Segue dai primi due episodi di Snowpiercer pubblicati sul precedente numero di questo giornale.
Una grande odissea, terzo episodio della seconda serie Snowpiercer, segue da Recensioni di classe 12, voto: 8; l’episodio si conferma all’altezza di questa eccellente serie. In particolare emerge la contraddizione fra i settori più radicali e disposti al sacrificio del fronte rivoluzionario e i tecnici-intellettuali con i quali è necessario stabilire un'alleanza, sebbene siano residui della vecchia classe dominante. Ciò significherà mantenerli in alcuni vitali posti direttivi, consentirgli di conservare parte dei loro privilegi e scendere a patti con le loro posizioni necessariamente più moderate e portate al compromesso con gli intellettuali del fronte nemico. Il problema è che una volta sacrificata l’avanguardia al necessario compromesso con i tecnici-intellettuali, mancherà la spinta propulsiva rivoluzionaria ed emergeranno sempre di più opportunisti e potenziali quinte colonne del nemico all’interno del proprio campo.
Un solo scambio, quarto episodio al quanto interlocutorio, costruito quasi esclusivamente sul rapporto fra il padrone, che vorrebbe ristabilire il suo potere autarchico sul treno, e la sua ex, in realtà una escort di lusso. Come di consueto il padrone vorrebbe semplicemente rientrare nel pieno possesso della sua “proprietà”, tanto che intenderebbe costringe la sua ex-amante al suicidio, dietro suo ordine, come aveva fatto con un altro suo sottoposto. Per il resto permane una tesissima coesistenza pacifica fra i due campi, in attesa che lo schieramento imperialista rompa la tregua e cerchi di reimporre il proprio dominio autocratico sull’intero treno, sfruttando le contraddizioni di classe presenti all’interno del campo post-rivoluzionario.
Tenere viva la speranza, quinto episodio che recupera anche quanto era andato perduto nei momenti precedenti, ossia la necessità di una speranza palingenetica necessaria a tenere insieme gli oppressi nella seconda fase del processo rivoluzionario, quella più complessa in cui occorre mantenere il potere da poco conquistato, nella lotta con l’imperialismo sul piano universale. D’altra parte emerge l’altra faccia, altrettanto necessaria, ma impronunciabile del terrore indispensabile a eliminare quella quinta colonna interna, mediante cui il giovane processo rivoluzionario può essere facilmente rovesciato. Si tratterebbe di eliminare innanzitutto il nemico interno, fascisti e malavita organizzata, e non sembrano esservi alternative. Si tratta allo stesso modo di infiltrare il fronte nemico, in modo di aprire le contraddizione anche dall’altra parte del fronte. C’è bisogno dei più decisi rivoluzionari che siano pronti a sacrificarsi per poter conoscere i piani del nemico. Infine è necessario saper sfruttare al servizio della rivoluzione anche personaggi infidi, ma necessari, come il sottoproletario o l’intellettuale tradizionale ultra conservatore.
Lontano dallo Snowpiercer, sesto episodio della serie, incentrato interamente su un detour sullo scienziato che tenta da solo l’impresa di individuare una possibile ripresa del pianeta terra dopo la catastrofe. Naturalmente, in tal modo, resta escluso l’aspetto fondamentale della lotta di classe che qui si riduce alla lotta fra il padrone e il suo ingegnere che, in modo alquanto inverosimile, prende il potere in nome del bene dell’umanità e contro le attitudini autocratiche del capitalista. Ciò non impedirà che, sotto il domino dei tecnici, non si imponga egualmente un regime classista e autoritario, tanto più che per mantenere la direzione i tecnici affermeranno di agire sempre alle dipendenze del “legittimo” padrone.
La nostra risposta a ogni problema, settimo episodio che ci riporta in medias res. L’apparente terrore si rivela ben presto essere frutto di una sorta di strategia della tensione, che vede a capo non a caso il prete e residui della prima classe, per scatenare i ceti medi contro i proletari e chiedere un governo autoritario, ovvero la restaurazione neoliberista dell’autocrazia del grande capitale. I proletari si ritrovano privi di una vera guida, anche perché avevano seguito un ex poliziotto, e non sembrano in grado di reagire. La situazione si fa estremamente difficile, anche se le forze rivoluzionarie cominciano ad avere infiltrati in posizioni significative nel campo nemico e sono, comunque, riusciti a scoprire la rete che ha ideato e praticato la strategia della tensione. A questo punto tutto dipenderà dalla capacità dei due blocchi sociali opposti e inconciliabili di conquistarsi l’egemonia sui ceti intermedi.
L’eterno architetto, ottavo episodio all’altezza dei migliori, torna a essere un’ottima metafora della lotta di classe. Le forze rivoluzionarie, non volendo e forse non potendo instaurare una reale dittatura di classe, lasciano scoperto il fianco al contrattacco delle forze della reazione, che sabotano con la violenza il tentativo di costruire un mondo che mira a superare il classismo. Al contempo si afferma egemonicamente la controrivoluzione, in quanto chi fa per primo la rivoluzione, deve subire i costanti attacchi delle forze contro-rivoluzionarie e, quindi, nell’immediato le cose sembrano andare peggio, soprattutto per chi ha perso i propri piccoli privilegi di classe e vuole tornare a essere alleato, in funzione subordinata, della grande borghesia. In tutto ciò gioca un ruolo importante il fatto che il proletariato non appare in grado di autogestire il nuovo mondo e riemerge la superiorità nelle competenze tecnico-scientifiche della vecchia classe dirigente.
