricorrere a degli esempi concreti estrapolati dal rapporto Oxfam.
- Il surplus patrimoniale, in termini reali, del solo Jeff Bezos nei primi 21 mesi della pandemia (+81,5 miliardi di dollari) equivale al costo completo della vaccinazione (due dosi e booster) per l’intera popolazione mondiale con il costo per dose fissato al costo di produzione del vaccino a mRNA di Pfizer come stimato dai ricercatori dell’Imperial College di Londra.
- 252 miliardari uomini possedevano a novembre 2021 un patrimonio netto aggregato superiore alla ricchezza posseduta complessivamente dalle donne e dalle ragazze dell’intero continente africano, del Sudamerica e dell’area dei Caraibi.
- L’1% più ricco, in termini patrimoniali, ha beneficiato del 38% del surplus di ricchezza. Appena il 2,3% del surplus è andato ad appannaggio della metà più povera della popolazione mondiale.
- L’1% più ricco ha beneficiato di quasi un quarto (23%) del surplus di reddito globale contro il 9% destinato alla metà più povera.
- Ci sono oggi 163 milioni di persone in più che si stima vivano con meno di 5,50 dollari al giorno.
- La Banca Mondiale prevede che i redditi del 20% più ricco della popolazione mondiale saranno in risalita, recuperando quasi la metà di ciò che hanno perso nel 2020, mentre i due decili più poveri perderanno un ulteriore 5% del loro reddito nel 2021.
- Nei paesi a basso reddito crescono le nuove povertà derivanti dalla pandemia, sono circa 163 milioni i nuovi poveri dopo 24 mesi di covid.
Sulla pandemia prospera e banchetta la disuguaglianza. Le vittime dei nuovi processi di accumulazioni sono le fasce sociali emarginate, gli immigrati, i poveri tra i quali, anche statisticamente, registriamo il più alto numero di morti da covid. I dati andrebbero letti con maggiore attenzione senza assuefarsi ai numeri. Se così facessimo si comprenderebbe come siano proprio i paesi a basso e medio reddito ad avere il doppio dei morti rispetto ai paesi più ricchi. Il ragionamento potrebbe andare alla disponibilità dei vaccini, ma forse quest’ultima spiegazione non è sufficiente perché alcuni paesi, nei quali il 90% della popolazione risulta vaccinata in doppia dose (tra cui l’Italia), presentano un numero elevato di decessi. Altro elemento di analisi deve riguardare pertanto i sistemi sanitari, usciti a pezzi dalle privatizzazioni e dalla riduzione della spesa pubblica, motivata dall’esigenza di “tenere a bada” l’inflazione e contenere il debito, ma in realtà funzionale anche al sostegno dei profitti.
In Italia oggi abbiamo perso un quarto dei posti letto negli ospedali e in terapia intensiva rispetto al 1980; il numero degli operatori sanitari è diminuito a tal punto da rendere necessario il richiamo in servizio del personale in pensione; si allungano le liste di attesa per operazioni salvavita e aumentano i morti non da covid ma per altre malattie non curate grazie al collasso della sanità pubblica.
La pandemia palesa i suoi effetti di classe (aumento della povertà), ma approfondisce anche la disparità di genere; infatti sono proprio le donne a subire gli impatti economici più duri. Per farsene un’idea basti pensare a quante donne hanno perso il posto di lavoro, ai bassi salari, al part-time involontario. E poi Il covid ha anche accresciuto il loro carico non retribuito del lavoro di cura e di quello domestico. Con la riduzione dei servizi, sempre più numerose sono le donne costrette alla disoccupazione tra anziani da accudire, quarantene e figli in didattica a distanza.
Le disuguaglianze di genere escono decisamente rafforzate dopo due anni di pandemia, tanto che nel mondo sono 740 milioni le donne che lavorano nell’economia informale, e durante il solo primo mese della pandemia il loro reddito è crollato del 60%. In termini aggregati e in cifra assoluta esso registra una riduzione di oltre 396 miliardi di dollari.
Sono sufficienti queste riflessioni – ma rimandiamo alla lettura integrale del rapporto – per dimostrare come nei due anni pandemici il rafforzamento dei grandi patrimoni e capitali abbia avuto conseguenze dirette sull’impoverimento di fasce crescenti della popolazione nei paesi a basso e medio reddito e in quelli del cosiddetto capitalismo avanzato. E in questi scenari sono avvenuti, anche da noi, attacchi feroci ai diritti che un tempo definivamo inalienabili e allo stesso tempo è accresciuta la ferocia padronale contro la forza-lavoro.
Chi pensa allora che questa pandemia non sia di classe viene smentito dal rapporto Oxfam.