1. Platone: una risposta alla crisi della società greca
La filosofia di Platone può essere considerata una risposta alla crisi della Grecia e in particolare di Atene, che dopo la fine dell’Età di Pericle, la sconfitta nella guerra del Peloponneso, il fallimentare governo dei Trenta tiranni, aveva visto la restaurata democrazia mandare a morte Socrate (399 a.C.), tutto ciò era sicuramente sintomo di una crisi politica. Vi era tuttavia anche una crisi culturale in quanto ci troviamo di fronte alla seconda generazione dei sofisti e alla dissoluzione del socratismo. Per Platone, questa crisi politico-culturale ha alla base una crisi dell’uomo nella sua totalità e il sintomo del malessere della società è proprio l’uccisione di Socrate: la restaurata democrazia ateniese aveva mandato a morte il più giusto degli uomini. Socrate era colui che tendeva a un rinnovamento etico in nome della virtù e della giustizia, Socrate andava alla ricerca dell’universale, della definizione, andando oltre il relativismo dei sofisti. Per Platone quindi questa crisi etico-politica ha alla base una crisi intellettuale. Quindi per superare questa crisi politica non basta cambiare la forma di governo, di Stato, ma è necessaria una riforma dell’uomo nel suo complesso, ciò porterà alla nascita di un nuovo progetto filosofico che poi si tradurrà in un progetto politico. Nonostante la forte passione di Platone per la politica, i suoi interessi sono numerosi: gnoseologia, metafisica, religione, etica, pedagogia, matematica, ed è in quest’ottica globale che dobbiamo studiare il suo pensiero, non dimenticando la centralità della dimensione politica.
La vita
Platone nasce nel 428/427 a.C. in una grande famiglia aristocratica ateniese. Influisce sulla sua educazione Crizia, un sofista membro di un circolo di ultrà aristocratici filo-spartani. Qui deve aver conosciuto Socrate, maestro di Crizia, l’insegnamento del quale lo segna per tutta la vita. La collocazione sociale lo porta quasi naturalmente agli interessi politici e Platone da giovane è affascinato dal tentativo antidemocratico di Crizia, da cui si stacca presto per il suo eccesso di violenza. Platone non apprezza neppure il successivo tentativo di restaurazione democratica, che si scontra con contraddizioni non superabili nel quadro della polis tradizionale, contraddizioni che il mondo politico ateniese pareva amministrare più che risolvere. Dopo il processo a Socrate la sua ostilità al regime democratico moderato si accentua.
Ciononostante, Platone non abbandona la sua vocazione politica, anzi la esercita tanto in senso teorico, studiando le migliori forme di organizzazione della cosa pubblica, quanto in senso pratico mirando a contribuire al governo della seconda città-Stato della Grecia: Siracusa.
Il progetto etico-politico alla base dell’opera di Platone
Il progetto platonico di rifondazione dello Stato, delineato sin dagli anni giovanili nella prima stesura della Repubblica, si fonda sulla necessità di unire la politica con la saggezza e il sapere. Intorno a tale progetto ruota la successiva biografia di Platone. Non confidando nella monarchia macedone, rivolge la propria attenzione a Taranto, in cui il pitagorico Archita rappresenta un valido esempio della possibile fusione fra sapere e potere. Vi è poi Siracusa, governata da Dionigi il cui cognato Dione condivide le sue idee rivoluzionarie.
I tentativi politici di Platone in Magna Grecia
Perciò Platone, dopo la morte di Socrate, viaggia prima a Taranto e poi a Siracusa, dove cerca di convincere il Dionigi il vecchio – definito tiranno dai suoi avversari politici artistocratico-democratici – a sperimentare i propri progetti politici utopistici. I rapporti tra filosofo e tiranno divengono presto burrascosi e Platone fu addirittura venduto come schiavo e riscattato da un amico.
