Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi.
Il dopoguerra nell’Europa occidentale
In Germania, paese completamente devastato dal secondo conflitto mondiale, si fronteggiano i due schieramenti della guerra fredda, essendo il paese sotto occupazione di Usa, Urss, Regno Unito e Francia. La Germania e la capitale Berlino sono così divise in quattro zone. Secondo gli accordi la Germania avrebbe dovuto essere: 1) denazificata, 2) demilitarizzata, 3) democratizzata, 4) sottoposta alla distruzione dei monopoli che avevano sostenuto il nazismo. Tuttavia la collaborazione fra le potenze occupanti dura meno di un anno, il tempo necessario a celebrare il processo di Norimberga. In seguito l’occidente unifica le tre aree sotto il proprio controllo, mirando alla creazione di uno stato tedesco in funzione antisovietica. L’Urss risponde con la chiusura degli accessi a Berlino, che dovevano attraversare la sua zona di influenza, ma gli Usa aggirano il blocco con un gigantesco ponte aereo. Nel 1949 nasce così la Repubblica federale tedesca, guidata dal cattolico conservatore Adenauer. I sovietici sono costretti a rispondere con la Repubblica democratica tedesca (DDR), in cui si procede a una radicale denazificazione ed eliminazione dei monopoli, interamente nazionalizzati, insieme alle grandi proprietà degli Junker, base sociale della politica aggressiva tedesca.
In Inghilterra, nonostante la vittoria, i conservatori di Churchill sono pesantemente sconfitti nelle elezioni del 1945 per la loro politica di destra e si afferma in modo netto il partito laburista (sinistra). Il nuovo primo ministro Attlee porta avanti un programma di riforme sociali: nazionalizza la banca d’Inghilterra e la produzione di carbone, gas, energia elettrica, trasporti e siderurgia. Si fissa il salario minimo e si provvede all’edificazione dello stato sociale (Welfare State), che pretende di proteggere il cittadino dalla culla alla tomba, assicurando la fine del pauperismo. Tale programma subisce una battuta d’arresto con la vittoria elettorale dei conservatori nel 1951, che rimangono al governo per 13 anni.
In Francia nel 1945 si apre il confronto per una nuova Costituzione, volta a modificare quella del 1875. Alle elezioni i comunisti ottengono il 27% e i socialisti il 23% e mirano a una Costituzione democratica. Il presidente De Gaulle, fautore di un presidenzialismo bonapartista si dimette polemicamente nel 1946, attendendo il momento propizio per la realizzazione del proprio progetto. La IV repubblica nasce nel 1946, una repubblica parlamentare democratica. Nonostante il forte successo elettorale dei comunisti nel 1946, il presidente socialista Paul Ramadier, con l’appoggio dei moderati, su pressione degli Usa, allontana i comunisti dal governo. Ciò consente alle forze borghesi francesi di poter utilizzare il piano Marshall e di erodere il consenso dei comunisti. Così nel 1951 prevalgono le forze di destra, portando avanti una ricostruzione che accomuna liberismo e il dirigismo della tradizione francese.
La “guerra fredda”
Dunque, la guerra fredda e il piano Marshall consentono agli Usa e ai loro alleati conservatori europei di riprendere il controllo della situazione nei paesi occidentali, sebbene alle elezioni del 1945 e per tutti gli anni Quaranta le sinistre e addirittura i comunisti avessero avuto grandi successi elettorali, tanto che i comunisti facevano parte delle coalizioni al governo e anche in Inghilterra vi era un governo laburista orientato a sinistra.
Il patto Atlantico (Nato)
Ad accentuare la guerra fredda contribuisce l’istituzione nel 1949 del patto Atlantico (Nato), alleanza militare antisovietica, cui aderiscono Usa, Canada, Regno Unito, Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia, Islanda e il fascista Portogallo. Negli anni seguenti aderiscono alla Nato Turchia, Grecia, Germania Occidentale e la Spagna fascista di Franco. L’alleanza sarà sempre egemonizzata dagli Usa, che negli anni Cinquanta, grazie anche al piano Marshall, esercitano una grande influenza, anche culturale, su tutta l’Europa occidentale.
