A luglio si eleggeranno i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) nel gruppo Fca- Cnh, ma per Marchionne la salute dei lavoratori è un costo e sperimenta nuove forme di sfruttamento. A Melfi, raccontano le operaie, “le ore in fabbrica si trascorrono in piedi davanti a una catena sempre più veloce. Le operazioni sono tutte cronometrate e le postazioni saturate” e “basta un qualunque imprevisto per rendere spasmodica la risalita. A volte ci paragoniamo ai salmoni e speriamo che non ci attenda la stessa sorte”.
di Tito Carmignano
“We are happy from Melfi Plant”. Era il titolo di un video che un anno fa circolava sui social. Operai dello stabilimento Fiat di Melfi ballavano al ritmo della canzone “Happy” di Pharrell Williams. La Fiom aveva immediatamente paragonato quel video ad un “film dell'Istituto Luce mussoliniano”. Ad un anno di distanza dalla pubblicazione di quel video, però, le lavoratrici ed i lavoratori della Fiat di Melfi continuano a muoversi su altri ritmi: quelli di una produzione programmata per saturare i tempi ciclo, sempre più veloce, con tempi di riposo sempre più brevi e turni di lavoro sempre meno regolari.
Alcuni giorni fa il sito internet della Fiom ha pubblicato il racconto di alcune operaie di Melfi. In una lettera spiegano che “Si lavora 6 mattine, dalle 6 alle 14, da lunedì a sabato; poi si riattacca domenica sera alle 22, per 4 notti di seguito; poi due giorni di riposo, 3 pomeriggi di lavoro (compresa una domenica), due giorni di riposo, 3 notti di lavoro, due riposi e altri 4 pomeriggi di lavoro. Finalmente una domenica di sosta, ma lunedì alle 6 si ricomincia daccapo. E' come vivere in un continuo cambio di fuso orario”, che certo non è sinonimo di buona qualità della vita.
Studi recenti, pubblicati sull'American Journal of Preventive Medicine, sostengono l’esistenza di una correlazione tra l’alterazione dei regolari ritmi del sonno e l’aumento del rischio di malattie gravi. I ricercatori hanno ad esempio osservato che nelle donne che lavorano a rotazione su turni di notte per periodi maggiori di 5 anni si riscontra un modesto aumento dei rischi di mortalità per malattie cardiovascolari; mentre coloro che lavorano a rotazione su turni di notte per periodi maggiori di 15 anni hanno un modesto aumento della mortalità per tumore del polmone. “Questi risultati – si legge nelle conclusioni dello studio – si aggiungono a precedenti esperienze di effetti potenzialmente negativi dei turni di lavoro notturno per la salute e la longevità”. Le cause sono legate all’alterazione dei ritmi cicardiani (cioè quei cicli biologici che il nostro organismo ripete regolarmente) imposti dal lavoro su turni.
Pure i ritmi di lavoro incidono notevolmente sulla qualità della vita, per l’impatto che hanno sulle condizioni di salute dei lavoratori, spesso in misura tale da compromettere la loro capacità lavorativa. Tra il 2008 e il 2010 l’Inca nazionale, con la collaborazione della Fiom nazionale, attraverso uno studio teso a “studiare sul campo il fenomeno della sottostima delle malattie da lavoro”, ha dimostrato che nel comprensorio metalmeccanico melfese “la situazione rappresentata dall’Inail [sulle malattie professionali n.d.r.] è largamente superata dalla realtà effettiva e che lavorare alla catena di montaggio, anche in Fiat, fa male alla salute” (rivista 2087, n. 4, aprile 2011). A Melfi, raccontano le operaie nella lettera, “le ore in fabbrica si trascorrono in piedi davanti a una catena sempre più veloce […]. Le operazioni sono tutte cronometrate e le postazioni saturate” e “basta un qualunque imprevisto […] per rendere spasmodica la risalita. A volte ci paragoniamo ai salmoni e speriamo che non ci attenda la stessa sorte”. Lo stabilimento di Melfi, di fatto, è un laboratorio dove vengono sperimentate nuove forme di organizzazione del lavoro, ma l’aumento dei ritmi di lavoro, la riduzione delle pause, la saturazione dei cicli è ormai una realtà in tutti gli stabilimenti Fca. Una realtà non nuova e che fu fatta notare a Marchionne in una intervista La Repubblica del 18 gennaio 2011: “A Melfi, la metà dei lavoratori ha ‘ridotte capacità lavorative’ per i lavori in linea”. E perciò fu chiesto a Marchionne: “Non crede che queste nuove condizioni che lei minimizza pesino?”. La sua risposta, lapidaria, fu: “Non credo, ma voglio anche dirle che noi facciamo automobili e l'auto nel mondo si fa così. Chi viene in fabbrica lo sa”.
In questi anni, consapevolmente, i cosiddetti sindacati “firma tutto” queste condizioni di lavoro le hanno accettate e sottoscritte. Mentre per difendere la salute e la sicurezza dei lavoratori bisogna prima di tutto non considerare queste come merce di scambio. Occorre rispondere a Marchionne che la salute dei lavoratori non può entrare nei costi di produzione delle auto.
Da qualche settimana e fino a luglio si eleggeranno i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) nel gruppo Fca-Cnh. Sono le prime elezioni vere dall’esclusione dei sindacati conflittuali dagli stabilimenti Fiat e sono importanti per due motivi: perché daranno la dimensione della reale rappresentatività delle organizzazioni sindacali e perché una vittoria dei sindacati conflittuali varrebbe come forte segnale dei lavoratori per ribadire che “La salute non si vende”.