“Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”.
I° Congresso della Seconda Internazionale, Parigi 1889
Questo Primo Maggio, giornata internazionale dei lavoratori, si è svolta una manifestazione rumorosa per le vie di Torpignattara, quartiere multietnico di Roma, al quale hanno partecipato qualche centinaio di persone. Il corteo, ben caratterizzato politicamente con bandiere rosse alla mano, ha visto la partecipazione oltre che dei militanti aderenti alle organizzazioni promotrici dell’iniziativa anche degli abitanti del quartiere e dei rappresentanti di alcune comunità immigrate, come la comunità Bengalese, quella Sri Lankese con i compagni del Fronte di Liberazione del popolo dello Sri Lanka, nonché alcuni sudamericani con i cartelli “giù le mani dal Venezuela”.
Intervistiamo Riccardo, militante dell’organizzazione politica denominata Classe Contro Classe la quale è stata promotrice dell’evento spendendosi nella riuscita del corteo.
Domanda. Dal megafono alla testa del corteo è stato più volte ribadito che il 1° Maggio non può essere una festa o una semplice ricorrenza, ma un’occasione per rilanciare il concetto di conflitto tra le classi e quello ad esso sotteso di solidarietà interna alla classe degli sfruttati come, ad esempio, l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori a prescindere dal colore della pelle o dal paese di provenienza.
Risposta. Sì, questo corteo del Primo Maggio è stato un corteo vero, vero nel senso che siamo partiti da piazza Perestrello grazie ai rapporti di forza favorevoli determinati dalla partecipazione di settori del territorio. La riuscita non era affatto scontata, ma la chiarezza delle parole d'ordine ha permesso di coagulare almeno per un giorno chi paga sulla propria pelle le politiche neoliberiste volte a favorire l'accumulazione capitalista della ricchezza. Il paradigma del mercato ci vuole sempre più sottomessi nei luoghi di sfruttamento facendo credere a chi lavora di esser fortunato poiché ancora non estromesso dal circuito produttivo da cui la garanzia di sopravvivere alle prime due-tre settimane del mese. Del resto le forze improduttive - irregolari, disoccupati, immigrati, pensionati, studenti - effettivamente sono condannate ad una lenta agonia che si concretizza negli sfratti, in apprendistati non retribuiti, negli sgomberi delle case occupate, nelle attese per le visite specialistiche quando non si è già completamente fuori dal Sistema Sanitario Nazionale.
È chiaro allora che questa giornata non solo è stata vera, nel senso di sentita, ma è stata anche importante poiché ha portato per le strade una posizione estremamente chiara per fare luce sulla feroce guerra dei ricchi contro i poveri che dall'inizio dell'anno ha già prodotto, tra le altre cose, più di trecento morti sui luoghi di lavoro. La forbice sociale continua ad allargarsi e non è non è possibile fermarla con la “concentrazione”, ovvero con raduni festosi; questa guerra si vince lottando fino all'abbattimento di quest'ordine sociale basato sullo sfruttamento e sulla proprietà privata.
Alla proprietà privata c'è da contrapporre una proprietà basata sull'utilizzo, partendo ovviamente dai mezzi di produzione: lottare da penultimi contro gli ultimi significa lavorare per prendere il loro posto.
D. È il terzo anno consecutivo che il primo maggio, per le strade di torpignattara, si svolge un corteo internazionalista, proviamo a fare un bilancio. Credi che possa divenire un momento importante per le tante lavoratrici ed i tanti lavoratori che abitano il quartiere e che il capitale sfrutta a suo piacimento per giunta con il ricatto della clandestinità?
R. Per amor di cronaca questo è almeno il quarto anno consecutivo che autoctoni e nuovi residenti manifestano insieme il Primo Maggio. Le strade di questo quartiere vedono da anni la presenza di militanti impegnati a testimoniare un internazionalismo non di facciata, come tifo e supporto a battaglie lontane, ma come lotta territoriale contro il capitalismo.
Il fatto nuovo, che va emergendo da circa due anni, è il lavoro, paziente, per rilanciare il movimento rivoluzionario a cui aneliamo in tanti. Per far questo l’organizzazione “Classe Contro Classe” si è posta, senza equivoci, fuori dall'attuale carrozzone della politica propagandando l’astensionismo e tagliando i ponti con quanti confidano di poter trarre sostegno appoggiando ora questa lista ora quella coalizione. Solo l’impegno nella lotta contro questo sistema basato sullo sfruttamento potrà migliorare le nostre condizioni di vita, vendicando le ingiustizie subite dagli oppressi.
D. Questo approccio potrà essere utile anche agli immigrati che non hanno diritto di voto? Ai clandestini privi di ogni garanzia di cittadinanza?
Credo che dipenda da loro, dal loro desiderio di integrarsi in un modello fondato sull'ingiustizia sociale o dalla consapevolezza di essere soggetti storici la cui unica possibilità concreta consiste nello spezzare le catene che tengono loro in schiavitù.