La Ceca
I paesi dell’Europa occidentale cominciano a coordinarsi politicamente in funzione anticomunista nel Consiglio d’Europa e poi soprattutto a livello economico nella Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), a indicare il predominio in questi Stati della società civile sullo Stato. Ne fanno parte Francia, Germania Federale, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Italia.
Dal Comecon al Patto di Varsavia
A tale offensiva i paesi socialisti rispondono con il Consiglio di mutua assistenza economica (Comecon) del 1949 e quando, tradendo i patti del dopoguerra, la Germania federale viene riarmata e fatta entrare nella Nato, nasce il Patto di Varsavia, volto a integrare le forze armate dei paesi socialisti.
L’Italia dal 1945 al 1948: Il sopravvento del moderatismo
Anche l’Italia è uscita in ginocchio dalla guerra, con il 20% del patrimonio nazionale distrutto. Soffia nel paese il “vento del nord” che, dopo l’esperienza della guerra partigiana, mira a una profonda trasformazione sociale. Tali speranze sono subito frustrate dal governo che, su pressione anglo-americana, proclama la continuità con il vecchio Stato liberale. La normalizzazione è favorita dallo stesso segretario del Pci Palmiro Togliatti, che non crede possibile in quella situazione una rivoluzione, anche perché l’Italia negli accordi di Yalta rientra nella sfera di influenza Usa, per cui mira a realizzare una progressiva democratizzazione del paese, che avrebbe creato le condizioni, una volta cresciuta la capacità egemonica del partito, di puntare alla transizione al socialismo. Di contro al Pci, più che il vecchio partito liberale, orientato a destra ma privo di una base di massa, vi è la democrazia cristiana, che si pone quale erede del Partito popolare, ha un’ideologia interclassista e il pieno appoggio delle parrocchie e del Vaticano, con le sue finanze e i rapporti internazionali. Terzo incomodo è il Partito socialista, in cui nel dopoguerra prevale l’anima di sinistra, che intende continuare l’unità d’azione con i comunisti sviluppatasi nella lotta partigiana. Vi è poi su posizioni liberal-socialiste il Partito d’azione, partito principalmente di intellettuali, che ha la sua classe sociale di riferimento nel ceto medio riflessivo.
Il governo Parri
Tuttavia il vento del nord è troppo forte per consentire la continuazione del governo Bonomi, per cui si giunge a un compromesso più avanzato che porta al governo Ferruccio Parri, un riformista del Partito d’azione, che ha però svolto un ruolo centrale nella resistenza. Al governo partecipano a sinistra comunisti e socialisti, al centro-destra repubblicani e democristiani, a destra i liberali. Per questi ultimi due partiti il riformismo del governo Parri appare intollerabile, per cui escono dal governo determinandone la caduta, anche per il pieno sostegno delle forze di occupazione anglo-americane.
Il primo governo De Gasperi
Nel dicembre del 1945 il governo di grande coalizione, il primo presieduto da Alcide De Gasperi, determina la fine della politica riformista. Anzi De Gasperi, con l’appoggio degli Usa, elimina i prefetti e questori nominati dal Cln, reintegrando nei ruoli cardine dello Stato e in particolare negli apparati repressivi la burocrazia dell’epoca fascista. Al contempo si pone fine su richiesta anglo-americana all’epurazione dei fascisti. Le elezioni amministrative del 1946 dimostrano che vi sono solo tre partiti di massa: Dc, Psi e Pci, mentre il Partito d’azione non ha una base di massa. Nelle successive elezioni per l’assemblea costituente e al contempo per il referendum fra monarchia e repubblica prevale la Dc con il 35% grazie all’appoggio della chiesa e il voto alle donne a essa legate, il Psiup arriva al 20%, il Pci al 19%. Mentre, seppur di misura, il referendum vede il prevalere della repubblica. Il nord vota a sinistra e per la repubblica, il sud a destra e per la monarchia.
