Considerazioni Inattuali n. 84. La guerra di Hollande: come prima più di prima. Perché non bombardare Bruxelles?
di Lucio Manisco
Un preambolo personale ed in quanto tale di poco rilievo, ma necessario. Francofili ad oltranza, sin dall’infanzia per educazione familiare, sconvolti il 13 novembre molto più del 7 gennaio, ci siamo identificati, commossi fino alle lacrime, con lo “aux arms citoyen” dei tifosi che uscivano dallo stadio parigino. Per quanto avevamo scritto i giorni dopo Charlie Hebdo venimmo aspramente criticati da alcuni amici della sinistra radicale francese (Voltaire, Montesquieu e l’età dei lumi non avrebbero avuto nulla a che fare con le reazioni patriottarde dei dirigenti francesi e delle folle che avevano riempito le strade della capitale). Non ci siamo ricreduti. Il nostro amore per la Francia è più forte di prima, anche se oggi più di allora non può essere esteso alla sua classe dirigente. Fine del preambolo.
Sono trascorsi quattro giorni dalle stragi di Parigi e gli eventi di questi quattro giorni, al di là delle misure necessarie adottate dall’Intelligence francese ed europea, sollevano interrogativi allarmanti, di gravità estrema sui prevedibili sviluppi a breve e a lungo termine dei conflitti in corso e della pace nel mondo.
Una sintesi telegrafica, approssimativa ed incompleta perché non disponiamo delle capacità intellettive e di stile di quel maestro del giornalismo che è stato Luigi Pintor.
François Hollande ha dichiarato guerra allo stato islamico di Abu Bakr Al-Baghdadi, ha chiesto ed ottenuto – a parole – l’adesione dell’Europa e quella equivoca e reticente degli stati arabi che fanno parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti. L’ex socialista che vuole vestire i panni di De Gaulle, già battezzato, durante i negoziati di Minsk, “il bagaglio a mano di Frau Merkel”, vuole ora cambiare la costituzione ed assumere pieni poteri imitando il “Patriot Act” di Bush Junior per combattere la “guerra senza pietà” contro lo IS. Come? Con i parà inviati dal suo predecessore nel Mali? Con la Legione Straniera? No di certo. Con i bombardamenti aerei di venti aviogetti basati in Giordania a cui si aggiungeranno un’altra trentina di velivoli della portaerei De Gaulle partita da Tolone. Con gli stessi bombardamenti statunitensi cioè che, a parte qualche risultato tattico in appoggio ai Peshmergas curdi, non si sono dimostrati solo inefficaci ma controproducenti ammazzando migliaia di civili sunniti. E’ la parabola dei denti del drago che sepolti generano ciascuno mille draghi. E il califfato va a nozze. Basta quindi ignorare gli errori del passato, le guerre USA in Iraq, in Afghanistan, in Siria e in Libia promossa da Sarkozy.
E chi ricorda le responsabilità occidentali in queste guerre dall’esito fallimentare, come Gino Strada, viene vituperato come imbelle, sessantottino, pacifista insulso e più o meno inconsapevolmente alleato dell’estremismo islamico. Appunto: basta cancellare la memoria storica, cioè ignorare le cause del terrorismo e quindi perpetuarlo. Ed a proposito dell’apparente unanimità dell’appoggio parlamentare a François Hollande il nostro amore per la Francia non può nelle presenti eccezionali circostanze relegare nell’oblio del passato il “lato oscuro” della Republique denunziato da Camus, Sartre e tanti altri. Non è il passato remoto della macelleria dei Communards o di Dreyfus, ma quello più recente: ad esempio l’eccidio nel 1961 di centinaia di pacifici dimostranti algerini a sostegno dell’indipendenza del loro paese, nelle strade di Parigi. Quel tragico episodio, cancellato dalla storiografia ufficiale, potrebbe ripetersi dopo il 13 novembre?
L’interrogativo è giustificato dall’anti-islamismo nel lato oscuro della Francia, la cui esistenza viene negata dai benpensanti e dalle autorità con la loro insistente distinzione tra islam buono e islam cattivo e barbarico degli jihadisti. La distinzione include crescenti richieste di maggiore collaborazione alle moschee ed ai milioni di musulmani nelle banlieues parigine ed in tutto il paese, collaborazione all’identificazione e alla denunzia delle cellule terroristiche. La condanna è unanime, la collaborazione manca perché il risentimento non nasce solo dalla povertà, dalla disoccupazione e dalle altre cause sociali che hanno provocato la rivolta di pochi anni fa, ma anche e soprattutto dalle guerre scatenate nel dopoguerra contro il mondo musulmano, una memoria storica che, ci disse una trentina di anni fa Ben Bella, fa ormai parte del DNA degli immigrati in Francia, in Europa e negli Stati Uniti.
E così andiamo avanti con i bombardamenti aerei, con l’esasperazione statunitense del conflitto sciita-sunnita e con qualche rimedio di carattere economico finanziario proposto dal G-20 in Turchia: ridurre i proventi miliardari, petroliferi e d’altro genere, che arrivano al califfato dagli stati bancomat dell’Emirato, principalmente il Qatar, Abu Dhabi e Dubai; eliminare le connivenze interessate delle banche europee; bloccare le forniture di armi all’IS dell’Arabia Saudita (singolare la coincidenza di punti di vista sul tema del presidente Putin e del cardinal Bagnasco). Una parola! Basta pensare agli affari conclusi dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nella sua recente visita nella capitale saudita, affari che includono massicce forniture belliche.
A proposito del Renzi: è emersa al G-20, anche se sottaciuta, una certa insoddisfazione, chiamiamola così, per l’apparente appeasament del capo del governo italiano nei confronti del califfato per quanto riguarda almeno l’impegno militare nella conclamata guerra di Hollande ex & Co.: i tre Tornados chiusi negli hangars insieme ai droni armati da dieci giorni con i missili USA. A parte, secondo Alfano, l’eccellenza e la superiorità assoluta dei nostri servizi su quelli di ogni altra potenza inclusi gli Stati Uniti, non si deve forse a questo appeasement se, malgrado le minacce generiche al nostro paese, sono stati risparmiati gli attacchi del terrorismo? Disdicevole interrogativo alla vigilia di un giubileo improvvisamente e improvvidamente deciso dal Bergoglio? Se questo è il caso, ovviamente non condividiamo affatto l’insoddisfazione delle Cancellerie occidentali.
L’elenco degli interrogativi su questa maniera balorda, controproducente di far guerra al terrorismo potrebbe continuare ma ci fermiamo qui con un ultimo quesito che può apparire sarcastico ma non del tutto ingiustificato: se non bombardare Bruxelles, perché non boicottare il Belgio che ha ospitato fior fior di terroristi, da quelli del 9/11, a quelli prima di Charlie Hebdo ed ora di Parigi?
Una risposta raccolta a Parigi: perché “se i cervelli dei loro governanti fossero di lardo, non ne avrebbero a sufficienza per ungere una padella”.