La maternità è un’esperienza intensa e sconvolgente, ricca di gioie ma in alcuni casi anche di ambivalenze: sbalzi d’umore, sentimento di inadeguatezza, rigetto e depressione. La depressione post partum colpisce circa una donna su sei ed è ancora oggi una patologia sottovalutata dalle donne stesse e dai medici.
di Ida Paola Sozzani
Ci aveva provato la regista milanese Alina Marazzi nel 2012 con il suo film Tutto parla di te a raccontare le ombre, il disagio, le inadeguatezze e le imperfezioni della maternità, l’ambivalenza di quel sentimento in bilico fra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino che tante mamme ammettono di provare quando irrompe nella loro vita l’esperienza reale della maternità. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare quando la meraviglia della maternità lascia il posto alla stanchezza, perché va contro il senso comune di quel legame primordiale.
Anche se il disagio emotivo della maternità colpisce sempre più donne in Italia - di pari passo con la crisi economica, con la difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro e la scarsità di leggi a tutela della donna e dei figli – esso viene socialmente rimosso e resta nascosto dietro le apparenze di una maternità che “deve” essere felice a tutti i costi, perchè c’è ancora un grande tabù riguardo alla maternità, collegato allo stereotipo e ai ruoli sociali e culturali che la donna ricopre, vista anche oggi come la “mamma perfetta” e possibilmente relegata solo al compito dell’accudimento dei figli, quasi non ci fossero altri spazi per lei.
Nella realtà ogni donna vive l’intensa esperienza emotiva della gravidanza e del parto in modo soggettivo, in relazione alla propria personalità e all’ambiente sociale in cui è inserita, ed è ormai accertato che una percentuale non piccola di donne sperimenta in concomitanza con la nascita di un figlio fluttuazioni emotive anche negative caratterizzate da calo del tono dell’umore, fino a vivere una vera e propria condizione di depressione.
In Italia soffre di disturbi depressivi in gravidanza e nel post partum il 16% delle donne, cioè circa una donna su sei e si stima che su 502.596 nuove nascite nel 2014 oltre 90.000 neomamme siano state affette da questa patologia ancora oggi sottodiagnosticata dai medici e sottovalutata dalle donne stesse.
La sintomatologia della depressione che colpisce le donne dopo il parto varia per intensità e durata: Il caso più frequente è un disturbo transitorio del tono dell’umore, cosiddetto “Baby Blues” che colpisce circa una donna su due, correlato probabilmente a una sensibilità individuale alle brusche variazioni ormonali associate all’evento nascita. L’umore della neomamma fra il 3° e il 6° giorno dopo il parto assume un tono malinconico: inaspettatamente la donna si sente di umore variabile, piange e si irrita facilmente, si sente stanca ma fatica a dormire, a volte prova ansia e paura di non farcela nel suo nuovo ruolo. Tuttavia non perde la capacità di prendersi cura nel neonato, di provare gioia e di dormire abbastanza bene. Dopo un paio di settimane il disturbo tende a regredire spontaneamente e l’umore ritorna stabile e improntato alla positività. Studi osservazionali stimano una prevalenza (cioè la proporzione di neomamme ammalate sul totale delle partorienti) di Baby Blues tra 15 e 85%, una forbice enorme imputabile all’ancora scarsa sensibilità e accuratezza dei metodi di valutazione diagnostica impiegati.
Nelle forme vere e proprie di depressione post-partum succede invece che, spesso tra la quarta e la sesta settimana, le sensazioni negative del Baby Blues non regrediscano ma si accentuino e si stabilizzino. Talvolta, senza che ci sia stato l’episodio primitivo di Baby Blues, la depressione insorge dopo qualche mese ed entro il primo anno dopo la nascita del bambino. Secondo la American Psychiatric Association la diagnosi corretta di depressione post partum si pone se sussistono almeno 5 o più dei seguenti sintomi specifici e perduranti per almeno due settimane: calo dell’umore e tristezza, perdita d’interesse, di autostima e di energia, senso di spossatezza, incapacità di provare gioia (anedonìa), sensi di colpa e di indegnità perché la donna prova fastidio od ostilità per il neonato ritenuto troppo esigente, pessimismo e senso di incompetenza, difficoltà nel contatto fisico con il neonato e eventualmente nell’allattamento, talora disperazione e pensieri suicidari.
A volte si associano anche difficoltà di attenzione e concentrazione, tendenza al sonno o insonnia, disturbi dell’appetito, rallentamento o agitazione psico-motori, ansia, agitazione, incapacità di prendere decisioni. Può esserci anche somatizzazione con cefalee, vertigini, acufeni (suoni e ronzii percepiti nell’orecchio), dolori addominali e lombari, nausea e perdita di appetito, stitichezza, dimagrimento. La prevalenza della depressione postnatale varia tra 4.5% e 28% a seconda del metodo e dei tempi con cui è fatta la diagnosi.
