Il rinnovato interesse per il pensiero di Karl Marx e in generale per le tematiche di filosofia politica, soprattutto negli ultimi anni, è stata l’occasione che da cui ha preso le mosse la presente ricerca. In effetti il marxismo, dopo la progressiva perdita d’influenza a partire dagli anni Ottanta – che hanno visto invece il trionfo del pensiero debole e del postmodernismo – oggi sembra suscitare di nuovo interesse a livello internazionale, anche a fronte della persistente e sempre più conclamata crisi del modo di produzione capitalistico. La distanza storica rispetto al socialismo reale ha consentito, inoltre, di ripensare molti dei temi del pensiero marxista in un’ottica più distaccata dalle esigenze più immediate della lotta politica, sviluppando da una parte un ripensamento dell’eredità marxista sul piano della ricerca für ewig, dall’altra nel senso di una profonda revisione del marxismo, nel tentativo di adeguarlo alle nuove sfide del XXI secolo.
Tra i diversi autori di formazione marxista, che nel dibattito attuale si confrontano con la crisi della democrazia e il tentativo di rilancio di un superamento in senso progressista della società capitalista, abbiamo scelto di approfondire in particolar modo Alain Badiou e Domenico Losurdo. Riteniamo che lo studio di tali autori sia particolarmente significativo, in quanto nello sviluppo della loro riflessione filosofico-politica, l’eredità marxiana si declina in modo opposto. Tale diversità è dovuta, in primo luogo, al diverso rapporto che questi autori hanno con la filosofia di Friedrich Wilhelm August Hegel.
L’accentuazione del debito di Marx nei confronti di Hegel ha portato la riflessione filosofica di Losurdo nella direzione di un “marxismo senza comunismo”. Infatti Losurdo tende a criticare quelli che considera gli aspetti più utopistici e messianici di Marx e soprattutto del marxismo quali: l’idea di una società senza Stato, il superamento delle nazioni, del denaro, della religione, del mercato ecc. aspetti che avrebbero, a suo avviso, le loro radici nella tradizione utopistica anarcoide.
Badiou, invece, rinunciando a utilizzare le categorie marxiane di chiara derivazione hegeliana, approda a una proposta di “comunismo senza marxismo”. L’idea sostanzialmente proudhoniana di comunismo di Badiou infatti, sviluppata a partire da Platone, è disconnessa dall’oggettività storica, assumendo la forma di un ideale regolativo che si contrappone alla coercizione che lo Stato esercita sulla società. Nella riflessione filosofica di Badiou, quindi, l’aspetto soggettivo-volontaristico dell’azione politica e la carica utopica, mal vista da Losurdo, risultano essere maggiormente accentuati rispetto al realismo dell’eredità hegelo-marxista.
Domenico Losurdo, il primo di questi due autori che affronteremo, è un pensatore indubbiamente originale. Losurdo, infatti, ripensa in profondità il marxismo di fronte agli avvenimenti storici degli ultimi decenni e ne trae un bilancio tutto sommato critico. A differenza di Badiou, però, non abbandona la dialettica, anzi, Hegel assume una posizione centrale nella sua interpretazione eterodossa del pensiero di Marx.
Dal punto di vista filosofico, riguardo al tanto dibattuto rapporto tra idealismo e materialismo, Losurdo non considera quest’ultimo decisamente in contrapposizione al primo. Al contrario. Losurdo polemizza con la lettura di Hegel in chiave coscienzialista di derivazione dellavolpiana, ma anche con filosofi marxisti come Ernst Bloch e György Lukács che, pur riconoscendo a Hegel un vasto senso della realtà, ne criticano comunque gli aspetti idealistici. Losurdo, invece, mostra la centralità in Hegel soprattutto del tema del lavoro, inteso come lavoro reale e non spirituale. Egli mostra come sia possibile rinvenire nella filosofia hegeliana una insospettata attenzione nei riguardi dell’essere sociale, dei processi storici e degli stessi conflitti sociali.
Losurdo mostra, inoltre, a partire dal saggio Hegel, Marx e l’ontologia dell’essere sociale (2010), come lo stesso materialismo storico non possa esser considerato immune da cadute nell’idealismo storico. A parere di Losurdo, dal punto di vista teorico permangono, infatti, nello stesso pensiero di Marx e Friedrich Engels elementi utopistici, dovuti anche al contesto storico e politico, quali l’estinzione dello Stato, del mercato, delle nazioni, delle religioni. In questo senso, secondo Losurdo, il marxismo avrebbe bisogno di un’ontologia dell’essere sociale.
Questo aspetto, colto con chiarezza dall’ultimo Lukács, non è stato secondo Losurdo ancora sviluppato compiutamente, visto che le varie configurazioni dell’essere sociale quali lo Stato, la lingua, la religione, la nazione ecc. non sono state ancora indagate in una prospettiva ontologica. Per assolvere a tale compito, possono essere di grande utilità le analisi sviluppate da Hegel.
