Da gennaio 2016, ben 300 lavoratori si sono trovati a lavorare per la neonata società Modis, afferente al gruppo Adecco, perché ceduti da IBM nell’ambito di una cessione di ramo d’azienda. I sindacati USB e Fiom non hanno mai avallato la cessione.
Il collegio di avvocati messo a disposizione dal sindacato USB ha ottenuto la prima pronuncia e venerdì scorso è arrivata la prima sentenza delle numerosissime cause (quasi tutti i 300 lavoratori hanno impugnato la cessione) che dichiara illegittima la cessione. Il lavoratore ha diritto di tornare a lavorare in IBM.
Un risultato importante in un momento di così scarse tutele per i lavoratori, in un momento in cui non c’è più protezione per il lavoratore espulso dal proprio posto di lavoro, se non un indennizzo piuttosto magro. La pronuncia è importante perché pone un punto fermo su un argomento di frontiera come quello della cessione di ramo d’azienda, la cui tutela contenuta nell’art. 2112 del codice civile, è nata per proteggere il lavoratore che ha diritto a proseguire il proprio rapporto di lavoro con il ramo d’azienda ceduto che continua la propria attività economica sul mercato.
Da qualche anno invece le cessioni di ramo d’azienda sono lo strumento per espellere lavoratori indesiderati o troppo anziani per la moderna economia, ma non abbastanza per gli istituti di previdenza sociale.
Ebbene, la sentenza del Tribunale di Milano ha stabilito che il presunto ramo ceduto era solo un insieme di lavoratori che nulla avevano in comune tra di loro e che hanno sempre continuato a svolgere le attività riconducibili ad IBM.
La sentenza va letta anche alla luce delle varie pronunce della Corte di Giustizia Europea che nell’ottica del libero mercato non hanno mai posto eccessivi requisiti. Tuttavia, pur ripercorrendo l’orientamento della Corte Europea e interpretando la direttiva n. 2001/23/CE, la sentenza del magistrato milanese ha affermato che “la sentenza della Corte di Giustizia richiede espressamente, per la configurabilità di una valida cessione di un ramo di azienda, la sussistenza di un nesso di interdipendenza e di complementarità funzionale e organizzativa fra i fattori ceduti e, pertanto, la conseguente esistenza di tale requisito già al momento della stipula del contratto di cessione”.
Non a caso la difesa di IBM era tutta improntata ad una difesa ad oltranza del liberismo in cui ciò che è preminente è il volere dell’azienda e le sue scelte economiche.
Dunque, la sentenza del Giudice milanese ha stabilito che ci sono ancora dei parametri che i datori di lavoro devono rispettare. Non possono disporre dei lavoratori a loro piacimento.