Si conclude l’analisi di alcuni testi scolastici, diffusi in epoca fascista, sulle più vistose omissioni e censure storiche operate dalla propaganda di allora. Segue da Manuali Fascisti - Parte VI
di Lelio La Porta
MANUALI UTILIZZATI
P. Silva, Corso di storia ad uso dei licei ed istituti magistrali, Messina, 1940
N. Rodolico, Sommario storico per licei ed istituti magistrali, Firenze, 1937
N. Rodolico, Sommario storico per licei ed istituti magistrali in letture di documenti contemporanei, Firenze, 1959
A. Manaresi, La civiltà contemporanea, Torino, senza data
B. Lizier, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Milano, 1940
L. Simeoni, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Bologna, 1940
A. Bazzola, Roma, Torino, senza data
F. Cognasso, Storia d’Italia per licei ed istituti magistrali, storia contemporanea, Torino, 1935
N. Cortese, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Firenze, 1942
A. Valori – U. Toschi, L’età contemporanea, Torino, 1927
26. L’ITALIA IN GUERRA
Lizier, a pag. 498, e Bazzola, a pag. 319, affrontano il problema dell’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del 1940.
Il Fuhrer, iniziate le ostilità contro la Polonia e fallito l’estremo tentativo di Mussolini di salvare la pace, il 1° settembre mandava un telegramma al Duce, nel quale, ringraziatolo dell’aiuto diplomatico e politico accordato alla Germania, aggiungeva: “Sono persuaso di poter adempiere con le forze militari della Germania il compito assegnatoci. Credo perciò di non aver bisogno in queste circostanze dell’aiuto militare italiano”. In conseguenza, il Consiglio dei Ministri, nello stesso giorno, annunciava al popolo italiano che l’Italia non avrebbe preso iniziativa alcuna di operazioni militari. Era una condizionata posizione di non belligeranza. Chi assunse il compito di far uscire l’Italia da questo atteggiamento fu l’Inghilterra, col blocco posto alle importazioni per mare del carbone tedesco, contro cui l’Italia protestava con la nota del 3 marzo 1940, con gli insopportabili abusi del controllo marittimo esercitato insieme alla Francia, denunciati dai rapporti resi pubblici l’11 maggio e il 5 giugno. Il giorno 10 giugno 1940, pertanto, l’Italia dichiarava guerra alla Gran Bretagna e alla Francia.
La guerra si combatte ormai in tutti i continenti e in tutti i mari. Ed è guerra a fondo, senza quartiere, in cui i popoli profondono sangue, ricchezze, energie morali per una posta suprema: la liberazione del mondo dal dominio della plutocrazia anglosassone e dal bolscevismo, e la creazione di una nuova civiltà fondata sul lavoro, sulla giustizia, sulla pace.
Ciascuna nazione avrà finalmente nel mondo il posto che le spetta; né varrà a fermare il cammino della storia la mostruosa alleanza che le plutocrazie anglosassoni hanno stretto col bolscevismo negatore di ogni luce di civiltà. Già oggi sta nascendo, sotto i segni del Littorio e della Croce uncinata, la nuova Europa, che consacrerà il trionfo dei principii del Fascismo nel mondo.
Cerchiamo di ripristinare la verità. Allo scoppio della guerra, l’Italia dichiarò la non belligeranza non tanto per l’orientamento neutralista di Ciano, il Ministro degli Esteri, quanto per l’evidente impreparazione di esercito ed aviazione ad uno scontro bellico di dimensioni mai fino a quel momento sperimentate. Inoltre le scorte di materie prime necessarie ad un’impresa bellica erano andate esaurite sia nella guerra d’Etiopia sia nell’intervento in Spagna. Furono le vittorie tedesche a spingere Mussolini alla dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra; e non traggano in inganno le folle plaudenti ed acclamanti all’annuncio; strati abbastanza ampi della popolazione mostravano preoccupazione per quella decisione.
Avendo bisogno, come disse, di “un pugno di morti” da gettare sul tavolo delle trattative di pace, Mussolini attaccò in una campagna tanto breve quanto ingloriosa la Francia già sconfitta dai tedeschi. Fu questo, per niente affatto edificante, il primo atto di quella che doveva essere nella mente del Duce la “guerra parallela”, ossia non subordinata alla Germania e destinata a dare all’Italia una posizione di dominio nel Mediterraneo e, poi, nei Balcani.