La Costituzione
Si forma un secondo governo De Gasperi di grande coalizione. Nel frattempo nella Costituzione si riesce a trovare per l’ultima volta un accordo produttivo fra i tre grandi partiti di massa, che produce la costituzione democratica più avanzata socialmente in un paese capitalista. In cambio il Pci fa importanti concessioni ai democristiani, come l’articolo 7 che garantisce la continuità del Concordato tra fascisti e vaticano, favorevole a quest’ultimo.
La fine dei governi di unità nazionale
Ma la guerra fredda spinge gli Usa a far pressioni e a minacciare la Dc: se non si fosse liberata dei comunisti nel governo, non avrebbe ricevuto i benefici del piano Marshall. Nel frattempo le pressioni sulla destra anticomunista del Psiup portano alla scissione dal partito socialista dell’ala riformista che, guidata da Saragat, darà vita a un partito socialdemocratico filoamericano. Nasce così nel 1947, grazie al sostegno economico Usa, il primo monocolore Dc, il IV governo De Gasperi, con il liberista Einaudi a gestire l’economia e il filo-Usa repubblicano Sforza agli Esteri. Agli Interni va l’anticomunista Scelba, che reprime con il pugno di ferro fino al 1953 il movimento operaio e contadino.
La Costituzione repubblicana
Così la Costituzione, che entra in vigore il 1 gennaio del 1948, resta in tutte le parti più avanzate del tutto inattuata, in quanto frutto di un compromesso tra le forze filocapitaliste e quelle filosocialiste, ormai abbandonato dalle prime a causa della guerra fredda. I suoi contenuti rappresentano un compromesso fra i principi liberaldemocratici del centro-destra e le istanze sociali delle forze di sinistra. Così ai principi liberaldemocratici, le libertà politiche e civili, la divisione del lavoro, la democrazia rappresentativa, si uniscono i diritti economici e sociali propugnati dalle sinistre marxiste. Per cui la costituzione è non solo antifascista, ma si dice fondata sul lavoro, proclama il diritto al lavoro, sino a limitare la proprietà privata se in contrasto con il benessere sociale, prevedendo la possibilità della sua nazionalizzazione e di espropri senza indennizzo, e la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. Si tratta dunque di diritti positivi, non negativi come i diritti liberali, di diritti sociali propri della tradizione socialista. Per esempio l’art. 3: la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’eguaglianza; l’art. 4: il diritto al lavoro; l’art. 32: il diritto alla salute; l’art. 34: il diritto all’istruzione; l’art. 35: la tutela il lavoro; l’art. 37: la tutela della donna lavoratrice e dei minori; l’art. 38: il diritto all’assistenza, alla previdenza e alla sicurezza sociale. Tali principi sono restati in buona parte sino ai giorni nostri lettera morta, perché passato il pericolo di una rivoluzione, la classe dominante lascia solo sulla carta le principali concessioni che aveva dovuto fare.
Il sistema politico fondato sulla Costituzione
Il sistema politico fondato sulla Costituzione è bicamerale, con una camera e un senato eletti a suffragio universale esteso a entrambi i sessi. Le camere devono approvare le leggi e concedere la fiducia al governo. Il capo del governo, presidente del consiglio, è incaricato dal capo dello Stato, presidente della repubblica, di cercare la fiducia delle due camere insieme ai ministri da lui proposti. Il presidente della repubblica è eletto dalle assemblee legislative in seduta congiunta e resta in carica per sette anni.
La corte costituzionale e il referendum abrogativo
Il potere giudiziario deve essere autonomo e indipendente dagli altri due poteri. Per verificare che le leggi proposte siano in conformità con la costituzione si istituisce la Corte costituzionale. Inoltre, a tutela della corrispondenza di una legge con la sovranità popolare vi è l’istituto del referendum, indetto su richiesta di mezzo milione di elettori o di cinque consigli regionali, che può abrogare in parte o in toto una legge.
La costituzione disattesa
Restano inoltre per moltissimi anni disattese, per volontà dei governi di centro o centro-destra, le parti più innovative della costituzione: l’istituzione delle regioni, i diritti personali, le libertà civili ecc.