La strada dei Samouni di Stefano Savona, Palestina, Striscia di Gaza, dic. 2008 – genn. 2009, DocuFilm Italia e Francia 2018, voto: 6,5; importante documentazione degli spaventosi crimini contro l’umanità portati a termine dalle truppe sioniste ai danni di povere e pacifiche famiglie di contadini palestinesi. Questi ultimi essendo apolitici, molto religiosi, avendo lavorato per anni in Israele e avendo mantenuto pacifici rapporti anche con i coloni, non immaginavano che l’esercito occupante li avrebbe massacrati come monito per tutti i palestinesi. Molto efficaci le ricostruzioni dei tragici eventi, oltre che con testimonianze dirette, con efficaci inserti di animazione molto suggestivi e con la prospettiva di aerei e droni sionisti. Peccato che il film risulta gravemente deturpato dall’ideologia postmoderna che porta il regista a uno sguardo puramente naturalistico che resta necessariamente alla superficie dei fenomeni affrontati e pretende di narrare la storia dal punto di vista del cameriere. Tutto ciò rende insostenibile tutta la prima parte del documentario, con il risultato di allontanare anche i pochi spettatori che avrebbero potuto avere accesso a questa, pur importante, documentazione. Particolarmente negativo è anche il punto di vista, altrettanto ideologico, delle vittime, che vengono spesso, in modo decisamente reazionario, contrapposte alle forze della resistenza.
Better Days di Derek Tsang, drammatico, Hong Kong – Cina 2019, voto: 6; film indubbiamente magistralmente confezionato. Contiene una dura e sacrosanta critica della assoluta disumanità, del cieco egoismo, dell’arrivismo, del darwinismo sociale dominante nelle società liberali. Peccato che – esattamente come nel caso di 1984, opera della spia anticomunista al servizio dell’imperialismo George Orwell – invece di ambientare tale netta critica nel tempio del liberismo internazionale, ossia nella sua Hong Kong, il regista lo ambienti nella Repubblica popolare cinese che, al momento, costituisce la più credibile alternativa al pensiero unico neoliberista dominante. Non a caso il film è esaltato in tutti i paesi imperialisti, che vorrebbero far credere che gli aspetti negativi del liberismo si manifesterebbero proprio in un paese guidato dal Partito comunista e non nei paesi imperialisti guidati dai neoliberisti. Una completa mistificazione ideologica della realtà resa quanto mai pericolosa dall’abilità del regista di riprodurre nel modo più realistico le aberrazioni del neoliberismo, per poi pretendere di mettere anch’esse sul conto del comunismo. Anche ciò in conformità alla logica distorta e mistificante del rovescismo storico che pretende di mettere sul conto del comunismo i crimini del nazifascismo, quali reazioni “fisiologiche” al primo.
Il commissario Ricciardi, I episodio: Il senso del dolore, di Alessandro D’alatri, serie tv italiana tratta da romanzi di Maurizio de Giovanni, 2021; voto: 6; la serie, ambientata nell’epoca del fascismo, descrive bene il clima conformistico e totalitario del tempo. D’altra parte il protagonista si concentra nel portare avanti il suo lavoro, pretendo di poter astrarre dal contesto storico in cui vive. Così da una parte rimprovera il medico che si espone troppo nella critica al fascismo, ma d’altra parte non dimostra in nessun modo la sua adesione al regime. Significativo il fatto che, individuato l’assassino, il commissario non lo fa arrestare comprendendo lo sfondo sociale e morale che in un certo senso giustifica l’omicidio, peraltro di un sodale di Mussolini. Per il resto, sono piuttosto fastidiosi sia l’attitudine sostanzialmente omofoba del brigadiere, nei confronti del suo informatore, sia l’amore platonico del commissario per una donna che fa di tutto per mostrarsi tutta casa e chiesa, mentre il protagonista resta del tutto freddo dinanzi al fascino di una donna decisamente più emancipata e meno bigotta.
Il commissario Ricciardi, II episodio: La condanna del sangue, di Alessandro D’Alatri, serie tv italiana tratta da romanzi di Maurizio de Giovanni, 2021; voto: 6; la formula alla Montalbano non convince più di tanto, in quanto non permette di approfondire le problematiche affrontate e rischia di rendere noiosi gli episodi. Gli aspetti positivi della serie sono la denuncia del servilismo e del classismo dominanti sotto il regime fascista, che pretenderebbero di sbattere subito il mostro in prima pagina, senza disturbare le classi dominanti, anche se implicate. Il commissario, al contrario, è interessato a scoprire la verità e a fare giustizia. Perciò non scade nel legalitarismo, ma tende a cercare di comprendere anche lo sfondo economico dei reati. D’altra parte il limitare i motivi dei delitti a ragioni di “pane o di cuore” tende a eliminare a priori i reati più significativi da un punto di vista sociale, ovvero le violazioni delle leggi da parte dei colletti bianchi, la corruzione, l’utilizzo dei beni pubblici a scopi privati, la violenza contro le donne, i crimini della malavita organizzata e le malefatte compiute dai fascisti. Peraltro il commissario assume una posizione sostanzialmente super partes, al punto di arrivare a mettere in guardia l’amico medico di non esprimere apertamente le proprie critiche al regime fascista, per non costringerlo a inviarlo al confino. Inoltre decisamente pessima è la storia della donna che, per mantenere il proprio onore – rimasta vedova da giovane – vorrebbe sfregiarsi e finisce per farsi sfregiare dal figlio minorenne, pur di sfuggire a uno stalker. In questo caso le forze dell’ordine, per quanto legate da un rapporto affettivo con la giovane donna, non sentono il bisogno di redarguire in nessun modo il reale colpevole di questo scempio.