27. LA LIBERAZIONE
Per parlare di questa fase della storia d’Italia, legata a doppia mandata con la storia del fascismo, si deve ricorrere ad un manuale scritto nel 1959 da Rodolico (pagg. 347-348) il quale, come autore di manuali utilizzati durante il periodo fascista, può dare un’idea abbastanza attendibile del nesso soprattutto di continuità con quell’epoca che ha imperato nella scuola superiore italiana ben oltre la fine della guerra e del fascismo.
Tra gli stessi componenti del Gran Consiglio del Fascismo una corrente era decisa a togliere il potere a Mussolini e a restituirlo al Re. In questo senso fu votato il 25 luglio un ordine del giorno dal Gran Consiglio. Il Re lo accolse, licenziò Mussolini, e nominò capo del nuovo governo il maresciallo Badoglio. Mussolini fu sottoposto a custodia armata.
L’armistizio fu firmato a Cassibile , in provincia di Siracusa, il 3 settembre: era la resa a discrezione. Fu reso pubblico l’8 settembre.
(…)
Il Governo di Salò proclamò la “Repubblica Sociale Italiana”; arruolò reparti di volontari che vennero chiamati “Brigate Nere”, e ristabilì successivamente il servizio militare obbligatorio. Alla chiamata pochi risposero: molti si dettero alla montagna, alimentando così le bande partigiane ed il movimento di resistenza contro i Tedeschi.
Noi diremmo oggi che un’esposizione siffatta di quegli avvenimenti non è degna neanche (con tutto il rispetto) di un Bignami, ossia di quei sunti che, alcune volte, gli studenti utilizzano per risparmiare la fatica di studiare sui libri. Analisi inesistente e sintesi quantomeno affrettata. Andiamo con ordine. Gli Alleati sono sbarcati in Sicilia e hanno bombardato Roma. Questi eventi determinano la creazione di una fronda antimussolinianna che ebbe negli ambienti della Corte il suo punto di riferimento. Ancor prima che iniziasse la riunione del Gran Consiglio del fascismo, tutto era deciso. In un modo o nell’altro Mussolini sarebbe stato messo in minoranza ed arrestato. Il fatto interessante è che Badoglio, che prese il posto del Duce, non si mosse inizialmente nell’ottica di un allontanamento dalla Germania per paura che ciò potesse determinare il nascere di uno schieramento politico a forte base popolare e sostenuto dai partiti antifascisti. Le prime direttive del governo Badoglio furono particolarmente repressive soprattutto nei confronti di quanti manifestarono contro la prosecuzione della guerra: 93 furono i morti, 253 i feriti e 2276 gli arrestati.
Neanche una parola sulla fuga del Re, su quanto accadde nel Sud; soltanto un accenno alle violenze naziste dopo l’8 settembre. Per quanto riguarda la lotta partigiana, sta tutto scritto nel passo riportato; si ha l’impressione che quel grande movimento alla base della Repubblica sia nato soltanto da un gruppo di renitenti alla leva dimenticando, ad esempio, i giovani e meno giovani morti durante le quattro giornate di Napoli (25-28 settembre del 1943) il cui sacrificio consentì agli Alleati di entrare nel capoluogo partenopeo il 1° ottobre. Si noti l’uso del termine “bande” riferito quasi in modo spregiativo alle formazioni partigiane; banda fu, invece, ad esempio, quella di Pietro Koch: un gruppo di fascisti che si distinse a Roma e a Milano nell’opera di rastrellamento degli antifascisti; banda nel vero senso della parola, visto che il questore di Milano Bettini ne arrestò 53 membri in possesso di droga e strumenti di tortura; costoro furono poi liberati a seguito delle proteste di Kappler e Bettini fu sollevato dall’incarico. Ovviamente, in una parte non riportata nella presente scelta di testi, si definisce la Resistenza una guerra civile privandola del suo valore specifico di guerra di Liberazione contro il nemico esterno e contro il nemico interno, di cui gli italiani erano stati costretti a sopportare venti anni di dittatura. Ancora: sul carattere apertamente terroristico e poliziesco della Repubblica di Salò, nessuna parola. Sulla spedizione italiana in Urss, due righe. Sul periodo immediatamente successivo alla conclusione della guerra, otto righe. Il Rodolico si sofferma con maggior attenzione sui trattati di pace elencando i territori persi, comprese le colonie, anche quelle “pre-fasciste”: che scandalo! Nulla sull’onore del nostro Paese salvato dalla lotta di un grande movimento sostenuto dalla maggioranza della popolazione, che pagò con un notevole prezzo in vite umane l’apporto a questa guerra di Liberazione. Sembra proprio di sentire i contemporanei sostenitori del revisionismo storico!