Lo spettacolo deve continuare, nono episodio in cui emerge nel modo più realistico il terribile terrore bianco della controrivoluzione. Domina di nuovo il servilismo, il classismo, l’autarchia e il rapporto servo-padrone. Il sistema, sempre più irrazionale e arbitrario, deve impedire che si affermi il principio speranza e lo spirito dell’utopia e, a questo scopo, sfrutta nel modo migliore il disastro climatico, da esso stesso prodotto, sabotando ogni tentativo di porvi rimedio. Un assetto sociale così regressivo può mantenersi in piedi solo grazia a uno stato di eccezione che è reso permanente.
Nelle terre ghiacciate, decimo episodio e ultimo episodio, come quasi sempre alquanto deludente. Le forze rivoluzionarie riassumono la capacità di reagire, quando scoprono che il principio speranza in un mondo migliore è ancora vivo. Nasce così la volontà di riscatto e la determinazione a utilizzare qualsiasi mezzo, anche la violenza, perché il sistema dominante prosegue eliminando tutti coloro che non sono funzionali al proprio mantenimento. Purtroppo la ripresa delle forze rivoluzionarie è piuttosto debole, inefficace e inverosimile, in quanto scompare l’aspetto centrale, ovvero il ruolo determinante nei momenti topici dei movimenti di massa. Predomina l’impostazione statunitense che tende a individualizzare il conflitto per cui anche lo sfondo di classe passa del tutto in secondo piano. Tutto ciò non lascia ben sperare per una eventuale terza serie.
Music di Sia, drammatico e musical, Usa 2021, voto 6,5; discreto film che unisce, come raramente avviene, il musical a una trama drammatica. Protagonisti sono una bambina autistica che perde improvvisamente la nonna, unico suo sostegno. Una sorella alcolizzata, tossicodipendente e spacciatrice che finisce per prendersene cura, innamorandosi di un afroamericano malato di Aids, abbandonato dalla moglie, che ha spostato il fratello. Abbiamo infine un ragazzo obeso e presumibilmente anche lui diversamente abile, maltrattato dal padre adottivo. Nonostante tutto ciò il film riesce a essere un inno alla gioia di vivere e all’amore, imparando a prendere con filosofia le avversità della vita. Certo il buonismo finisce per trasformare il dramma in commedia, i problemi economico-sociali restano troppo sullo sfondo e, fondamentalmente, non si va al di là delle contraddizioni all’interno dell’eticità primitiva e naturale della famiglia.
Ted Lasso, voto 6-, serie comica nominata ai Golden Globe; nel primo episodio emerge la trama: protagonista è uno statunitense che si trova catapultato in un contesto europeo che non conosce e dove è assunto, paradossalmente, per far perdere la squadra che dovrebbe allenare. Appare la difficoltà di tradurre e ricontestualizzare le serie comiche che rappresentano spesso un’autocritica di una società determinata ed è difficile, soprattutto quando si muovono in un contesto di stringente attualità, a essere pienamente comprensibili e soprattutto a provocare divertimento a chi è estraneo al contesto. Tanto più se, come sempre più spesso avviene, i traduttori non sono pagati, si utilizzano le traduzioni dei computer, o i traduttori sono pagati troppo poco per poter ricontestualizzare la commedia nel contesto in cui è fruita. Peraltro alcuni aspetti di una società che ride di se stessa, in quanto ci si riconosce e ci si autocritica, fuori da quel contesto, rischiano di apparire grotteschi, superficiali o insensati.
Il secondo episodio, Biscotti, conferma l’aspetto migliore di questa commedia, ovvero la grande umanità del protagonista e la sua capacità di cercare di risolvere gli enormi problemi che si trova ad affrontare, reagendo sempre senza perdere la calma e la gioia di vivere.
Il terzo episodio, Trent Crimm: The Independent, conferma i punti di forza e debolezza della serie. Da una parte la traduzione, che non riesce a tenere il ritmo delle battute e a farne intendere in pieno il significato, dall’altra l’esemplare umanità e altruismo del protagonista, sempre pronto a capire gli altri e a incassare nel modo migliore anche i colpi più bassi che subisce.
Con il quarto episodio, Per i bambini, la serie rischia di divenire alquanto ripetitiva e un po’ stucchevole con il suo buonismo troppo poco realistico e troppi personaggi stereotipati. La commedia poi non affronta reali contraddizioni e mantiene la sua struttura essenzialmente conservatrice. Anche la critica sociale non va mai realmente a fondo. Segue in Recensioni di classe 14.
Charlatan, di Agnieszka Holland, drammatico, Repubblica Ceca 2020, voto 3-; film assolutamente insostenibile, tipico prodotto dei paesi che hanno rinnegato il socialismo, non a caso candidato fra i migliori film europei e presentato al festival di Berlino, capitale dell’imperialismo europeo. Nonostante le statistiche che mostrano come l’aspettativa media di vita sia drasticamente aumentata con la transizione al socialismo, per poi precipitare con la rapida restaurazione del capitalismo, si continuano a produrre film esemplari dal punto di vista del rovescismo storico. Protagonista di Charlatan è un esperto di erbe mediche che cura le malattie di chi non si sente soddisfatto delle medicina moderna. Al solito, si recuperano le vecchie e tradizionali armi ideologiche che già Edmund Burke aveva messo appunto contro la Rivoluzione francese che, in nome di un astratto razionalismo, romperebbe con le antiche tradizioni storiche. Film al solito di pura propaganda, del tutto unilaterale, privo di dialettica e di problematicità. Del resto, visto quanto funziona male il modo di produzione capitalistico e la crisi sempre più ampia che travolge i paesi in cui si è affermata la controrivoluzione, non si possono che produrre beceri film a tesi, residuati da tempo scaduti della guerra fredda, per pretendere di “dimostrare” che ogni cosa sarebbe preferibile al tentativo di costruire una società socialista.