Il commissario Ricciardi, III episodio: Il posto di ognuno, di Alessandro D’Alatri, serie tv italiana tratta da romanzi di Maurizio de Giovanni, 2021; voto: 6; al solito luci e ombre: da una parte emerge chiaramente il clima da Stato totalitario imposto dal fascismo, la sua cieca violenza vigliacca, il suo essere forte con i deboli e debole con i forti. Emergono gli sfondi economico-sociali dei delitti e il fatto che, proprio per questo, la vera giustizia non consiste nell’applicare la legge formalmente uguale per tutti, viste le profonde differenze sociali. Dall’altra parte abbiamo l’eroe nobile, che anche se appare disinteressato alle proprie terre e al proprio titolo, fa il poliziotto per passione, dal momento che non lo fa per carriera o per necessità. Non si capisce perché un idealista, che avrebbe avuto i mezzi per fare quello che desiderava, debba svolgere il ruolo di tutore dell’ordine costituito, peraltro in pieno regime fascista. Emerge, inoltre, una concezione del tutto fascista e assolutamente inverosimile della donna, tanto è mostrata sottoposta all’uomo. Nell’episodio arriviamo all’assurdo di una moglie che sarebbe a tal punto innamorata del marito, che godrebbe del suo rapporto con la donna con cui la tradisce e che arriverebbe a uccidere quest’ultima solo quando tradisce platealmente il marito. Resta, infine, il modello della donna brava in cucina e che passa le serate a lavorare all’uncinetto, mentre la donna affascinante ed emancipata non viene presa neanche in considerazione come compagna della vita.
Il commissario Ricciardi, IV episodio: Il giorno dei morti, di Alessandro D’Alatri, serie tv italiana tratta da romanzi di Maurizio de Giovanni, 2021; voto: 6; prosegue, in modo sempre più contraddittorio, la serie. Il quarto episodio ha, più degli altri, un significativo risvolto sociale, trattando dei bambini abbandonati a Napoli, che vivono nella strada di espedienti. Significativo quando emerge come la tragica morte di uno di loro appaia come naturale al brigadiere, per quanto si tratti di una brava persona. Valida anche la denuncia del fascismo che cerca di nascondere la miseria e la delinquenza, pretendendo che sparisca per decreto. Resta la pessima rappresentazione della donna, per cui la donna affascinante e relativamente emancipata è vista come una tentatrice, mentre la donna da sposare resta la massaia tutta casa e chiesa. Anche nella raffigurazione della chiesa la serie è ambigua, abbiamo così da una parte un buon parroco, da un’altra un parroco che più realisticamente sfrutta la miseria dei bambini per arricchire la chiesa e fare carriera. L’aspetto maggiormente negativo, che emerge in modo evidentissimo in questo episodio, è che il commissario non scopre mai l’assassino utilizzando la ragione, ma attraverso delle visioni mistiche, in cui è l’assassinato stesso che, come in un oracolo, gli rivela la verità.
Il commissario Ricciardi, V episodio: Vipera, di Alessandro D’Alatri, serie tv italiana tratta da romanzi di Maurizio de Giovani, 2021; voto: 4; decisamente, fra le cose più intollerabili della serie è la visione della donna ridotta a essere o angelo del focolare, in puro stile fascista, da sposare, o femme fatale, vipera, ammaliatrice, bella e, perciò, essenzialmente poco di buono. Tanto che una donna bella rischierebbe quasi certamente di fare una brutta fine, mentre alla fine non potrà che essere premiata la donna che fa corsi di cucina locale, presso la governante dell’uomo che ama, per poter cucinare secondo la tradizione del suo borgo natio. Resta, e di questi tempi non è poco, una connotazione decisamente negativa del fascismo e del servilismo degli opportunisti verso il regime. D’altra parte, l’unica forma di resistenza possibile sembra essere quella individualista e piccolo-borghese del medico, che non può fare a meno di esprimere ad alta voce la sua avversità verso il regime, tanto da essere costantemente tacciato dal commissario di avventurismo. Commissario che abbandona la vocazione filosofica, per divenire poliziotto da quando comincia ad avere le visioni soprannaturali che lo portano a individuare l’assassino. Del resto, il commissario altro non fa contro il fascismo se non intercedere presso l’amante, amica della famiglia Mussolini, perché interceda per la liberazione del suo amico dottore, senza naturalmente preoccuparsi degli altri poveri disgraziati che, privi di raccomandazione, sono deportati.
Il commissario Ricciardi, VI episodio: In fondo al tuo cuore, di Alessandro D’Alatri, serie tv italiana tratta da romanzi di Maurizio de Giovanni, 2021; voto: 4; sempre più in caduta libera, ormai incentrata esclusivamente a fidelizzare il pubblico in funzione della nuova serie già programmata, veniamo a sapere che l’eroe senza macchia e senza paura è in realtà un rentiers, un latifondista assenteista molto ricco grazie allo sfruttamento di diversi mezzadri. Nell’ultimo episodio il giallo passa sempre più in secondo piano, diviene sempre più inverosimile e l’attenzione si accentra sulle storie d’amore del commissario e del suo brigadiere dove, ancora una volta De Giovanni, dà il peggio di sé. Anche in questo caso, come in Mina Settembre l’interesse tende a catalizzarsi su quale delle due donne, follemente innamorate di lui, cadrà la scelta del protagonista, questione davvero di scarsissimo interesse. Per essere una delle produzioni di punta della televisione pubblica italiana ci si rende conto di come stiamo sempre più all’anno zero.