Con grande probabilità, la depressione perìnatale è una patologia sottostimata nei numeri e sottovalutata nelle conseguenze, intanto perchè la diagnosi non è un’evenienza frequente, dal momento che la neomamma nelle forme lievi fatica a riconoscere i propri sintomi o può essere riluttante ad ammetterli e raccontarli al partner, ai familiari e al medico per vergogna, senso di fallimento, o ancora per timore di essere giudicata inadeguate alla cura del proprio bambino. Magari era una donna indipendente e sicura di sé, attiva nel lavoro e in ambito sociale, e improvvisamente si sente incapace di assumere il ruolo e i compiti di mamma. Tende quindi a mascherare il più possibile i sintomi della depressione, la attribuisce alla stanchezza e la nega anche a sé stessa. Non chiede aiuto e salva le apparenze, ad esempio con un eccesso di cure e di protezione ansiosa per il neonato.
Le donne non devono colpevolizzarsi per la depressione, ma piuttosto devono essere tranquillizzate e devono essere informate che la regressione o la cronicizzazione della depressione post-partum dipende anche dalla tempestività nella diagnosi e nel trattamento: in Gran Bretagna i disturbi psichiatrici sono responsabili per il 12% delle morti materne, inoltre studi recenti suggeriscono che la depressione materna non trattata tende a produrre alterazioni nella relazione di attaccamento fra madre e neonato, con possibili conseguenze emotive e comportamentali per il bambino: disturbi alimentari e digestivi, problemi del sonno e/o del comportamento, sintomi psico-somatici come eczemi e neurodermiti.
Fra i disturbi psichiatrici fortunatamente assai più rari che colpiscono una puerpera su mille ci sono le psicosi puerperali che si manifestano entro 48-72 ore o più spesso intorno alla 2°settimana dopo il parto con delirio, allucinazioni, pensiero e comportamento disorganizzato e distorsione dell’affettività. Quando questi sintomi si cronicizzano c’è il rischio reale di suicidio della madre o di infanticidio. Fattori di rischio in questi casi sono l’avere già sviluppato una psicosi dopo un parto precedente della donna o una familiarità positiva per la schizofrenia o la psicosi maniaco-depressiva.
Per quanto riguarda l’epidemiologia dei disturbi psico-emotivi del periodo perinatale gli specialisti ritengono che si presentino nella popolazione femminile mondiale dei vari Paesi e nei vari gruppi etnici con una prevalenza simile e con una incidenza piuttosto costante.
Le cause sono complesse e vanno probabilmente ricercate nell’intreccio di fattori individuali e scatenanti ambientali: innanzitutto la vulnerabilità soggettiva della donna agli effetti cerebrali delle fluttuazioni concomitanti al parto di vari tipi di ormoni: certamente gioca un ruolo il brusco calo degli ormoni sessuali placentari della gravidanza, e le fluttuazioni degli ormoni tiroidei, di vari neurotrasmettitori e degli ormoni chiave di parto e allattamento come l’ossitocina e la prolattina.
Possono interferire anche situazionii immunologiche attraverso il cortisolo e le interleuchine o la reazione da stress connessa all’alterazione dei ritmi sonno veglia e alla fatica dell’accudimento del bambino. Sotto il profilo psicologico una personalità materna caratterizzata da bassa autostima o tendente al perfezionismo o incline a nutrire aspettative irrealistiche sull’essere madre e sul neonato potrebbe sovraesporre la donna a rischio depressivo, così come fattori sociali svantaggiosi come la giovane età della neomamma, l’inesperienza e l’isolamento sociale della donna e l’assenza di aiuto e sostegno.
Michel Odent, ostetrico di fama internazionale per essere stato pioniere fin dagli anni ’60 nella clinica di Pithivier in Francia - da lui diretta - del parto in acqua e della sala parto simile ad un ambiente domestico (“salle sauvage” ed ecologia del parto), ritiene che l’eccessiva medicalizzazione del parto tipica del modello occidentale e il distacco precoce del bambino dalla mamma nelle prime ore dopo la nascita siano responsabili di conseguenze negative per il benessere di mamma e bambino nel tempo a venire dopo la nascita. [1]
Dal punto di vista nosografico tre revisioni sistematiche hanno identificato come fattori di rischio fortemente associati alla depressione post-partum episodi precedenti di depressione, depressione in gravidanza, il baby blues, le difficoltà di rapporto con il partner, gli eventi traumatici recenti (come un parto difficile o un parto cesareo, o la separazione precoce dal neonato), la mancanza di sostegno sociale. Aumentano probabilmente il rischio individuale anche una familiarità positiva per la depressione, la gravidanza non pianificata, l'avere 2 o più figli, una condizione di stress o di lutto recente e in gravidanza, l’isolamento culturale tipico delle mamme di origine straniera, e condizioni socio economiche svantaggiose come la disoccupazione o il licenziamento.
E’ nel web oggi che le neomamme stanno imparando a fare rete e ad abbattere il muro del silenzio intorno al proprio disagio, frequentando le sempre pù numerose piattaforme di auto mutuo aiuto e condivisione di esperienze fra donne e compagni di vita, per darsi il coraggio e trovare le risorse per superare le proprie crisi emotive e scambiarsi esperienze fondamentali.