Il rapporto Hegel-Marx dal punto di vista teorico e l’importanza delle categorie di derivazione hegeliana, quali la contraddizione oggettiva, la negazione determinata, il salto qualitativo ecc. – fondamentali, secondo Losurdo, per comprendere il processo storico e i relativi conflitti dal punto di vista del materialismo storico – sono sviluppati in modo particolarmente persuasivo in diversi saggi poi raccolti ne L’ipocondria dell’impolitico (2001).
Losurdo si è, inoltre, dedicato all’analisi del marxismo e dei motivi per i quali è entrato in crisi negli ultimi decenni, nonostante il ruolo egemone che aveva avuto negli anni Sessanta e Settanta. Nel saggio Come nacque e morì il «marxismo occidentale» (2011), Losurdo ritiene che tale crisi non possa essere attribuita unicamente al crollo del cosiddetto socialismo reale, ma debba essere rintracciata nell’impianto teorico del marxismo stesso, soprattutto del marxismo occidentale. A partire da questa critica, Losurdo sviluppa il suo originale ripensamento del marxismo, nel quale temi come il colonialismo e l’anticolonialismo, la lotta per il riconoscimento, la questione nazionale, lo sviluppo delle forze produttive e un concetto ampliato di lotta di classe, assumono un’importanza centrale. Queste tematiche sono sviluppate in diverse opere, mentre il concetto di “lotta di classe” viene rielaborato in particolar modo in uno dei più recenti lavori di Losurdo: Lotta di classe. Una storia politica e filosofica (2013).
Losurdo ha sviluppato, inoltre, una rilettura critica del liberalismo e dei rapporti tra quest’ultimo, la democrazia e la tradizione rivoluzionaria. Tali temi sono trattati principalmente nel fortunatissimo studio dedicato alla Controstoria del liberalismo del 2005, forse una delle sue opere più significative, ma anche in Democrazia o Bonapartismo? (1993) e in Hegel e la libertà dei moderni (1992). In particolare, l’interpretazione che dà Losurdo del liberalismo deve essere considerata tanto significativa quanto innovativa poiché rappresenta una netta rottura con la storiografia dominante. Il lungo cammino verso la democrazia, fatto di momenti di emancipazione e de-emancipazione, descritto da Losurdo, ci porta fino al novecento, che egli indaga dialetticamente, utilizzando la teoria del conflitto. Ciò comporta anche un bilancio critico rispetto al cosiddetto socialismo reale, la cui storia ci insegna come sia stata dolorosa la scoperta dell’oggettività dell’essere sociale, bilancio che dovrebbe portare, a parere di Losurdo, a un ripensamento dell’idea stessa di comunismo.
Tale giudizio critico non comporta però, da parte di Losurdo, una fuga dalla storia, anzi egli rivendica – a differenza dei luoghi comuni dell’ideologia dominante avallati anche dalla a-sinistra, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino – l’importanza del grande processo di emancipazione scaturito dalla Rivoluzione d’Ottobre. In fondo lo stesso Marx sviluppa la sua teoria a partire dalla storia, in particolare da un bilancio critico della Rivoluzione francese. Secondo Marx, infatti, compiuta l’emancipazione della borghesia, diviene necessario portare a termine l’emancipazione dell’intero genere umano. Volersi sbarazzare di questo complesso e contraddittorio processo storico, pretendendo di cancellare la storia che abbiamo alle spalle, attraverso la parola d’ordine del ritorno a Marx – che sovente risuona negli odierni “marxisti” – è per Losurdo decisamente antimarxiano. Nell’analisi di questi temi, occorre far riferimento in particolar modo a opere quali: Utopia e stato d’eccezione (1996), Marx e il bilancio storico del novecento (2009), Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia (2012).
Non potremo analizzare, come pur meriterebbe, l’opera: La comunità, la morte, l’occidente. Heidegger e l’«ideologia della guerra» (1991) e il monumentale Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico (2002), che riteniamo essere, insieme a Controstoria del liberalismo, i più significativi lavori di Losurdo. La trattazione di questi due influenti pensatori, in un’ottica completamente diversa rispetto alla storiografia oggi dominante, approfondendo in particolar modo il loro aspetto “politico” troppo spesso trascurato, fa di queste due opere un contributo particolarmente importante, se non indispensabile, per la ricezione critica dell’opera di Friedrich Nietzsche e Martin Heidegger. La mancata trattazione analitica di questi due testi nel presente lavoro, quindi, non è dovuta alla loro minore importanza rispetto ad altre opere di Losurdo che saranno affrontate, ma alla necessità di dover trattare alcuni temi piuttosto che altri, maggiormente funzionali al taglio complessivo di questa ricerca.