Tornato ad Atene, Platone non demorde e organizza una fondazione politico-intellettuale che si dedica a sviluppare sul piano teorico e pratico le sue idee rivoluzionarie. Giuridicamente l’Accademia si presenta come un’associazione religiosa dedita al culto delle muse, ma in realtà è il primo istituto di educazione superiore della storia, un centro di ricerca scientifica e un’organizzazione politica volta alla trasformazione rivoluzionaria della società. Maestri e discepoli vivono in modo comunistico nell'Accademia e condividono il progetto etico-politico di una società comunista basata sul sapere filosofico-scientifico. Dal 387 la vita intellettuale di Platone si svolge nell’Accademia, tanto che opere come la Repubblica, il Parmenide, il Filebo, le Leggi offrono contributi a dibattiti sviluppatisi nella scuola o sono documenti programmatici a essa rivolti.
D’altra parte Platone preferisce provare a realizzare una rivoluzione politica, piuttosto che limitarsi a teorizzarla; così alla morte di Dionigi, succedendogli l’omonimo figlio su cui Dione ritiene di avere una forte ascendenza, Platone è chiamato nuovamente a Siracusa nel 366 a.C. Tuttavia, quando Dionigi il giovane si rende conto che Dione e Platone intendono sostituirsi a lui nelle decisioni politiche bandisce Dione e imprigiona e poi scaccia Platone. Nel 361 a.C., l’indomito Platone torna ancora una volta a Siracusa per convincere Dionigi a richiamare Dione, senza successo. Anche il successivo tentativo di Dione, di prendere il potere con la forza e con l’aiuto dell’Accademia fallisce e Dione viene ucciso nel 354 a.C.
Platone è così costretto a sviluppare in modo solo teorico le sue idee rivoluzionarie nell’Accademia, dove costruisce la sua scuola-partito. Ultimate le Leggi, a ottanta anni Platone muore nel 347 a.C. Dieci anni dopo, con la vittoria di Cheronea, Filippo di Macedonia elimina quanto restava dell’autonomia delle polis greche.
Una filosofia in grado di sintetizzare l’intera filosofia greca
Al di là dei falliti tentativi politici, Platone cerca sempre di stringere in un disegno unitario potere e sapere, la filosofia, la scienza e l’etica con la politica. Perciò Platone mira a fondare una filosofia che si ponga come sintesi, ma anche come superamento dell’intera tradizione filosofico-culturale greca a lui precedente.
Le opere
Platone è il primo filosofo dell’antichità di cui abbiamo tutte le opere, sono 35 dialoghi e 13 lettere ordinate da Trasillo (vissuto all’epoca dell’imperatore romano Tiberio, 42 a.C.-37d.C.) in nove tetralogie (ovvero 9 gruppi contenenti ognuno 4 opere). Molto importante per noi la VII Lettera, una sorta di autobiografia di Platone, fondamentale per ricostruire la sua vita e il suo pensiero. In ogni caso, oltre alla VII lettera per determinare l’autenticità delle opere e la successione cronologica è stata considerato l’aspetto linguistico, il contenuto filosofico, le fonti secondarie e i rinvii nei dialoghi stessi ad altri dialoghi. A partire da ciò gli scritti di Platone sono stati suddivisi in tre periodi: 1) scritti giovanili o socratici, 2) scritti della maturità, 3) scritti della vecchiaia. A ciò si aggiungono, secondo alcune fonti, le cosiddette “dottrine non scritte”, dove probabilmente Platone sviluppò una filosofia molto vicina al pitagorismo.
2. Il dialogo come forma del progetto filosofico di Platone
Platone si richiama alla tradizione idealista parmenidea
Sul piano teorico Platone si pone come erede della grande tradizione filosofica che va da Pitagora a Parmenide a Eraclito. Da tale tradizione Platone riprende la scissione gerarchica della realtà e del sapere: l’essere contro l’apparire, la verità contro l’opinione, la ragione contro i sensi, l’anima contro il corpo. Seguendo tale tradizione Platone identifica la verità con la pura teoria, che ha contenuti prevalentemente logico-matematici e astronomici di contro al sapere empirico.
