Lukács, Hegel, Marx e la categoria della mediazione

Come mostra #Lukács, Marx, appropriandosi della categoria della mediazione e svolgendola materialisticamente, attua nella sua teoria rivoluzionaria il superamento-inveramento del pensiero di #Hegel.


Lukács, Hegel, Marx e la categoria della mediazione

La tendenza a enfatizzare la filosofia hegeliana come la più elevata sintesi concettuale della società borghese conduce György Lukács alla paradossale affermazione che, proprio in virtù dell’arretratezza tedesca, Hegel è riuscito a penetrarne l’essenza più a fondo di quanto non abbia potuto fare David Ricardo con la sua analisi disincantata: “Poiché viveva in una società capitalistica meno sviluppata di quella di Ricardo, in una società dove le forme di esistenza dell’ambiente sociale erano impregnate più fortemente di residui di epoche passate, poiché quindi era in grado di vedere la società borghese più come un fenomeno in formazione che come un’entità formata, era capace anche di rapportarsi con molta più spregiudicatezza alle forme d’esistenza da essa create. Il suo metodo speculativo, costruito per la conoscenza di questo presente e che pertanto ne cela in sé tutte le contraddizioni in forma di problemi metodologici, viene spinto, proprio ad opera di queste contraddizioni, al di là del presente, oltre la società borghese” [1]. L’arretratezza tedesca spiegherebbe così, contemporaneamente, sia il carattere idealistico della filosofia di Hegel, sia la sua capacità di portare alla luce il contenuto più riposto della società borghese nella sua tensione verso il futuro.

Il riferimento a Ricardo non è certamente casuale; in queste pagine Lukács sta avanzando l’ipotesi che – all’opposto dei suoi critici della Sinistra hegeliana, compreso Hess – “per Hegel la conoscenza dei fenomeni economici ha rappresentato una componente integrativa del suo orientamento sistematico” [2]. È un semplice apercu, un’ipotesi di lavoro destinata ad avere ne Il giovane Hegel degli sviluppi che, criticabili o meno, faranno epoca nella storia delle interpretazioni di Hegel. Resta per ora la convinzione lukacciana che “la critica dell’economia politica è fondata, metodologicamente, sulla teoria hegeliana della risoluzione dell’immediatezza mediante l’indicazione delle categorie storiche mediatrici, mediante la genesi concreta, storica”, poiché “la immane impresa intellettuale di Hegel è consistita nel rendere la teoria e la storia dialetticamente relazionate l’una rispetto all’altra, concependole in una reciproca compenetrazione dialettica” [3].

I Giovani hegeliani e il “vero socialismo” hanno respinto ciò che di più prezioso conteneva la dialettica hegeliana; non così Marx, il quale appropriandosi della categoria della mediazione e svolgendola materialisticamente, attua nella sua teoria rivoluzionaria il superamento-inveramento del pensiero di Hegel. Poiché quest’ultimo è il fronte più avanzato della coscienza borghese, risulta evidente il nesso continuità-rottura tra rivoluzione borghese e rivoluzione proletaria. Tale conquista teorica da parte di Lukács si converte, sul piano pratico, in una proposta politica di ampio respiro storico, volta al superamento della rigida dicotomia tra capitalismo e socialismo, democrazia e dittatura, progresso e reazione, tramite la sintesi, il tertium datur della coppia di opposti; una sintesi intesa secondo lo schema dell’Aufhebung hegeliana, come negazione e conservazione delle contraddizioni in una totalità proiettata al di là dell’alienazione storico-politica.

La formula politica, che esprime tale sintesi nella situazione storica degli anni ’20, viene trovata da Lukács nella nozione di dittatura democratica, che sta alla base delle tesi preparatorie del rapporto politico al II Congresso illegale del PCU del 1930 (Le tesi di Blum, 1928). L’obiettivo è la “completa realizzazione della democrazia borghese” – guidata dalla classe operaia alleata con le altre forze progressiste – come anello intermedio e “forma dialettica di transizione verso la rivoluzione del proletariato”. 

La linea politica avanzata da Lukács era opposta alle disposizioni adottate dal VI Congresso delIa Terza Internazionale del 1928 (“la socialdemocrazia fratello gemello del fascismo”), per cui egli fu costretto all’autocritica, a ritirarsi dalla politica attiva e a interessarsi, durante gli anni di Mosca, soprattutto di critica letteraria e di questioni estetiche. Sono gli anni dell’accorta resistenza a Stalin, durante i quali, sulla scorta dei risultati acquisiti in campo dialettico, Lukács formulerà la teoria del realismo critico, in aperta polemica con l’espressionismo e i suoi difensori (quali Ernst Bloch e Bertolt Brecht), e rivendicherà l’eredità dei punti più alti della cultura e del pensiero borghese, condannando come decadenti le espressioni dell’avanguardia artistica, giudicate intrise di irrazionalismo e frutto di una reazione immediata ai fenomeni tipici dei periodi di disgregazione sociale e culturale. Contestualmente a questa attività, Lukács si accinge a dare una formulazione più approfondita e organica della interpretazione della dialettica hegeliana e del suo rapporto col pensiero di Marx e che troverà attuazione nell’opera sul giovane Hegel, terminata nel 1938.

Note:

[1] Lukács, György, Moses Hess und die Probleme der idealistischen Dialektik [1926], tr. It., Id., Moses Hess e i problemi della dialettica idealistica, in Id., Scritti politici giovanili; traduz. di P. Manganaro e N. Merker, introduz. di P. Manganaro, Bari, Laterza 1972, pp. 246-310, p. 299.

[2] Ivi, p. 301.

[3] Ivi, p. 302 e p. 306.

09/12/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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