Ma anche a livello delle istituzioni sanitarie sta cambiando l’approccio verso questi problemi: In questa direzione si colloca il progetto “Un sorriso per le mamme” promosso da Osservatorio Nazionale per la Salute della Donna già nel 2010 col patrocinio di Governo, Ministero della Salute e Società Italiane di NeuroPsicoFarmacologia, Psichiatria e Ostetricia e Ginecologia e sviluppato in questi anni a 360 gradi in tre direzioni: istituzionale, di comunicazione e territoriale. Dopo la fase di spot televisivi, la campagna di comunicazione vede oggi attivi un sito dedicato che offre un servizio di orientamento e “trova aiuto” che segnala alle utenti, ripartiti per ciascuna regione italiana, i centri ospedalieri di eccellenza e altri centri di riferimento e le associazioni di pazienti attive sui territori a cui rivolgersi.
C’è poi una sezione dove formulare domande di approfondimento e ricevere risposte in tempo reale sui temi dell’ansia e della depressione dagli esperti Prof. Claudio Mencacci, psichiatra e responsabile scientifico del progetto, Dott.ssa Mariannina Amato, psicologa e psicoterapeuta, Dott.ssa Alessandra Bramante, psicologa e psicoterapeuta, Prof.ssa Patrizia Colarizi,neonatologa, Dott.ssa Giordana Tacchinardi, ginecologa.
Nel Forum del sito le donne in attesa e le neomamme possono parlarsi e scambiarsi opinioni e, se desiderano, inserire foto e video dei propri bambini nello Smilebook. Mirati sul progetto sono anche un Canale You Tube e la community Facebook “Un sorriso per le mamme”.
Tra le azioni sanitarie destinate ai territori del progetto “Un Sorriso per le mamme” Regione Lombardia si è mossa per prima nel panorama nazionale finanziando il progetto pilota biennale di ricerca/intervento “Depressione in gravidanza e post partum: modello organizzativo in ambito clinico, assistenziale e riabilitativo” che ha mutuato esperienze avanzate in Canada e in Australia per la presa in carico non solo della diade mamma bambino, ma anche dei papà e della rete sociale circostante. La Survey e i successivi interventi hanno coinvolto L'Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli - Oftalmico di Milano, ONDA – Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna – e l'Associazione Volontari per la salute mentale Progetto Itaca che hanno intervistato 500 papà e 500 mamme: dalle loro risposte è emerso che 1 genitore su 3 ha dichiarato di aver sofferto o che la propria partner aveva vissuto un’esperienza di depressione post-partum, soprattutto in occasione del primo figlio, ma meno della metà ne aveva parlato con il proprio medico, e solo il 50% dei papà si è sentito partecipe e in grado di supportare la propria compagna.
Il responsabile del progetto, Prof. Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Salute mentale e Neuroscienze dell’A.O. Fatebenefratelli, parla di oltre12.000 donne in Lombardia che sperimentano ogni anno un episodio di depressione perinatale. Nella fase di intervento del progetto milanese è stata offerta assistenza domiciliare specialistica alle neomamme e ai neonati: nell’ambiente protetto e accogliente della propria casa, un’équipe multidisciplinare composta da una psichiatra, una psicologa, un pediatra e da una volontaria di Progetto Itaca hanno prestato le cure e le attenzioni necessarie per aiutarle a superare un momento così delicato della loro vita.
Per i papà sono stati organizzati gruppi di sostegno, ascolto e scambio emotivo-esperienziale in riferimento al nuovo ruolo genitoriale. Gli incontri, moderati da una psichiatra e da una psicologa, hanno avuto luogo presso il Presidio Ospedaliero Macedonio Melloni, in passato storico ospedale provinciale per la maternità e infanzia di Milano. Altri incontri di formazione sono stati rivolti agli psichiatri, pediatri, ginecologi e psicologi, allo scopo di fornire un aggiornamento sull’utilizzo degli psicofarmaci durante la gravidanza e il puerperio e l’apprendimento di un modello di trattamento cognitivo-comportamentale.
Al termine di questo pilota, Regione Lombardia ha istituito un Gruppo di approfondimento tecnico, a cui partecipano Istituzioni, Società scientifiche, cliniche e Associazioni, con l’obiettivo di definire Linee guida regionali che garantiscano livelli adeguati di omogeneità nei trattamenti erogati a livello locale che potrebbero successivamente diventare nazionali.
Ora la palla è passata alle Società scientifiche di riferimento con l’intento di stilare delle Indicazioni generali di buona pratica clinica per la prevenzione, diagnosi e cura della psicopatologia perinatale, dal momento che ancora oggi in Italia non esistono Linee guida di riferimento per gli operatori.
Note
Per le tesi di Michel Odent sulla positività del modello ecologico del parto, basate sulle sue numerose ricerche scientifiche http://www.wombecology.com/.