Su di essa Platone innesta la tradizione socratica del legame fra sapere, virtù e felicità
Ma Platone innesta su tale tradizione le esigenze di una linea di pensiero ateniese che si snoda da Solone a Socrate. È questo il pensiero della mediazione che tende a istituire un rapporto fra i poli delle opposizioni che quelle scissioni producevano. In effetti, per Platone, la filosofia non deve limitarsi ad annunciare il discorso vero, ma deve mostrare le proprie capacità nell’interpretare e risolvere i problemi di tutti. Fra la pura teoria del saggio e le opinioni del volgo Platone intende porre la capacità di correggere l’opinione in funzione della verità, mediante un linguaggio comprensibile anche al volgo. Qui si inserisce il tema socratico del legame fra sapere, virtù e felicità, per cui il vero sapere diviene il fondamento di una vita morale e politica giusta e felice per tutti, non solo per i sapienti e i potenti.
La dialettica come arte del dialogo
Per rispondere a tale esigenza Platone crea una forma nuova per la comunicazione filosofica: il dialogo, quale trascrizione di una discussione filosofica fra uno o più interlocutori che rappresentano il sapere volgare legato all’opinione e il filosofo che li persuade, confutandoli, a volgersi a un sapere superiore. Il filosofo in Platone assume il nome di dialettico (da dialeghesthai, discutere) in virtù della sua capacità di praticare l’arte del dialogo, mediante la quale convince l’uomo dell’opinione a volgersi alla verità. Tale ricerca della mediazione è incarnata da Socrate, il Socrate platonico più che il Socrate storico. Il dialogo platonico diviene la sede in cui si confrontano i problemi della teoria e della conoscenza con quelli della società e della vita morale dell’uomo.
Il rapporto con Socrate
Socrate è il protagonista di tutti i dialoghi platonici, il problema è quali dottrine siano attribuibili a Socrate e quali a Platone. Sicuramente i dialoghi giovanili o socratici, più vicini alla morte del maestro, rispecchiano maggiormente il suo pensiero mentre negli altri dialoghi Platone parla per bocca di Socrate. Quindi la sua fedeltà a Socrate non ha a che fare con la lettera dell’insegnamento socratico, ma piuttosto con lo spirito, Platone in un certo senso interpreta la personalità filosofica di Socrate, ciò è evidente nella scelta del dialogo come forma dei suoi scritti, che si configura come fedeltà verso Socrate (anche se Socrate non aveva scritto nulla). Ma nel dialogo è evidente una concezione della filosofia aperta, come ricerca continua appunto, dove fondamentale è lo scambio con l’altro, l’aspetto sociale e il fatto che la filosofia è uno sforzo continuo e incessante verso la verità.
L’uso del mito
Oltre alla forma dialogica, Platone nei suoi scritti ricorre all’uso del mito, Platone tra l’altro li inventa anche e utilizza questi racconti fantastici per esporre alcune teorie filosofiche. La domanda è: perché Platone ricorre all’uso del mito? In parte per una ragione didattica: con il mito si possono comunicare determinati concetti in modo più accessibile, in parte se ne serve per esporre realtà non spiegabili del tutto attraverso l’indagine razionale. In ogni caso il mito concorre a rendere sicuramente molto affascinante e suggestivo lo stile di Platone.
L’opinione, la scienza
Platone sembra consapevole che all’inizio del IV secolo non è più possibile contrapporre semplicemente verità e opinione, essere e apparenza. Non solo vi è stato un impetuoso sviluppo del pensiero empirico-tecnico, dalla medicina all’architettura, ma l’analisi sofistica del linguaggio ha mostrato come non vi sia un rapporto diretto fra linguaggio, realtà e verità.